Dalle Alpi alla scoperta del mare

Palle Alpi alla scoperta del mare Palle Alpi alla scoperta del mare Un montanaro in Puglia, tra arte e ottimi vini VACANZE! E chi al tempo della mia giovinezza andava in ferie? Se qualcuno aveva sollievo dall'occupazione solita per un qualche periodo, questo lo usava per fare provvista di legna per l'inverno nei boschi della comunità. Se un negozio chiudeva era per esaurimento o fallimento dell' attività. In montagna non andavamo perché già si era; «andare in montagna» significava sabre negli alpeggi estivi, nelle malghe, con le vacche. Al mare? E chi andava al mare? Molte persone, i più certamente, il mare nemmeno lo avevano visto, al massimo guardando una mattina dopo un temporale lo vedevano dall'alto delle nostre montagne: laggiù in fondo verso Venezia. La prima vacanza la feci nel 1953, dopo che era uscito il mio primo libro, e questa fu di dieci giorni in una malga a duemila metri condotta da un mio ex compagno di scuola elementare e lì, per guadagnarmi l'ospitahtà, cercavo di aiutare il casaro andando a prendere l'acqua da bere in una sorgente lontana, cucinare per tutti o fare altri piccoli lavori. Ma fu una bella vacanza, che ricordo con piacere anche per le persone che con me condividevano la polenta: Nardin, Guido, Barba Matìo, Toni Vedelaro, il Bocia. Alla sera ci raccontavamo storie accanto al fuoco, fumando trinciato forte. Fu quella la mia prima vacanza perché anche quando venivo in licenza tra un fronte e l'altro di guerra nei miei sette anni di soldato non era che facessi festa, quei giorni così fuggevoli li impiegavo per lavoretti in casa: tinteggiare, sarchiare le patate, procurare la legna per l'inverno. Fu vent'anni fa che feci veramente quella che si dice «vacanza»: ma ero già in pensione. Andai nel nostro Sud su insistente invito di un amico che insegna all'Università e che è nato laggiù. A Castellaneta Marina un suo fratello ci aveva messo a disposizione una villetta tra i pini. Andammo con un mio figlio e sua moglie, un amico comune e sua moglie e qual- che libro. Giù nelle Puglie (perché diciamo Puglie e non Puglia? Qualcuno me lo sa spiegare?) ero stato nel novembre del 1940 quando a Brindisi, la notte che gli inglesi attaccarono la flotta italiana nel Mare di Taranto, ci imbarcarono per l'Albania. Ricordavo un cielo grigio, una terra brulla e sassosa, viti basse, ulivi contorti e un vino denso che dava alla testa. E poi un mare nero come la pece e la pioggia sopra il mare. Ma come invece fu bella quell'estate di vent'anni fa! Dopo novecento chilometri di strada arrivammo laggiù verso la fine di luglio e quella campagna ci apparve rigogliosa e verde: viti a tendone, agrumeti, orti, frutteti, ulivi; gente operosa e gentile; e al di là delle piante c'era il mare: non ancora stabilimenti balneari, cabine, rumori ma sabbia pulita e conchiglie. Quando uscivo dall'acqua la pelle asciugandosi al sole mostrava il bianco del sale. Naturalmente da montanaro senza un fiume, ero un nuotatore molto e molto scarso ma lì presi un po' di confidenza anche con il mare e mi azzardai a sbracciare anche dove non toccavo il fondo. Una domenica, ricordo, quando da Ginosa e Matera arrivava un po' di gente, un pattino troppo carico di ragazzi e ragazze si capovolse: annaspavano e chiedevano aiuto e noi ci precipitammo in loro soccorso. Erano stati proprio presi dal panico e con tanta fatica riuscimmo a tirarli fuori da quel guaio. Si allontanarono indispettiti e stravolti senza dirci una parola e un signore anziano che era presente al fatto commentò: «Si vede che siete abituati a nuotare nei fiumi freddi e rapidi delle Alpi!». Mi venne da ridere. La mattina eravamo dentro il Mare Jonio e nel pomeriggio alla scoperta del retroterra. Dap¬ prima lungo la riva fino a Taranto dove visitammo quello splendido e insuperabile Museo Nazionale che raccoglie quanto di più bello la Magna Grecia ha saputo lasciarci. Dopo andammo verso le foci del Busento, nel Metapuntum, a Policoro ad ascoltare il canto delle cicale tra le piante di liquerizia che celavano i resti della grande città e dove Tonino da bambino ha imparato a disegnare e apprendere dai cocci dei vasi filiaci e dalle statuette delle tombe. In quel sole, nel concerto delle cicale, nei profumi