In Germania nasce il partito anti-Euro di Aldo Rizzo

In Germania nasce ilpartito anti-Euro F OSSERVATORIO =1 In Germania nasce ilpartito anti-Euro HE accade in Germania? E' nato il partito anti Euro? Ma come, in Germania? Non doveva essere la Repubblica Federale Tedesca il più solido pilastro della costruzione europea, il punto di riferimento incrollabile degli europeisti degli altri Paesi? E ora la Rft minaccia, invece, di diventare un fattore d'instabilità e di equivoci? Anzitutto i fatti, i più recenti. Il primo ministro della Sassonia, Kurt Biedenkopf, ha lanciato un appello ai suoi colleghi dei Laender perché il Bundesrat (la Camera che rappresenta i governi regionali) accerti la precaria o insufficiente rispondenza delle principali economie europee, compresa quella tedesca, ai parametri di Maastricht, e in conseguenza usi il suo potere di veto per rimandare di cinque anni la partenza della moneta unica. L'appello è generico, ma ha due destinatari specifici: il leader bavarese Edmund Stoiber e quello della Bassa Sassonia Gerhard Schroeder. Si badi: Biedenkopf è democristiano, del partito di Helmut Kohl, Stoiber è della Csu, il gemello bavarese della Cdu, e Schroeder è socialdemocratico, anzi uno dei massimi leader della socialdemocrazia e, come tale, fortissimo candidato anti Kohl nelle elezioni dell'anno prossimo. Insomma un bel partito trasversale, il cui slogan sembrerebbe, nonostante precisazioni e rettifiche, «fermate l'Euro». Le precisazioni consistono in questo: nessuno di questi signori è contro l'Unione monetaria europea, ma tutti la vogliono forte e stabile, e siccome a loro avviso tale prospettiva non c'è, meglio un rinvio, addirittura di cinque anni. Bisogna dire che non si tratta di una proposta inedita, nella sostanza, nel senso che da anni si discute in Germania se invece di «versare» il mitico marco in un Euro debole non sia preferibile ritardare l'intera operazione. Detto in altro modo: il rigore dei parametri non si tocca, meglio il rinvio. La stessa Bundesbank ha spesso strizzato l'occhio a questa teoria. Che è, sul piano pratico, inconsistente, perché tutti sanno che, circa l'interpretazione dei parametri, c'è una qualche elasticità nel Trattato di Maastricht, mentre, per rinvia¬ re la data, occorre riaprire il Trattato stesso, innescando un processo dagli esiti incontrollabili e prevedibilmente fatali per l'Euro. E allora si capisce che, al di là degli aspetti economici e monetari (sui quali, peraltro, può essere solo tattica la convergenza tra democristiani e socialisti, discorso a parte per la Bundesbank), ciò che unisce il partito «trasversale» è l'attacco a Kohl, la sfida a Kohl, per la «leadership» politica della Germania del Duemila. Ebbene, Kohl, riconosciamolo, non è più quello di un tempo. Non è limpido e trasparente come fino a un paio di anni fa. Lo sappiamo anche noi italiani. E tuttavia, nonostante le difficoltà interne, la stanchezza del lungo potere, resta il più affidabile interlocutore politico, tedesco e non solo tedesco, degli europei che vogliono fare l'Europa, nel solo modo che è rimasto, quello dell'unione monetaria. Ha ambiguità legate alla lotta politica interna, ma non alla visione strategica, che resta quella di una Germania «europea», senza la quale salta tutto, mentre lo stesso non può dirsi per i suoi critici e avversari, o per molti di loro. Perciò attenzione a non fare il gioco, magari involontariamente, e per quanto è in potere di noi italiani, del «partito» anti Kohl. Anche perché, nei limiti del prevedibile, Kohl ce la farà. Non so se a vincere per la quinta volta le elezioni, ma certamente, o assai probabilmente, a far partire il treno dell'Euro, con questo completando la sua presenza storica (e condizionando i comportamenti dei suoi successori). Noi italiani siamo già quasi sicuri di essere su quel treno, però resta un bel po' di strada da fare prima di occupare un vagone. Cerchiamo di farla con decisione, senza lasciarci distrarre dalle vicende interne tedesche. Che sono poi, nonostante tutto, più lineari delle nostre. Aldo Rizzo