Una tangentopoli casa di Arafat

C'è chi caricava sui conti del dicastero anche le spese personali e di casa Richieste le dimissioni dell'intero esecutivo: processati tre ministri per corruzione À Una tangentopoli casa di Àrafat La commissione d'inchiesta lancia accuse al governo «Sono stati trafugati centinaia di milioni di dollari» GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Era un vento continuo questo mormorio sulla disonestà, la corruzione, lo sfacciato approfittarsi del nuovo potere degli uomini di Arafat nell'Autonomia palestinese. Se ne parlava nei caffè di Ramallah non lontano dalla sede del Parlamento palestinese, un edificio bianco col colonnato e le scale sempre invase da folle di guardie del corpo e di protegées di deputati palestinesi; se ne sghignazzava a Hebron, dove l'ira ancora ribollente delle masse spesso si rivolgeva contro quei posapiano, quei gran corrotti che arrivano sulle macchine scure e lucrano sui quattrini delle donazioni internazionali. E ora non è più un vento: è un colpo di cannone ma non una calunnia come nell'aria de «Il barbiere di Siviglia». E' il serissimo risultato del lavoro di una commissione d'inchiesta palestinese che ha presentato al Parlamento una lista di nomi e di malefatte in confronto a cui Mani pulite è uno scherzetto. Si tratta di centinaia di milioni di dollari e la Commissione richiede ad Arafat di destituire l'intero governo palestinese o di fare almeno un accurato repulisti; inoltre chiede alla magistratura di aprire tre procedimenti giudiziari contro tre ministri. Cinque notabili prescelti dal Parlamento (e quindi, da Arafat) hanno lavorato per sei settimane e hanno scoperto che gran parte dei fondi del bilancio annuale di 800 milioni di dollari e dei fondi delle donazioni estere, pari a un miliardo e mezzo di dollari, sono stati amministrati in modo disonesto. Anzi, in gran parte portati a casa. Già da tempo gli americani e anche molti altri Paesi donatori hanno chiesto ad Arafat di istituire un sistema di controllo, ma non erano riusciti ad ottenere niente. Adesso escono fuori comportamenti di cui si osava parlare soltanto sottovoce, specie perché alcuni degli accusati sono fra gli uomini più importanti del regime. Per esempio è letale per la credibilità del gruppo dirigente palestinese che Nabil Shaat, ministro della Pianificazione (cioè di tutte le opere pubbliche che sono oggetto di grandi trattative sul tavolo della pace), capo della delegazione dei negoziati con gli israeliani, abbia avuto, secondo la Commissione, a sua disposizione una «scatola nera» ovvero un fondo segreto per attingervi le sue spese personali; risulta anche che scaricasse sui conti del suo dicastero le bollette personali del telefono e dell'elettricità. Nabil Shaat è un personaggio oltremodo autorevole nella gerarchia di Arafat; appena poco meno lo è anche Yasser Abed Rabbo, che avrebbe stornato 7500 dollari dalla cassa del suo ministero, quello dell'Informazione, per pagarsi il riscaldamento. C'è poi tutto un capitolo a parte sulle automobili, una delle storie più scure della lunga catena delle ruberie palestinesi, visto che il furto da Israele con esportazione nell'Autonomia ha già fatto molti titoli sui giornali anche a proposito per esempio di numerose macchine della polizia palestinese, tutte rubate. Qui nel rapporto si dice che il rninistro dei Trasporti AH Qawamesh ha accettato bustarelle per dare il permesso di circolazione a vetture prive dei requisiti di legge. Invece, il ministro degli Affari civili Tarifi ha indebitamente esentato dalle tasse doganali più di 4300 automobili, inclusa una Jaguar destinata a suo padre. Poi c'è una storia che ricorda l'Italia: funzionari del ministero della Sanità, e forse persino il ministro, hanno deliberatamente acquistato medicine scadute, lucrandoci sopra. Shaat, Tarifi e Qawamesh, raccomanda il rapporto, vanno processati; e comunque, tutto quanto 0 governo è in posizione critica per non aver dato seguito a precedenti denunce sugli scandali. Il punto di partenza della Commissione è stato infatti l'accusa di un Controllore dei Conti secondo il quale i corrotti si erano mangiati 326 milioni di dollari l'anno. Ma uno dei saggi, Azmi Shuabi, dice che la cifra forse è esagerata, e che comunque solo la magistratura può verificarlo. Shuabi dice tuttavia che tutti quanti i 18 dicasteri del governo palestinese sono sotto raccomandazione, e vengono menzionati nel rapporto. Quale sarà il risultato politico dell'inchiesta? Bisogna vedere se Arafat, che anche nel recente passato è stato oggetto di accuse personali (si parlò poco tempo fa di un suo poderoso conto in una ban- ca di Tel Aviv, e fin dai tempi di Tunisi si dice che il rais controlla personalmente gran parte dei fondi di Fatah), impugnerà il rapporto per farne un'arma di rimpasto governativo, oppure se si porrà a difesa di alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Certamente, l'estremismo islamico, Hamas, non può che essere soddisfatto di tutto il discredito che cade sulla leadership del regime che sempre ha ritenuto molle, corrotta, inadatta a guidare la riscossa palestinese. Per ora Marwan Kanafani, il portavoce di Arafat, ha definito «una buona cosa» il rapporto della Commissione e ha detto che comunque essa fornisce una «base forte» per un rimpasto a cui peral¬ tro Arafat stava già pensando. C'è già chi dice, fra gli uomini vicini al rais, che se il vecchio capo non avesse voluto, il rapporto non avrebbe mai visto la luce, e quindi può darsi che come al solito, con la sua furbizia, Arafat userà la situazione per uscirne rafforzato. Ma nel mondo palestinese, a differenza che in tanti Stati arabi, esiste, per contagio col mondo israeliano e occidentale, una parte della leadership che si è nutrita di ideali di democrazia e che di quando in quando fa sentire la sua voce. Le prossime mosse diranno se si prepara un ribaltone o un insabbiamento. Fiamma Nirenstein C'è chi caricava sui conti del dicastero anche le spese personali e di casa Il portavoce del leader ha definito il rapporto «una buona cosa» li presidente palestinese Yasser Arafat Il suo governo è sotto accusa per corruzione

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Italia, Siviglia, Tel Aviv, Tunisi