NEL PARADISO DIVISO IN TRIBÙ' IL PETROLIO RIACCENDE LE FAIDE di Domenico Quirico

NEL PARADISO DIVISO IN TRIBÙ' IL PETROLIO RIACCENDE LE FAIDE NEL PARADISO DIVISO IN TRIBÙ' IL PETROLIO RIACCENDE LE FAIDE HANNO tentato in molti: imam a cui bastava un semplice movimento di ciglia per far mulinare la scimitarra del boia; inglesi abituati, con il semplice frustino, a tener l'ordine lungo la rotta dell'India; Nasser e il suo fascinoso sorriso da Errol Flynn; proconsoli brezneviani che impugnavano Capitale e kalashnikov. Niente da fare. Nessuno è riuscito a guarire i figli dell'Arabia un tempo felix dai cromosomi del tribalismo, dal gusto della faida, dalla seconda natura del farsi giustizia da soli. Nell'86 i russi erano convinti di controllare Aden. Un mattino si svegliarono e furono travolti da una guerra (tribale) tra Compagni che trasformò la «Jumhuriyat al Yaman ad-Dimuqratiyah ash-Shabiyah» (Repubblica democratica popolare dello Yemen del Sud) in una replica del Libano con diecimila morti. Era successo che due delle nove confraternite tribali del Paese avevano litigato e questi eterni guelfi e glunellini della Penisola arabica non avevano certo trovato la soluzione compulsando i classici marxisti. Lo Yemen («la destra» in arabo, cioè il Sud quando a La Mecca si guarda verso il sole nascente), ha pagato caro il dono di Allah, essere cioè una zona fertile in un Penisola di sabbie morte e costituire il punto di passaggio tra l'Etiopia e la Persia, tra il mondo mediterraneo e l'Oceano Indiano. Un posto febbrile e perfido, affascinante. Il prezzo è stata una storia tumultuosa di divisioni tribali. Eppure le terre che si affacciano sul Mar Rosso vantano una lunga tradizione di potere centrale legato, a partire dall'anno mille, all'iman, espressione dello zaydismo, branca moderata dell'«eresia» sciita. Sospettosi e bellicosi, arroccati sulle montagne, presidiate da minacciose case fortezza che sembrano il castello dell'Innominato, hanno resistito per secoli a tentazioni e invasioni. Gli ultimi imam di questo ispido medioevo sono stati il negli anni Trenta-Quaranta il terribile Yaya e suo figlio Abmed, crudeli fino al caso clinico; ebbero in regalo da Mussolini una diavoleria dell'Occidente, un aero¬ plano, per ringraziarli dei loro umori antinglesi e delle reclute che irrobustivano le nostre truppe coloniali. Poi lo Yemen è stato avviluppato dal grande scontro tra Est e Ovest, il Nord filoccidentale e feudale, il Sud filosovietico e marxista. Una lunga guerra, interrotta da tregue sempre provwisorie, a cui mise la parola fine, naturalmente, l'eutanasia dell'impero sovietico. Ridotti alla miseria, e senza nemmeno il conforto di una ideologia, i sudisti hanno chiesto al despota del Nord, Abdallah Saleh, l'elemosina dell'unificazione. Fu un pasticcio: i clan del presidente nordista colonizzarono rapidamente il Sud, utilizzando esercito, amministrazione, economia come un bene tribale. La penosa odissea è finita nel '94, naturalmente a cannonate e raffiche di Scud. Fino a quando le truppe nordiste non hanno occupato definitivamente Aden. Ma anche il trionfatore Saleh deve conti¬ nuare a fare i conti con i clan, bizzosi e avidi. C'è un nuovo bottino su cui mettere le mani, il petrolio. Dopo essere stato per anni un mito (Saleh ne era così ossessionato da tenere ima bottiglia piena di oro nero sulla scrivania) è diventato una realtà che potrebbe redimere dalla miseria un Paese ricco solo di orgoglio e glorie polverose. Ma come ogni dono di Dio anche questo si porta dietro, inevitabile, la maledizione. I giacimenti sono vicini al confine con l'Arabia Saudita che vede con poca simpatia questo nuovo concorrente sui mercati mondiali e ogni tanto manda truppe oltre i confini, mobili come la sabbia del deserto. Il petrolio è anche la passione dei clan che esigono di partecipare al taglio della grande torta. Così un giorno i capi, con il pugnale ricurvo alla cintola e il Kalashnikov negligentemente appoggiato alla parete, si riuniscono nel «mafraj», l'ultimo piano delle case-fortezza. Si consuma il rito del qat e poi si decide che il miglior modo per ammorbidire il governo di Saana è rapire un paio di turisti. Domenico Quirico

Persone citate: Abdallah Saleh, Arabia, Compagni, Errol Flynn, Mussolini, Nasser, Saleh, Yaman