«Crocefiggete come monito le inglesi assassine» di Fabio Galvano

Sono accusate di aver ucciso una collega australiana, le due donne si proclamano innocenti ARABIA SAUDITA Sono accusate di aver ucciso una collega australiana, le due donne si proclamano innocenti «Crocefiggete come monito le inglesi assassine» Richiesta choc al processo per un delitto nell'ospedale di Dhahran LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Che siano decapitate e poi crocifisse, come «monito». Rischiano la più tremenda delle pene - ma anche la più umiliante fra quelle previste dalla sharia, la legge islamica - le due infermiere britanniche accusate in Arabia Saudita di avere ucciso una collega australiana. La richiesta è stata fatta dagli avvocati dell'accusa ai tre giudici della corte suprema di Al Khobar; e improvvisamente la vicenda processuale, che procedeva stancamente da mesi, s'infiamma. La prossima udienza, il 10 agosto, potrebbe essere decisiva. Il delitto risale al dicembre scorso, quando Yvonne Gilford, infermiera australiana di 55 anni, fu trovata morta nella sua cameretta nel complesso multare King Fahd di Dhahran. Era stata pugnalata 13 volte, malmenata, infine soffocata. I sospetti caddero quasi subito su altre due infermiere che lavoravano nello stesso ospedale: Debbie Parry, 38 anni, inglese di Alton, nello Hampshire; e Lucilie McLauchlan, 31 anni, scozzese di Dundee. Una storia di rapporti lesbici e di gelosie, è stato sostenuto dall'accusa durante il processo, nell'ambito della piccola colonia occidentale che popola - attratta dai generosi salari - quello e altri ospedali del regno saudita. Le due negano: sostengono, anzi, che la confessione fatta in prigione, durante gli interrogatori, era stata ottenuta sotto la minaccia di violenze anche sessuali. Si è sempre saputo che, se ri- conosciute colpevoli, le due infermiere avrebbero rischiato la pena capitale. Le leggi saudite danno alla famiglia della vittima la scelta fra la condanna a morte e il pagamento di un forte indennizzo. E Frank Gilford, un camionista di Jamestown nell'Australia del Sud, di fronte a quell'alternativa non aveva avuto dubbi: «Per l'uccisione di mia sorella - aveva detto - quelle due devono morire». La richiesta della crocifissione, in aggiunta alla decapitazione sulla pubblica piazza, è una novità, un di più. Non si sa bene se provenga dal fratello della vittima o se sia, come appare più probabile, un'iniziativa dei suoi avvocati. Quello che si sa è che gli avvocati della difesa stanno cercando di dimostrare che il camionista australiano non ha in realtà alcun diritto di decidere il destino deue due infermiere. «Non spetta a lui quella scelta - essi dicono -. Semmai tocca alla madre della Gilford». Ma Muriel Gilford, 84 anni, soffre del morbo di Alzheimer. Non capisce più niente, poveretta: non sa neppure che sua figlia è morta e anzi non ricorda neppure di avere avuto una figlia. Suo figlio Frank, il camionista che crede nella legge del taglione, non avrebbe secondo gli avvocati una regolare procura né potrebbe averla. Non potrebbe parlare, insomma, in nome della famiglia. La condanna a morte, essi sperano, potrebbe svanire. E' la carta più concreta a cui gli avvocati delle due infermiere si aggrappano. Anche perché i tre giudici non sono parsi molto colpiti dall'ultima rivelazione della difesa: che nella cameretta della vittima era stato trovato, a terra, un braccialetto rotto. «Quello della vera assassina», essi hanno dichiarato. L'Inghilterra segue con grande attenzione e commozione, a fasi alterne, la vicenda delle due prigioniere, rinchiuse da otto mesi nel carcere centrale di Dammam, in condizioni che i loro parenti definiscono «disumane». C'è sdegno per l'accusa, alimentato dall'abituale sospetto inglese per la giustizia degli altri Paesi. E c'è il sospetto - alimentato da una loro ex compagna di cella, recentemente rilasciata dopo avere scontato una pena per contrabbando di droga - che siano maltrattate. «Sono terrorizzate dalla prospettiva della condanna a morte - dice il cognato di Debbie Parry, che è in questi giorni in Arabia Saudita e soffrono per le condizioni igieniche del carcere: sovente sono malate». Ma ora c'è anche lo spettro della crocifissione: la punizione estrema, comminata soltanto nei casi in cui il tribunale decida che il caso sia stato particolarmente atroce. Fabio Galvano

Persone citate: Debbie Parry, Dundee, Frank Gilford, Gilford, King Fahd, Muriel Gilford, Yvonne Gilford

Luoghi citati: Arabia Saudita, Australia, Inghilterra, Londra