Prigionieri dello sceicco

Prigionieri dello sceicco Rapiti durante una gita, ospitati in un palazzo, poi rilasciati con le scuse del governo Prigionieri dello sceicco Yemen, due italiani ostaggi per 36 ore ROMA. «Sono lo sceicco Abdul Aziz al-Buker, vogliate fare il favore di seguirmi». E' iniziato così il sequestro-lampo di due turisti italiani in Yemen: Luigi Archetti e Maria Paola Moriconi, romani. Era sabato mattina intorno alle dieciTLaloro auto aveva percorso circa 40 chilometri dalla capitale Sana'a. Al volante, un autista dell'agenzia yemenita Bazaka Travel. Seduta accanto a lui, la guida. Sul sedile posteriore, i due italiani. Erano diretti a Ta'izz, una delle antiche capitali del Paese. Appena usciti da Sana'a, avevano già superato il primo dei numerosi posti di blocco lungo la strada. Al secondo mancavano ancora diversi chilometri: con sorpresa, l'autista e la guida avevano visto un gruppo di yemeniti con kalashnikov e camionette porsi all'improvviso al centro della strada, costringendoli a fermarsi. Lo sceicco Abdul Aziz, aveva immediatamente chiarito ogni dubbio: si era presentato e, gentilmente, ma anche con fermezza, avevano sostituito l'autista e dato il via a una «corsa folle». La carovana aveva raggiunto il secondo posto di blocco e, di lì, aveva abbandonato la strada principale per proseguire verso il deserto. Dopo due ore erano giunti a Khowlan. Non vi fosse stata quella spiacevole presenza di kalashnikov tutt'intorno, i due turisti italiani avrebbero avuto diversi motivi per apprezzare il fuori-programma. Khowlan è un paese dove le case sono come gradini: se ne stanno una sull'altra, aggrappate alla stessa roccia. Lì lo sceicco ha una delle sue residenze, un palazzo che, da quel momento in poi, i due turisti potevano considerare come la loro prigione, né più né meno di quanto raccontano le antiche favole delle Mille e una notte. Dopo pranzo, prima del riposo pomeridiano, lo sceicco comunicava la notizia del sequestro all'agenzia di viaggi locale, corrispondente del tour operator che aveva organizzato il viaggio dei due turisti. A quel punto si metteva in moto la macchina dell'ambasciata per avvertire parenti, familiari e prendere i contatti del caso con il ministero degli Interni yemenita. «E' la prima volta che accade un episodio del genere a un italiano, ma vi sono state decine di sequestri negli ultimi due anni. La nazionalità degli ostaggi non è importante: ai rapitori interessa soltanto avere in mano un'arma di ricatto nei confronti del governo», racconta il numero due della rappresentanza italiana, Laura Siano. Iniziano allora trattative a cui partecipano come mediatori anche gli sceicchi locali e che, in genere, durano una, due settimane. Possono essere trattative estenuanti, ma si risolvono sempre con il rilascio degli ostaggi. Questa è la regola. Ma il caso degli italiani fin dall'inizio è apparso diverso. Lo sceicco Abdul Aziz non ha nulla del capo senza scrupoli, o del potente pronto a qualsiasi cosa. A Sana'a e nella regione di Khowlan viene descritto come una persona molto ricca, ma anche molto di¬ sponibile, e corretta: prima di sabato, non aveva mai sequestrato altri turisti occidentali. Nel tardo pomeriggio un dipendente dell'agenzia di viaggi veniva convocato al palazzo di Khowlan. All'uomo i due turisti, che stavano bevendo Coca Cola e acqua minerale con lo sceicco, hanno chiesto spazzolini e vestiti puliti, e di tranquillizzare i parenti. Tutti erano^ereni, dim^que, ma anche rassegnati a un'attesa di alcuni giorni. Ieri sera, in¬ vece, il governatore di al-Beidha, il capo degli sceicchi della regione di Khowlan, ha ricondotto i due turisti a Sana'a, prima al palazzo del Governatore, poi al ministero degli Interni, dove il viceministro al Hamri ha presentato loro le scuse ufficiali del Paese per quest'avventura. Solo più tardi si è appreso che per ottenere subito la liberazione il governo aveva impiegato 500 soldati, appoggiati da quattro carri armati e due elicotteri da combat¬ timento che avevano circondato la roccaforte di al Bokair. Rimane un mistero: perché lo sceicco Abdul Aziz abbia sequestrato i due turisti italiani. Pare che il governo gli dovesse da tempo un bel po' di denaro, senza mai decidersi a farlo. Lo sceicco avrebbe perso la pazienza e probabilmente da ieri sera la somma di denaro è nelle sue mani. Flavia Amabile LUIGI ARCHETTI E MARIA PAOLA MORICONI SONO STATI RAPITI PRESSO KHOLAN, A 50 CHILOMETRI DALLA CAPITALE SANA'A. ERANO DIRETTI A SUD, IN DIREZIONE DI TAIZZ. SONO STATI «OSPITI» DELLO SCEICCO ABDEL AZIZ AL-BUKAIR, NEL SUO PALAZZO A KHOLAN. ERANO ARRIVATI IN YEMEN DUE GIORNI FA, PER UN SOGGIORNO DI UNA SETTIMANA CON BASE NELLA CAPITALE. Restano i dubbi sui motivi che hanno portato all'azione Sembra che il sequestratore reclamasse dalle autorità la restituzione di denaro Sono stati assaliti da uomini armati di mitra Per liberarli impiegati 500 soldati con l'aiuto di carri armati ed elicotteri Sotto, Luigi Archetti, protagonista del «rapimento dolce» attuato da uno sceicco yemenita e l'altra rapita, Maria Paola Monconi Dopo alcune ore le trattative del governo . hanno permesso la loro liberazione Una veduta di Sana'a, capitale dello Yemen e base dell'escursione dei due turisti italiani La loro meta era Ta'izz una delle antiche capitali del Paese

Luoghi citati: Roma, Yemen