di tante erbe joniche, tra i resti dei templi dedicati a Athena Afrodite e Apollo Arciere era come vivere in altre epoche, quando qui Pitagora in- segnava la sua filosofia. Davanti alle Tavole Palatine, nel limpido piccolo e chiaro Museo sentivo palpabile la mia ignoranza: dal neolitico ai romani con la grande civiltà greca nel mezzo! In una vecchia guida del 1928 leggevo: «La visita lascia ricordi indelebili per il carattere particolare della pianura e il senso di solitudine che questa suscita». Anche allora, vent'anni fa, le cose erano così. Bornalda, su antiche rovine, dicono sia stata costruita nel '400 da Bernardino De Bernaudo, segretario di un re aragonese; poi fu ducato del marchese di Laterza. Noi capitammo lì un giorno di sagra e fummo accolti con tanta ospitalità da non sen- tirci estranei nella festa paesana. Gustammo una minestra di cereali con olio crudo che, ci spiegarono, così mangiavano anche i greci tremila anni fa. Naturalmente non potemmo fare a meno di andare a visitare Matera, città unica e singolare. Fu in una giornata molto calda e luminosa, intrisa di luce come solo il nostro Sud sa donare e nella frescura dei Sassi alcuni ragazzini volevano offrirci, come ricordo da portare a casa, delle ossa umane che avevano trafugato in una grotta-ossario. Forse erano abituati a darle ai turisti stranieri come souvenir in cambio di qualche spicciolo? E che dire di Massafra e della sua profonda gravina di San Marco coperta da fichidindia e capperi, con le sue chiese basiliane scavate dentro la roccia, gli antichi affreschi e la misteriosa Farmacia del Mago Greguro nei cui cunicoli i monaci depositavano le erbe miracolose per ogni malanno? Ogni tanto una scoperta: Alberobello e Locorotondo; la bella e pulita Martina Franca mi fece ricordare che da qui venivano i migliori muli del mondo per le nostre truppe alpine: i più grandi e robusti per l'artiglieria, quelli più nervosi e scattanti per gli alpini. E così, dopo la Valle d'Itria, ancora ci restava da scoprire la Penisola Salentina, il tacco dello stivale. Come qui era diverso il paesaggio: le torri di vedetta lungo il litorale per dare l'allarme nell'awicinarsi dei mori, le masserie nell'interno circondate da muri, gli ulivi tra la campagna pietrosa. Una sorpresa fu Gallipoli, veramente città bella come dice in greco il suo nome, bella e fiera della sua storia, immersa in un mare d'intenso azzurro. In quel porto, tra la terraferma e l'isola unita dal ponte, c'erano i pescatori al mercato con le loro barche e, goloso di frutti di mare, mangiai datteri, tartufi, ostriche così come erano. Naturalmente a Santa Maria di Leuca facemmo il bagno ai piedi degli scogli e nella Grotta Zinzulusa, nel fantastico antro, ci rinfrescammo. Indubbiamente quella fu una bella vacanza, in luoghi benedetti, e non so capire come molti conterranei del Nord preferiscono andare all'estero ignorando le nostre regioni del Sud così belle, ricche di storia, di arte, con gente ospitale e gentile, con cose gustosissime da mangiare e ottimi vini. Insomma ho imparato ad apprezzare, e qui in casa mia moglie le prepara, le orecchiette con le cime di rapa e le sardelle in sale, la burrata, i taralli, i meloni bianchi, profumatissimi mandarini, le frise di grano duro e di orzo che ancora, ogni Natale, un amico mi manda e che io mangio alla mia maniera che non è ortodossa: inzuppate nel latte freddo. E laggiù, nei giorni di riposo tra un'escursione e l'altra e una nuotata nello Jonio, sotto i pini di Castellaneta Marina ricordando il mio paese scrivevo un racconto che diventò poi nell'inverno uno dei miei libri. Mario Rigoni Stern «Non c'erano ancora cabine e rumori ma sabbia pulita e conchiglie Fra i resti dei templi era come vivere in altre epoche» «Al mattino le nuotate nello Jonio e al pomeriggio le gite dedicate all'entroterra tra canti di cicale e piante di liquirizia» «La visita a Martina Franca da dove arrivavano i muli per gli alpini e i pranzi nel porto di Gallipoli con datteri e ostriche» LA STORIA LE VACANZE DELLA A destra Locorotondo centro della Valle d'Itria con i caratteristici trulli A lato la cattedrale di Gallipoli

Persone citate: Apollo Arciere, Barba Matìo, Bernardino De Bernaudo, Mario Rigoni Stern, Nardin, Pitagora, Toni Vedelaro