Il pentito del Ku Klux Klan di Franco Pantarelli

Vendeva gadget razzisti, è andato a vivere in una comunità nera Vendeva gadget razzisti, è andato a vivere in una comunità nera li pentito del Ku Klux Klan Per amore, ora tutti gli negano il lavoro NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Era il primo marzo dell'anno scorso e a Laurens, una cittadina di 9 mila abitanti del South Carolina, nasceva un nuovo «business»: un negozio chiamato «Redneck Shop» in cui i razzisti del profondo Sud (appunto i «redneck», come vengono chiamati) avrebbero potuto trovare tutto ciò di cui avevano bisogno per celebrare i loro convincimenti: T-shirts con insulti rivolti ai «negri», bandiere della Confederazione, cappucci bianchi del Ku Klùx'Klah, vecchie foto di gente linciata durante i tempi d'oro. Il proprietario si chiamava Michael Burden, un giovane scapolo e intraprendente che nel Ku Klux Klan aveva il grado di «gran dragone». , Ora è il luglio dell'anno dopo e Michael Burden è un disoccupato, con una moglie e due figli da mantenere e con un affitto che riesce a pagare solo grazie alle collette dei suoi nuovi amici, cioè i membri della comunità nera di Laurens. Che è successo in questi sedici mesi? Come ha potuto cambiare così radicalmente la vita di Michael Burden? Questa, ladies and gentlemen, è una storia d'amore e il suo titolo potrebbe essere «galeotto fu il furgone e chi lo guidava», anche se il nome del guidatore è l'unico destinato a restare sconosciuto. Ecco la successione dei fatti. In quei giorni di marzo ci sono proteste, naturalmente, contro il «Redneck Shop». David Kennedy, il pastore della «New Beginning Baptist Church», la chiesa nera di Laurens, guida una marcia di 500 persone, bianche e nere, per chiedere la chiusura del negozio. I giornali della zona, e anche quelli nazionali, parlano dell'iniziativa con tono scandalizzato ma Michael Burden non si preoccupa. Anzi è contento perché sta ottenendo proprio la pubblicità di cui aveva bisogno. E infatti i «redneck» cominciano ad affluire da tutto il Paese per comprare i suoi prodotti. Ma anche i protestatari affluiscono. Uno di loro arriva a Laurens - non si sa da dove - con un furgone, va davanti al negozio di Burden, si piazza dall'altro lato della strada e poi parte al massimo della velocità. Colpite, le vetrine vanno in frantumi e la merce viene seriamente danneggiata. Il furgone scompare e Burden rimane lì a contemplare i danni subiti. I suoi amici lo aiutano a dare una ripulita, ma fra loro c'è anche una signora di nome Judy Haberson, che con il KKK non ha niente a che fare. Anzi è una di quelle strane persone che pensano che la gente non vada valutata dal colore della pelle. Lei, divorziata, due figli, si sente attratta da Burden. Abbreviamo. I due si sposano e come regalo di nozze per la moglie Burden chiude il «Redneck Shop». Non l'avesse mai fatto. Il gran capo del Ku Klux Klan della zona, che si chiama John Howard e possiede l'appartamento in cui abita Burden, si arrabbia e lo sfratta. Lui, la sposa e quelli che sono diventati i suoi figli vanno ad abitare in un autobus. Ma trovare un altro lavoro non è facile. Ora vivono nella «zona nera» di Laurens, sono riusciti ad avere un tetto sopra la testa e la «protezione» degli altri abitanti. Ma il lavoro, Michael Burden, ancora non ce l'ha. Ogni volta che ne trova uno, dopo un po' lo cacciano. Se sono razzisti, perché è un traditore. Se sono antirazzisti, perché di lui non si fidano. Franco Pantarelli Una cerimonia del Ku «lux Klan in cui i partecipanti indossano i classici cappucci bianchi

Luoghi citati: New York, South Carolina