Liberazione-manifesto un «tandem» anti-crisi

Mentre l'Unità ha da ieri un nuovo cda Mentre l'Unità ha da ieri un nuovo cda Liberazione-manifesto un «tandem» anti-crisi Bertinotti sta pensando di «staccarsi» dal suo giornale per aiutare quello storico ROMA. Il quotidiano di Botteghe Oscure, che dovrà forse ridimensionare la propria redazione, cambia consiglio di amministrazione e management: all'Unità arriva l'attuale amministratore delegato della Bollati-Boringhieri, Italo Prario, l'uomo che gestiva il Messaggero ai tempi dei Ferruzzi. Al quotidiano della Quercia, la cui società editrice sarà presieduta da Francesco Riccio, il tesoriere del pds, arriveranno dal partito finanziamenti per 11 miliardi. In crisi finanziaria il Manifesto, e così anche Liberazione, il quotidiano comunista, organo ufficiale di Rifondazione. Ma se il destino dell'Unità è un fatto di gestione umana e amministrazione delle risorse, quasi un aggiornamento della vita di un quotidiano che fu fondato da Antonio Gramsci, e deve sopravvivere in tempi di libero mercato e globalizzazione dell'informazione, diversi sono i casi dei due piccoli quotidiani della sinistra estrema. Il Manifesto, che pure come vendite tiene, è in crisi finanziaria per eccesso di manodopera. Liberazione sembra invece un caso a sé: il direttore, anzi «la direttora», Manuela Palermi, si è dimessa una settimana fa, senza comunicarlo personalmente alla redazione, la quale si è trovata, quello stesso giorno, un suo editoriale sulla politica di Massimo D'Alema in prima pagina. Nominata 6 mesi fa, legata da amicizia personale a Fausto Bertinotti, che l'aveva insediata sulla poltrona che fu di Lucio Manisco e Rina Gagliardi quasi da un giorno all'altro, Palermi ha lasciato il giornale nelle mani del vicedirettore Carlo Benedetti. Lei aveva lanciato un restyling grafico e un aumento di pagine. Lui si ritrova a dover ridurre la fonazione di 8 pagine, e una redazione che teme l'ovvio: col taglio delle pagine, arriveranno anche i tagli dei posti di lavoro. In più, l'editore ha annunciato di «voler ridurre le collaborazioni»: già, ma due terzi della redazione sono appunto semplici collaboratori. «0 meglio» dicono in redazione «lavorano a tempo pieno, ma in nero». Per giunta, grazie alla formula editoriale, la cooperativa, Liberazione gode del 50% di finanziamenti statali. E allora? Allora, come sempre in questi casi, non si possono che fare illazioni. E a Montecitorio si parla di un progetto, a sua volta già ventilato tempo fa: ci sarebbe polemica tra Cossutta e Bertinotti sul ruolo del quotidiano. Cossutta preferirebbe farne l'organo ufficiale del partito, ma appiattito sulla linea politica quasi quanto un bollettino. E Bertinotti, vista la crisi del Manifesto, punterebbe a dare una mano agli amici e compagni di via Tomacelli. Così, Rifondazione avrebbe un quotidiano ufficiale, e uno «fiancheggiatore». E le crisi di entrambi sarebbero risolte. [ant.ram.]

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