«Sì per noi è un problema Rifacciamoci con l'export»

W7/8S 19/7/85 15/7/86 15/7/87 14/7/88 14/7/89 }6/7{^. ^J91 U/7/94 17/3/95 14/7/95 W?/% 14/7/97 22/7/97 28/7/97 «Sì, per noi è un problema Rifacciamoci con l'export» ILMiftilSTH® ROMA I L dollaro galoppa sfrenato m a cavallo di quota 1800. Un livello che non toccava addirittura da 12 anni. E scatta l'allarme, in Italia come in tutt'Europa, davanti a questo «ciclone» monetario, apparentemente irrefrenabile. Perché il super-dollaro mette a rischio la nostra bilancia commerciale, a causa del caro-petrolio e delle altre materie prime che paghiamo in valuta Usa, facendo aumentare i rischi di inflazione. E perché questa inarrestabile volata fa traballare anche il fragile meccanismo dei tassi d'interesse in Europa sui quali si sta faticosamente costruendo la moneta unica. Allora, ministro Fantozzi, dal suo osservatorio del Commercio estero come valuta per la nostra economia l'escalation del dollaro? «Sicuramente il super-dollaro ci danneggia. Ma questo danno può essere limitato», risponde Fantozzi, mantenendo la testa fredda anche mentre i mercati valutari, dall'America all'Europa, fino agli ex «dragoni» del Sud-Est asiatico, sembrano andare sulle montagne russe. Insomma, il dollaro sfonda quota 1800, la benzina è in rialzo, rincarano tutte le materie prime che servono all'industria, i turisti italiani che hanno scelto di passare le vacanze all'estero devono versare "conguagli" alle agenzie per il caro-cambio. E in questa situazione come pensa si possano limitare i danni? «Faccio una semplice considerazione, ricordando che soltanto il 30 per cento delle nostre importazioni sono pagate in dollari. E quindi sono colpite oggi da questa tempesta valutaria». Certo, ma in questa percentuale è compreso appunto il petrolio, come tutte le materie prime. E' vero che l'Unione petrolifera invita a non drammatizzare ritenendo che la fattura petrolifera, viste le basse quotazioni del greggio e la contrazione della domanda, potrebbe non appesantirsi di molto. Ma non pensa che tutto si risolva, comunque, in un danno per la nostra economia, in un appesantimento dei costi per le im- prese proprio quando sembrava profilarsi una lenta ripresa? «Lo sfondamento ci pone dei riflessi negativi, certo. Ma non fasciamoci la testa. E consideriamo che ai danni che ci derivano dall'acquisto di materie prime non corrispondono altre penalizzazioni, ad esempio sui prodotti semifiniti che comperiamo all'estero. Perché in questo settore sono i nostri fornitori, pur di conservare la clientela italiana, ad assorbire e a pagare i riflessi del carodollaro». Quindi, per lei il rischio resta limitato? «Dipenderà, naturalmente, dalla durata di questa corsa sfrenata, oltreché dall'entità del rafforzamento del dollaro. Ma questi fattori, purtroppo, ci passano sopra la testa, non dipendono da noi. E invece mi preme sottolineare che, a fronte di questi parziali riflessi negativi, il caro-dollaro ci avvantaggia sul versante delle nostre esportazioni». Insomma, adesso siamo più competitivi sul mercato americano. «Sì, ma non solo. Noi siamo in competizione con il dollaro in tutto il mondo, non soltanto in America, ma anche in Europa, in Oriente. Questo significa che i nostri prodotti diventano più convenienti, meno cari di quelli espressi in dollari. E siccome le nostre esportazioni non sono solo eurocentriche ma, mi passi l'espressione, «mondocentriche», ecco che i danni sull'import possono essere controbilanciati dai benefici per le esportazioni». Questo significa, allora, che in definitiva il rialzo del dollaro può non farci tanto male? «Questo significa, semplicemente, che abbiamo la possibilità di recuperare sull'export lo svantaggio provocato dal super-dollaro sull'import. Questo vuol dire stare in movimento su un mercato globale. La cosa più importante è non rimanere fermi, passivi, ma sfruttare tutte le opportunità per le nostre imprese». Una conseguenza del super-dollaro potrebbe essere una stretta della Bundesbank sui tassi, capace di avere riflessi negativi anche per l'Italia sulla moneta unica. «Non possiamo certo pronosticare come decideranno di agire in Germania. Per parte nostra, abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare per entrare in Europa. E lo faremo anche in futuro. Ma come noi dovranno farlo anche gli altri Paesi». Paolo Pati-uno l ministro del Commercio estero Augusto Fantozzi

Persone citate: Augusto Fantozzi, Fantozzi, Paolo Pati-uno