Gli aerei dei bimbi profughi di Luigi Grassia

Gli aerei dei bimbi profughi Gli aerei dei bimbi profughi Svizzera preoccupata: «Mettono i piccoli su un jet e li mandano qui» GINEVRA. Chiedono «asilo politico» ma vengono dirottati al Kindergarten. Piccoli, a volte piccolissimi (ce ne sono di cinque anni d'età) arrivano in aereo in Svizzera senza mamma né papà al seguito. E non hanno nemmeno parenti ad attenderli. Scendono dai grandi aerei sui quali sono stati imbarcati dai genitori in un Paese del Terzo Mondo o dell'Europa dell'Est. Qualche passo nell'aeroscalo di Ginevra, e poi non sanno più che fare. Dopo un po' qualcuno li nota, mentre si guardano in giro smarriti, capisce, li prende per mano e li accompagna al centro di accoglienza predisposto per loro. E ogni volta che succede la Svizzera registra un nuovo mini-profugo. E' un fenomeno inatteso che ha assunto dimensioni preoccupanti (benché le autorità non vogliano dare cifre). La Svizzera, con la sua immagine di Paese pacifico e ricco, è l'Eldorado verso il quale molti genitori dai Paesi poveri mandano i figli in cerca di un futuro migliore. E l'aeroporto di Ginevra, città sede di molte istituzioni internazionali, è diventato lo scalo di elezione per questi piccoli rifugiati. Tanto che i dirigenti del- l'aerostazione sono stati costretti ad allestire un apposito centro di raccolta e assistenza. Che fine fanno poi i bambini? Si cerca innanzitutto di stabilirne la provenienza per cercare di rimandarli a casa; ma di solito non si viene a capo di nulla. Vengono allora sistemati in istituti o presso famiglie svizzere in attesa di decidere del loro futuro: alla fine, quasi sempre, viene concesso l'asilo. I piccoli giungono soprattutto dal Kosovo, dallo Sri Lanka e dalla Somalia. A volte c'è il trucco: i minorenni vengono mandati avanti per preparare il terreno, e dopo pochi mesi arriva un tale che afferma di essere il padre o lo zio, e se il bambino ha ottenuto nel frattempo l'asilo anche l'adulto riesce a riceverlo in quanto parente. Come bilanciare la solidarietà con la necessità di porre un filtro agli ingressi è diventata una questione scottante in tutto l'Occidente. La convenzione di Schengen ha stabilito per l'asilo criteri comuni nell'Unione europea; la Svizzera non vi aderisce ma l'Italia dovrebbe adeguarsi da ottobre. Luigi Grassia