«Riina non voleva Andreotti al Quirinale»

Brusca parla dei rapporti mafia-politica, la difesa lo attacca: «Quanti omicidi ha commesso?» «Cento» Brusca parla dei rapporti mafia-politica, la difesa lo attacca: «Quanti omicidi ha commesso?» «Cento» «Riina non voleva Andreotti al Quirinale» «Ma dell'incontro non so nulla» ROMA. La difesa di Giulio Andreotti prende la parola a metà pomeriggio. «Signor Brusca, lei ha mai incontrato il senatore Andreotti?». «No». L'avvocato Sbacchi snocciola altri nomi: «E Salvo Lima? Mattarella? D'Acquisto?». «No, no, no...». Con tono scettico, il legale chiede: «Allora lei sa solo quello che dicono gli altri?». Da dietro il paravento, nell'aula-bunker di Rebibbia, Giovanni Brusca non perde il controllo: «Quello che mi dicevano gli altri e i risultati che ottenevano. Mica dovevo incontrare per forza le persone, parlavano i fatti». I fatti, per Brusca, sono la lunga serie di processi Finiti sempre bene per i mafiosi, fino al 1992, quando arrivò la condanna definitiva al maxi-processo e Riina scatenò l'offensiva terroristica per togliere di mezzo nemici ed examici, ma anche per sbarrare la strada di Andreotti verso il Quirinale. La difesa del senatore a vita tenta di attaccare la credibilità di questo sedicente pentito che i magistrati considerano ancora un «dichiarante», anche se «in evoluzione». Ci provano ricostruendo la sua storia di assassino, feroce e senza scrupoli. «Signor Brusca, quanti omicidi ha commesso?», chiede l'avvocato. Brusca: «Non lo so. Cinquanta, 60,100 ... Non mi sono mai occupato di contarli». Sbacchi chiede lumi sulle tecniche omicide e il «dichiarante», senza scomporsi, spiega: «Sparando, strangolando, con le bombe...». Il legale passa all'uccisione di Giuseppe Di Mat- teo, il figlio del pentito Santino strangolato e sciolto nell'acido su ordine di Brusca dopo due anni di segregazione. Stavolta un po' di imbarazzo traspare dalla voce sempre calma del «boia di Capaci»: «Quando diedi l'ordine di strangolare il bambino, ero stato appena condannato all'ergastolo per le dichiarazioni di Di Matteo sull'omicidio Salvo. Ad istigarmi fu Giuseppe Monticciolo, e io dissi "Basta, uccidiamolo e non ci pensiamo più". Dopo quattro o cinque ore ho avuto un ripensamento, ma ormai era trop- po tardi». L'avvocato insiste su come era stato trattato il bambino, ma il processo contro il sette volte presidente del Consiglio accusato di mafia si gioca su altri fatti. Per esempio sul presunto incontro tra Andreotti e Riina, di cui ha parlato anche il fratello più giovane di Giovanni Brusca, Enzo. Giovanni ne sapeva qualcosa? La domanda era già arrivata dai pubblici ministeri, e l'aspirante pentito aveva risposto: «No, io di quell'incontro non so niente». Come mai, visto che un suo fratello lo sapeva? Bru¬ sca spiega che i tre figli del boss Bernardo non usavano riferirsi i «fatti di Cosa nostra» se non c'era la necessità; il tramite per i contatti era sempre il padre. «Io su questa vicenda ho fatto anche un confronto con Enzo - dice Giovanni - e mi sono stupito vedendo che conosceva fatti che io non sapevo». Secondo la versione di Balduccio Di Maggio, che dice di aver visto il senatore baciare il capo di Cosa nostra nella casa di Ignazio Salvo, all'incontro era presente anche Paolo Rabito, «uomo d'ono¬ re della famiglia di Salemi». Parlarono del presunto bacio, Brusca e Rabito? «Una volta glielo chiesi, "Che cos'è 'sta storia?", e Rabito mi rispose: "Ne so quanto ne sai tu". Io provai ad insistere, ma lui disse: "Non ne so più di tanto". Allora ho smesso di fare domande, per non metterlo in difficoltà». La difesa tenta di capire qualcosa di più sull'odio tra Di Maggio e Brusca, vuol sapere se il «dichiarante» ha ancora rancore verso il pentito, e lui risponde che i fatti processuali sono stati superati, «quelli personali sono affari miei». Ma Brusca crede a Di Maggio? «A me consta che, tranne che su piccole cose, ha detto la verità». E su Andreotti? «Sarebbero solo mie ipotesi, e non posso farne». Sollecitato dall'accusa, invece, Brusca ricorda che Gaeteano Sangiorgi, il genero dei Salvo che avrebbe ricevuto da Andreotti un vassoio d'argento come regalo di nozze (sarebbe la prova della conoscenza con gli esattori di Salemi, sempre negata dal senatore), gli disse che in vista di una possibile perquisizione aveva fatto sparire quel vassoio: «Aggiunse che comunque non si sarebbe potuto risalire ad Andreotti, perché del regalo si occupò un avvocato o notaio». Brusca parla anche del sistema degli appalti, dei soldi che Cosa nostra intascava dividendoseli con tutti i partiti, pei compreso, delle pressioni sugli uomini politici locali, dei rapporti tra i «limiani» e Riina, «che su richiesta dei Salvo impose a Cassina di interrompere i finanziamenti al giornale "L'Ora"». Oggi si prosegue con il contro-interrogatorio condotto dall'avvocato Coppi. [gio. bia.] «Non è facile dover ascoltare questi assassini che parlano con tanta disinvoltura» A sinistra, il senatore Giulio Andreotti. Sopra, Brusca attorniato dagli agenti

Luoghi citati: Capaci, Roma, Salemi