«Gonfiati i debiti Cirio» di Roberto Ippolito

Cragnotti: sono 825 miliardi e non 2400, qualcuno gioca contro Cragnotti: sono 825 miliardi e non 2400, qualcuno gioca contro «Gonfiati i debiti Cirio» Sì all'incorporazione di Polenghi-De Rica ROMA. In fondo al cuore c'è un piccolo cruccio. «Mi aspetterei maggiore comprensione», confessa Sergio Cragnotti, presidente e principale azionista della Cirio. Cragnotti vorrebbe più comprensione per il suo gruppo che, dice, «è nato da piccole aziende deteriorate come la Polenghi». E in pochi anni è diventato «leader e degno di considerazione», rivitalizzando marchi famosi: tre anni fa, quando fu privatizzata, la «Cirio era spenta». Cragnotti si rammarica che di tutto questo non si tenga conto. Seccato, giura che i debiti del gruppo (con tremila miliardi di fatturato previsti per il 1997) sono solo 825 miliardi e non 2400 come scritto «in maniera strumentale». Insomma, Cragnotti vorrebbe che si riconoscesse il lavoro compiuto. E si ammettesse la «discrepanza molto forte tra il valore dell'azienda e il valore della quotazione delle azioni». Contemporaneamente difende le strategie realizzate: «Comprando la Centrale del Latte di Roma, siamo diventati il primo produttore di latte in Italia con una quota di mercato che supera di poco quella della Parmalat». La Parmalat di Calisto Tanzi sarebbe ferma al 38% contro il 39 della Cirio. Cragnotti rivendipa il primato incontrando i giornalisti dopo l'assemblea con la quale la Cirio ha incorporato la Cirio Polenghi De Rica: un'operazione presentata come l'atto finale della trasformazione della Cragnotti & partners da banca d'affari in gruppo industriale e definita come una «semplificazione nella struttura organizzativa». Adesso l'incastro societario è questo: la Cragnotti & partners Irlanda detiene il 45% di Bombili Cirio (sede Lussemburgo) che controlla la brasiliana Bombril (attiva nei prodotti per l'igiene della casa) a cui fa capo la Sagrit che ha in mano la Cirio (latte e conserve, con marchi come Berna, Polenghi, Ala, Torre in Pietra, Solac, Optimus). La Bombril Cirio rappresenta quindi il cuore di un gruppo con radici all'estero dove realizza un terzo del fatturato. Fatturato che, secondo un ambizioso piano di sviluppo, è destinato a dilatarsi: dal 1997 al '98 è prevista una crescita da 3 mila a 5 mila miliardi. Ma «non ci saranno altre acquisizioni in Italia» che «però non viene abbandonata» e «dove speriamo di non avere problemi con l'antitrust». La crescita è «orientata al Terzo Mondo dove sono importanti i problemi alimentari». Si punta ad alleanze in Brasile, Cina, India, Egitto più Stati Uniti. Cragnotti non teme che uno sviluppo così accelerato porti alla crescita dell'indebitamento: «La crescita non è esagerata, abbiamo una grossa credibilità, l'aumento di capitale Bombril è stato sottoscritto in ventiquattr'ore». A dare conforto a Cragnotti ora c'è la figlia Elisabetta. Trentenne, da ieri è nel consiglio di amministrazione Cirio (allargato a tredici membri). Ma non è nuova a incarichi nel gruppo: è amministratore delegato della Lazio, la squadra di calcio in mano alla Cirio. Per la Lazio, Cragnotti mira alla quotazione in borsa en¬ tro l'anno. Razionalizzata l'attività, potrebbero cambiare i soci della Cragnotti & partners che erano interessati all'abbandonata vocazione di banca d'affari: il Banco di Napoli potrebbe uscire di scena. Gli altri soci sono Crédit Suisse, Crédit Lyonnaise, Banca di Roma, Centrofìnanziaria, Sirti. Ma c'è un altro divorzio più delicato che si profila: la Sci (di cui la Montedison detiene il 33%) potrebbe chiedere di avvalersi del diritto di recesso per uscire dalla Cirio (di cui detiene il 6,75%). La Sci è l'ultimo legame di Cragnotti con la Montedison nella quale è cresciuto ai tempi di Raul Gardini e dell'Enimont. Roberto Ippolito