Incastrato Gigante ultimo boss di New York

Decisiva per la condanna la testimonianza del pentito che nel '92 fu fatale a John Gotti Decisiva per la condanna la testimonianza del pentito che nel '92 fu fatale a John Gotti Incastrato Gigante, ultimo boss di New York Rischia ventanni per estorsione e tentato omicidio NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Dopo una lunga, controversa e buffa battaglia, Vincent Gigante è stato incastrato. Ieri la giuria del tribunale di Brooklyn lo ha riconosciuto colpevole di racket e tentato omicidio, reati che potrebbero comportare fino a 20 anni di prigione. In pratica, Gigante uscirà dal carcere di Butner, nel North Carolina, dove è stato destinato, quando sarà novantenne. E' stato un processo strano, come sempre quando c'è di mezzo la mafia. L'identità dei giurati è stata tenuta segreta e dopo che hanno pronunciato il loro verdetto sono stati fatti sabre su alcune auto della polizia che sono sfrecciate via. Sul banco dei testimoni hanno sfilato alcuni «pentiti», fra cui il più famoso di tutti, quel Salvatore Gravano che a suo tempo con la sua testimonianza fece condannare John Gotti, il capo della famiglia Gambino, sicché il suo nomignolo «The Bull», il toro, nell'ambiente divenne «The Rat», il topo. Nella sua deposizione ha raccontato degli incontri che il suo allora capo Gotti ebbe con Gigante per sistemare alcune «frizioni» fra le due famiglie, ma non è riuscito ad essere abbastanza specifico sulle accuse di omicidio che pendevano sull'imputato. Lo stesso è accaduto con gli agenti dell'Fbi che per anni hanno pedinato Gigante ed hanno ascoltato le conversazioni dei mafiosi al telefono. Da quelle conversazioni è risultato che lui era «reputato» il capo della famiglia Genovese, ma sugli omicidi non è emersa nessuna indicazione concreta. Conclusione: la giuria non se l'è sentita di attribuirgliene la responsabilità e così la sua pena 'sarà «soltanto» di 20 anni. Ma la stranezza di questo caso si era manifestata soprattut- to prima che il processo avesse luogo, e cioè nei sette lunghi anni che sono stati necessari per trascinare Vincent Gigante in tribunale. Lui aveva deciso di giocare la carta dell'«insufficienza mentale» e per dimostralo aveva preso ad andare in giro in accappatoio e pigiama. Nelle strade del Village era diventato abbastanza popolare, una di quelle figure che di solito suscitano lazzi e scherno, anche se nessuno, da quanto se ne sa, si azzardava a mandarne al suo indirizzo. L'unica concessione era stata quella di affibbiargli un nuovo nomignolo: non più «The Chin», che secondo alcuni derivava dal nome italiano Vincenzo e secondo altri dal suo mento (chin) prominente, ma «The Robe», la vestaglia. In questo modo era riuscito a evitare tutti i tentativi di processarlo, finché tre mesi fa il presidente del tribunale di Brooklyn, Jack Weinstein, ha decretato che si trattava di una messinscena e aveva ordinato il suo arresto. I suoi avvocati, e soprattutto il suo fratello prete Louis, figura importante nella Chiesa cattolica di New York che è stato anche consigliere comunale, avevano invano protestato per la «disumanità» del trattamento cui veniva sottoposto un uomo «ormai non più capace di intendere e di volere», e le loro proteste sono pro¬ seguite ieri, dopo il verdetto di colpevolezza. Poco dopo l'arresto Gigante era stato messo in libertà grazie a una cauzione di un milione di dollari e dieci giorni fa era finalmente cominciato il processo. Secondo il suo avvocato Michael Marinacelo le prove portate contro di lui erano «miserabilmente insufficienti», visto che venivano da tutta una serie di «sentito dire di seconda e terza mano», ma per la giuria sono bastate, almeno per le accuse di racket e tentato omicidio, che sarebbe proprio quello di John Gotti. Gigante, è risultato, tentò di farlo fuori negli Anni 80 un po' perché sotto la sua guida le attività della famiglia Gambino si stavano allargando troppo e minacciava da vicino gli interessi della famiglia Genovese, un po' perché l'atteggiamento arrogante, teatrale, da «gangster cinematografico» di Gotti richiamava troppa attenzione e finiva per danneggiare l'intera attività mafiosa. La famiglia Gigante, oltre tutto, ha una solida tradizione di segretazza e di «sobrietà», grazie alla quale è riuscita a rimanere la più forte di New York. Alla pronuncia del verdetto Vincent Gigante è rimasto impassibile, come si conviene a uno che non capisce cosa gli accade intorno. Ma quelli che erano nell'aula del tribunale giurano di aver visto un lampo nei suoi occhi, [f. p.) E' detto «Vestaglia» perché girava in accappatoio per dimostrare di essere pazzo BOSS Vincent Gigante «chin» E' sempre stata la più nota e forte famiglia mafiosa, oltre che la più difficile da individuare. Il suo boss leggendario è Frank Costello. Ultimamente si è lanciata nel mercato finanziario di Wall Street. Non è chiaro chi sia attualmente il capo, perché è in corso una lotta tra John Gotti Junior e un tale Carollo. Uno degli interessi individuati è il racket dei trasporti sulle merci che arrivano a New York. BOSS Antonio Corallo «Tony Ducks» Il boss è in prigione dal 1987, ma continua a essere il riferimento più importante della famiglia. In particolare i Lucchese controllano il sistema dei rifiuti della città BOSS Carmine Persico Junior Condannato nel 1987, il boss otterrà la prima possibilità di libertà provvisoria nel 2043. Comunque, sebbene in cella, continua a dirigere le attività della famiglia. I Colombo hanno i migliori contatti con il gioco d'azzardo di Las Vegas. BOSS sconosciuto Da parecchio tempo non si sente più parlare di questa famiglia. I più la danno in completo disfacimento. A sinistra l'arresto di Gigante A destra Frank Costello boss leggendario dei Genovese Il boss Antonio Corallo detto «Tony Ducks» è in prigione dal 1987

Luoghi citati: Las Vegas, New York, North Carolina