An-ebrei, una luce in fondo al tunnel

il caso. Politica filo-israeliana o abiura dei crimini fascisti? Due strategie mettono in gioco l'identità di Alleanza nazionale il caso. Politica filo-israeliana o abiura dei crimini fascisti? Due strategie mettono in gioco l'identità di Alleanza nazionale An-ebrei, una luce in fondo al tunnel Per risanare le piaghe, svolta nel cuore del partito A~~ ROMA due anni dalla «svolta di Fiuggi», Alleanza nazionale non è ancora riusci ta a venire a capo della sua «questione ebraica». I ripetuti tentativi di aprirsi un varco verso gli ebrei italiani e lo Stato di Israele non hanno ancora portato a quel dialogo aperto ed ufficiale che tanto preme a Gianfranco Fini. Fu infatti proprio Fini a spingere a Fiuggi verso l'aperta condanna dell'antisemitismo e dell'antisionismo ed ora è sempre Fini che preme in via della Scrofa per coronare quello sforzo. Ma i risultati finora ottenuti sono deludenti. Il mondo ebraico ancora guarda Fini e An con grande diffidenza. Fra gli uomini di An impegnati sulla «questione ebraica» si è così aperto un confronto interno che si intensifica proprio in vista della «Fiuggi 2», prevista per questo autunno: è un confronto che non vede impegnati i volti più noti del partito - da Maurizio Gasparri e Teodoro Buontempo ma che chiama in causa l'identità stessa di An. A confrontarsi sono due strategie di dialogo con il mondo ebraico. Strategie che a volte si sovrappongono pur mantenendo delle caratteristiche ben distinte. La prima punta sulla diplomazia, ovvero a rompere il ghiaccio prima con Israele, per superare di riflesso le diffidenze presenti fra gli ebrei italiani. La seconda vuole invece ottenere anzitutto una riconciliazione storica e morale con gli ebrei itaMani, pensando che sia questa la strada migliore per portare Fini a Gerusalemme. La soluzione «diplomatica» alla «questione ebraica» di An viene apertamente sostenuta da Marco Zacchera, responsabile della politica estera in via della Scrofa, a capo di una ristretta task force che negli ultimi due anni ha compiuto quattro viaggi in Israele ed una visita ad Auschwitz. Elemento cardine di questa strategia sono i buoni rapporti con l'ambasciata di Israele a Roma (garantiti dai buoni uffici e dalla discrezione di Mauro Bevilacqua, imprenditore ed amico personale di Fini) e il canale aperto con il Likud da quando l'italo-israelo-libico Rafael Luzon partecipò al convegno di Fiuggi. La strategia dei «diplomatici» mira a far incontrare Fini con il premier israeliano Benjamin Netanyahu ma questo tentativo è fallito almeno due volte negli ultimi dodici mesi. E non a caso Zacchera ora afferma: «Noi continuiamo nella nostra apertura politica a Israele ma ora dovranno essere loro a chiamarci». La soluzione «storica» alla questione ebraica in An ha invece due promotori: Enzo Palmesano, autore delle tesi di Fiuggi sul rapporto con gli ebrei, e Franco Perlasca, figlio dello scomparso Giorgio, noto come lo «Schindler italiano» per aver salvato dalla deportazione numerosi ebrei ungheresi durante l'ultima guerra. Anche loro sono stati più volte in Israele (dove è stato dedicato anche un bosco alla memoria di Giorgio Perlasca) ma, a differenza dei «diplomatici», sono riusciti anche a farsi ricevere - con Franco Perlasca - dal rabbino capo di Roma Elio Toaff. Ora Palmesano e Per¬ lasca vorrebbero dar vita all'interno di An ad un ufficio o a un centro studi per i rapporti con le Comunità ebraiche italiane per «non commettere l'errore di far rientrare gli ebrei nella politica estera». Fino a questo momento Fini ha privilegiato la linea «diplomatica» rispetto a quella «storica» ma, in vista di «Fiuggi 2» il problema torna a porsi. Lo spunto sta nel fatto che mentre Palmesano e Perlasca mirano a una nuova svolta (cioè a un nuovo testo) che «approfondisca i perché sulle piaghe aperte», Zacchera ritiene invece che «bisogna prima finire a applicare quanto già deciso». Ovvero prima riuscire a far breccia verso Israele «con la politica dei picco¬ li passi che dimostra la nostra affidabilità politica e morale». La differenza è più profonda di quanto appare e ben descrive quanto sia complesso il confronto interno nel partito di Fini. Zacchera ritiene che i contatti stabiliti con alcuni singoli ebrei italiani (in Toscana, a Vercelli, Milano e Roma), il dialogo con il Likud ed i buoni rapporti con l'ambasciata «porteranno senza dubbio ad una svolta». Palmesano replica che «fino a quando le zone più oscure del recente passato non saranno limpide gli ebrei nel loro complesso non ci daranno fiducia». Zacchera ritiene che «la politica filo-israeliana di An, già fortemente presente nel msi» sia il migliore biglietto da visita. Palmesano obietta che «fino a quando An non affronterà il tema del ruolo del fascismo e dei fascisti italiani nell'Olocausto degli ebrei» non si andrà da nessuna parte. In fondo al tunnel dunque c'è un interrogativo: An deve o no condannare i crimini fascisti contro gli ebrei (leggi razziali, delazioni, denunce, arresti, elenchi consegnati ai tedeschi, eccetera) e quindi la stessa Repubblica filo-nazista di Salò che considerava gli ebrei in quanto tali «appartenenti a una nazione nemica»? E qui le opinioni tornano a dividersi, più profondamente, perché l'interrogativo punta al cuore dell'identità del partito di Fini. Per Zacchera infatti «An è un soggetto politico nuovo dopo la svolta di Fiuggi, che ha la sua carta di identità nelle cose che dice e che fa» e dunque «non è l'erede né del fascismo né di Salò». Ovvero: «La rottura col passato del msi è talmente forte che non servono abiure per cose che non abbiamo mai fatto né in alcuna maniera giustificato. Non a caso quei pochi antisemiti che c'erano nel msi, quando c'è stata la scissione, non sono venuti con noi». Ma Palmesano non è d'accordo: «Se l'obiettivo è il dialogo con gli ebrei, la destra italiana deve dire chiaramente che le leggi razziali e quanto ne seguì fu la rottura del patto risorgimentale fra gli ebrei e l'Italia unita. Fu nel 1938 che la destra tradì gli ebrei, bisogna sanare quella ferita. E An è una forza liberale e moderna di destra che può e deve farlo. Anche al costo di affrontare la questione-Salò, ovvero il fatto che era anche antisemita quell'idea che guidò molti giovani repubbUchini poi diventati missini». E' presto per dire se a «Fiuggi 2» saranno i «diplomatici» o gli «storici» ad averla vinta o se Fini riuscirà a trovare una terza via d'uscita. Vero è comunque che la «questione ebraica» in An per ora resta aperta. Maurizio Molinari Fini vuole coronare lo sforzo di Fiuggi: l'aperta condanna dell 'antisionismo In autunno confronto tra soluzione «storica» e «diplomatica»; se non vince una terza via ii rabbino Elio Toaff. A sinistra, l'interno della sinagoga di Roma. Sopra, Gianfranco Fini