la Sapienza intrigo al femminile

RETROSCENA Dacia Maraini rilegge il delitto di Marta: «Ma la vittima sembra quasi dimenticata» la Sapienza, intrigo al femminile Una catena che porta ai due ragazzi in cella IROMA N carcere, con l'accusa di omicidio volontario, ci sono due uomini. Ma a ben guardare, il «giallo dell'università», è un intrigo dove protagoniste sono soprattutto le donne. A cominciare dalla vittima, Marta Russo, la studentessa uccisa in un vialetto della Sapienza. E poi Iolanda, l'amica che era accanto a Marta quando cadde colpita dal proiettile assassino. E poi i principali testimoni dell'accusa: l'assistente Maria Chiara Lipari, la bibliotecaria Gabriella Alletto, la studentessa che racconta di aver visto fuggire gli indiziati. E' donna un'altra indagata, la segretaria Maria Urilli, ed è sotto inchiesta, per falsa testimonianza e favoreggiamento l'ex fidanzata di uno dei presunti colpevoli, Marianna Marcucci. Una catena tutta al femminile che porta ai due ragazzi accusati del delitto, Giovanni Scattone e Salvatore Ferrara. «E' vero, è una storia con molte donne. E sulle testimoni oculari s'è subito scatenata una campagna di discredito assurda e inspiegabile: del resto la poca credibilità delle donne, che si fonda sulla loro pretesa inferiorità culturale, viene sostenuta da secoli», commenta la scrittrice Dacia Maraini. Che da attenta lettrice delle cronache sul delitto della Sapienza aggiunge: «A me sembrano molto più credibili quelle due donne che quei due uomini. Ma questa è anche una storia che mette a nudo, una volta di più, il carattere medievale delle nostre università, fatte di baroni, vassalli e valvassori». Tra i tanti e famosi libri scritti da Dacia Maraini ci sono pure due «gialli». Uno è Voci, del 1994, dove la vittima era una giovane donna, e l'altro è Isolina, del 1992, romanzo-verità basato su un fatto di cronaca del 1900, storia di una ragazza uccisa nella quale era coinvolto un militare che riuscì a godere della copertura dell'esercito e delle istituzioni. «In quella vicenda - racconta l'autrice - venne eretto un muro di protezione che impedì l'accertamento della verità. Anche nell'assassinio di Marta, in parte, mi pare sia andata così: nell'Istituto di filosofia del diritto è scattata un'istintiva difesa del proprio orticello che è diventata omertà. E una volta detta la prima bugia, è quasi impossibile tornare indietro». Ma andiamo con ordine, nella rilettura di questo thriller purtroppo reale, del quale ancora non si conosce la soluzione. Anche se Dacia Maraini si dice abbastanza convinta dalle tesi dell'accusa: «Non vedo alternative, non vedo perché le testimoni dovrebbero mentire; inoltre mi pare che gli alibi forniti dagli indiziati siano risultati falsi». H primo elemento su cui riflettere è il fatto che della vittima, Marta Russo, 22 anni, studentessa di Giurisprudenza, uccisa sen- za motivo mentre usciva da una lezione, non si parla quasi più: «Succede spesso che le vittime vengano dimenticate, perché nelle cronache prendono il sopravvento l'intrigo e il sensazionalismo, mentre i caratteri delle persone, le loro storie private, le loro psicologie vengono perse di vista». Ed eccoci ai luoghi del fatto, l'università più grande d'Italia e un istituto dove si insegna filosofia. «E' un elemento che colpisce dice la Maraini - perché questi sono luoghi dove si vive di idee e di parole, mentre stavolta è prevalsa l'azione, per di più violenta, brutale, gratuita». Ma dall'Istituto di filosofia del diritto l'analisi si allarga subito all'intero ambiente universitario. «Lo ripeto, un sistema medievale basato sulla gerarchia che incute timore e provoca sottomissione. Io conosco un assistente, o aggregato o come si chiamano oggi, che in una facoltà del Sud d'Italia, per dieci anni è dovuto andare ogni mattina a fare la spesa per il suo professore, per non perdere la sua benevolenza e la speranza di fare carriera». Un'accusa precisa, «anche se non voglio criminalizzare tutti, perché ci sono anche professori bravissimi e onesti», contro un sistema dove «i baroni si comportano come fossero divinità dell'Olimpo. E pensare che in America gli studenti, alla fine dell'anno, danno i voti ai docenti, i quali se non raggiungono un certo, livello vengono mandati via». E' da qui che nasce, secondo la scrittrice, il «muro di omertà» denunciato dagli investigatori. Un sistema che ha sopportato bene l'idea iniziale che nel delitto fossero coinvolti gli addetti alle pulizie, ma che «è insorto rendendo nebulosa e con- fusa la verità» quando l'indagine s'è concentrata su assistenti e professori. «Sono rimasta molto colpita dal fatto che la testimone Gabriella Alletto, per oltre un mese, abbia taciuto. E' chiaro che era vittima dell'intimidazione, di una gerarchia molto potente che provoca una paura che posso comprende- re benissimo». Così pensa la scrittrice, e ad ascoltarla torna alla mente uno dei tanti verbali della super-testimone (in realtà anche lei indagata) che ha dichiarato agli mquirenti: «Quando inizialmente non ho ritenuto di riferire quanto sapessi, io proteggevo me stessa e non gli autori del fatto... Avendo notato il clima di