Caselli rimanda Brusca di R. Cri.

Caselli rimanda Brusca Caselli rimanda Brusca «Non è ancora promosso pentito» PALERMO. Il procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli, è chiaro: «La posizione di Giovanni Brusca è in evoluzione, il suo iter per il pentimento non è ancora concluso». Lo dice dopo l'emissione di 23 ordini di custodia cautelare per omicidi compiuti nella faida mafiosa di Alcamo. Le indagini si sono avvalse del contributo fornito dall'ex boss di San Giuseppe Jato, considerato finora un «dichiarante». «Stiamo mettendo insieme tanti tasselli - osserva il procuratore di Palermo- le dichiarazioni di Brusca hanno trovato riscontri investigativi». La lunga marcia di avvicinamento di Giovanni Brusca al pieno status di pentito ha comunque compiuto un giro di boa dopo la sentenza della corte d'Assise che l'ha condannato alla stessa pena inflitta ai pentiti, 17 anni. Ma i magistrati palermitani sono cauti sul valore della collaborazione. Caselli osserva: «Non si tratta di un avvicinamento di Brusca alla giustizia, questa è una sentenza che andrà letta. Sappiamo che è stato applicato l'articolo 8 che prevede riduzioni di pena per i collaboratori di giustizia ma significa solo un'attestazione di contributo affidabile e di un certo livello». Il legale di Brusca, Luigi Li Gotti, ha rivelato che l'ex boss ha fornito importanti punti di riferimento per l'arresto del latitante Bernardo Provenzano, ma il cerchio non si è chiuso perché il boss corleonese aveva ab¬ bandonato in tutta fretta i covi che Brusca conosceva. Brusca deporrà domani a Roma nell'aula di Rebibbia, al processo Andreotti. Il lavoro di verifica delle dichiarazioni di Giovanni Brusca dura da un anno ed è entrato in dirittura di arrivo: entro breve tempo le tre procure interessate (Palermo, Firenze e Caltanissetta) potrebbero esprimere la valutazione finale che consentirà a Brusca di accedere al programma di protezione. Non solo ha ammesso di aver compiuto stragi e omicidi per i quali non era sospettato, ma ha dato un contributo alla cattura di boss come Carlo Greco e alla comprensione di decine di delitti, sia pure dopo aver tentato di delegittimare alcuni pentiti per destabilizzare i relativi processi. Ma Brusca e altri pentiti non hanno parlato solo di omicidi. Hanno spiegato che i mafiosi trapanesi, fedeli ai corleonesi, si occupavano del racket delle estorsioni in maniera quasi scientifica. Tra le loro fila, infatti, potevano contare Tommaso Gallo, rappresentante di commercio, che al termine dei suoi giri informava la famiglia mafiosa su quali commercianti era «conveniente» taglieggiare. Il racket trapanese riguardava anche le imprese edili, scalzate via dalla concorrenza spietata della «Fratelli Praia » e della «Tre Noci». Le due aziende si aggiudicavano gran parte degli appalti compiendo attentati contro i concorrenti. [r. cri.]

Luoghi citati: Alcamo, Caltanissetta, Firenze, Palermo, Praia, Roma, San Giuseppe Jato