freddezza che si era instaurato nei confronti della Lipari, di rilievo superiore al mio all'interno dell'Istituto, ho avuto paura che potessi essere isolata e svilita». Dacia Maraini commenta: «Vede? Io le credo, perché mi sembra assolutamente verosimile. Per fortuna in questa donna è poi prevalso il coraggio. Ne ha avuto anche l'altra testimone, la Lipari, perché credo che pure lei, per quanto "di rilievo superiore", abbia subito pressioni. Non c'è niente da fare, l'impulso di protezione di una categoria diventata una sorta di consorteria e perfino isti tuzione, è molto forte. Non è faci le capire la psicologia di un sistema feudale, perché è complicata, basata su tanti favori, do ut des, protezioni reciproche». Un'altra donna, Marianna Marcucci, ex fidanzata di Ferra ro, è indagata per aver iniziai mente avallato l'alibi del giovane, ritenuto falso. Ma lei non lavora all'università: che cosa aveva da temere? «Se questi uomini aveva no l'arroganza di sfidare l'univer sita e le regole della convivenza, sparando in strada da una finestra, vuol dire che hanno una considerazione di sé e un ascendente che può certamente influire anche sulla fidanzata, la quale subisce e si adegua», risponde la scrittrice che subito dopo precisa: «Io naturalmente non ho certezze, conosco solo quel che leggo sui giornali e non ho approfondito personalmente. Ho solo delle intuizioni, delle idee che mi portano a ritenere credibile la ricostruzione dell'accusa e a dare certe spiegazioni ai comportamenti dei protagonisti». E qual è il protagonista più interessante, nell'ottica della scrittrice? «Senza dubbio i due presunti assassini. Colpisce il loro volto di bravi ragazzi, due persone che dedicano la vita allo studio e alle idee, ma che poi hanno questa sorta di deviazione, l'uso delle armi e la violenza. E' una contraddizione molto interessante e stimolante, dal punto di vista psicologico». Due persone che, dalle celle del vecchio carcere romano in cui sono rinchiusi, continuano a negare tutto. «Sì, anche l'evidenza, ma non è detto che sia una cattiva linea di difesa, anzi. Perché insistendo sulla negativa, sulla totale estraneità, cercano di far prevalere l'aspetto dei bravi ragazzi». Uno, Scattone, è di Roma, l'altro, Ferrara, è calabrese, profondo Sud della Penisola. «Ma le origini non c'entrano, queste vicende e questi comportamenti potrebbero tranquillamente verificarsi a Milano. L'arroganza e la violenza sono ormai un dato culturale di tutta la nostra società». Dicono gli scettici, gli «innocentisti», che nella ricostruzione dell'accusa manca il movente; il che rende poco credibile la teoria di mquirenti e investigatori. Dacia Marami non la pensa così: «Ci sono moventi che apparentemente non sembrano tali. Come la gratuità, il gioco, e io credo che sia andata proprio così. Non mi convince tanto l'ipotesi del "delitto perfetto", quanto quella della sfida, del gioco pericoloso e arrogante». Il gioco con le armi, e dall'inchiesta è venuto fuori che ce ne sono tante, in circolazione, all'università di Roma. «E' un'altra stranezza, un altro indizio che c'è davvero del marcio in Danimarca». Sembrava avviato a rimanere uno dei tanti delitti insoluti di Roma, questo «giallo». Invece le indagini hanno imboccato una strada che - in attesa del processo e di tutti i riscontri - fa dire alla scrittrice: «Stavolta mi pare che l'inchiesta sia stata condotta con serietà. Ce l'hanno messa tutta, hanno sfidato i silenzi e l'omertà; l'intimidazione poteva coinvolgere anche la polizia». Come è successo, quasi cento anni fa, nella storia di Isolina. «Ma così non è stato, per fortuna». Giovanni Bianconi «Mi ha colpito che una teste abbia taciuto a lungo Era chiaro che aveva ricevuto intimidazioni» I PROTAGONISTI DEL GIALLO La vittima Marta Russo, 22 anni, studentessa di Giurisprudenza, viene uccisa da un colpo di pistola calibro 22 la mattina del 9 maggio. Il proiettile la ferisce mortalmente mentre, in compagnia dell'amica Iolanda Ricci, cammina in un viale dell'università dopo una lezione Gli accusati "<Sts.'.Vs Giovanni Scattone, 29 anni (a sinistra) e Salvatore Ferrara, 30 anni, dottorandi dell'istituto di Filosofia del diritto, sono in., carcere dal 15 giugno. L'accusa nei loro confronti è omicidio volontario: avrebbero ucciso sparando dalla finestra dell'Aula 6 Le testimoni Sono Maria Chiara Lipari (a sinistra), assistente di Filosofia del diritto, Gabriella Alletto (a destra), bibliotecaria dell'istituto e indagata per favoreggiamento e una studentessa di Statistica il cui nome non è statojséftuotò dagfrtfiquinMjftv*. Altri indagati Maria Urilli, segretaria dell'istituto (a sinistra): secondo Gabriella Alletto avrebbe visto anche lei, la mattina del delitto, Scattone e Ferrara all'università, ma lei nega. Marianna Marcucci, ex fidanzata di Ferrara: secondo gli inquirenti avrebbe avallai© il falso alibi dell'arrestato «Sulle testimoni si è scatenata una campagna di discredito Ma a me paiono sincere» RETROSCENA Dacia Maraini rilegge il delitto di Marta: «Ma la vittima sembra quasi dimenticata» «Mi ha colpito che una teste abbia taciuto a lungo Era chiaro che aveva ricevuto intimidazioni»