Fondi ebraici, ricerca inceppata di E. St.
Fondi ebraici, ricerca inceppata Fondi ebraici, ricerca inceppata Spuntano altri nomi di nazisti nella lista delle banche svizzere NEW YORK. Il lavoro della commissione incaricata di indagare sui fondi delle vittime dell'Olocausto rimasti «in giacenza» nelle banche svizzera rischia di essere compromesso dalla denuncia collettiva presentata a New York dai superstiti delle persecuzioni naziste. A lanciare l'allarme è stato il presidente della stessa commissione, Paul Volcker, con una lettera inviata al giudice Edward Korman, incaricato di condurre il processo. Volcker, 68 anni ed ex presidente della Banca Centrale Americana (Fed), sottolinea la propria «profonda preoccupazione» perché la denuncia, che potrebbe compromettere il corretto svolgimento delle indagini condotte dalla commissione, organo paritetico di sei membri - più il «neutrale Volcker» - istituito il 2 maggio 1996 dall'Associazione delle Banche Svizzere (Asb) e dalle organizzazioni ebraiche. Per compiere l'inchiesta affidatagli, i membri della commissione e le società di revisione da essa incaricate delle ricerche «sul terre- no» hanno ottenuto libero accesso ai documenti interni delle banche. Nella causa intentata dal procuratore di New York Edward Fagan, viene ora chiesto al giudice Korman di ottenere dalla commissione Volcker una grossa quantità dei documenti raccolti nel corso delle indagini finora effettuate. La consegna di questi documenti ai querelanti - sostiene Volcker - potrebbe seriamente compromettere la volontà delle banche svizzere di collaborare con la commissione e soprattutto di garantirle il libero accesso a tutti i loro archivi. Gli istituti di credito elvetici potrebbero infatti temere che le prove raccolte vengano utilizzate contro di loro durante i processi ed essere quindi restie a cooperare. «Il rischio maggiore - sottolinea l'ex presidente della Fed - è l'esaurimento delle fonti d'informazione confidenziali e la fine del libero accesso della commissione ai documenti degli archivi bancari ed al personale degli istituti di credito». Frattanto si è appreso che il nome di Renee May, madre dell'ambasciatrice Usa in Svizzera, Madeleine Kunin, è comparso tra i 1756 intestatari di conti rimasti «dormienti» nelle banche elvetiche da oltre cinquant'anni. La Kunin aveva 7 anni quando la sua famiglia, di religione ebraica, fuggì dalla Svizzera temendo un'invasione nazista, dopo aver già lasciato la Germania nel 1940. Lo scorso anno, per uno scherzo del destino, la signora Kunin è tornata a Berna come ambasciatore del suo Paese adottivo, e ieri, con la scoperta del nome della madre tra gli intestatari dei conti «dormienti» quel passato è tornato a tormentarla. Madeleine Kunin, ex-governatrice del Vermont e ex-vice ministro dell'Istruzione, ha già detto che awierà il processo per entrare in possesso di quei beni. Renee May, che portò i suoi due figli a New York nei primi mesi della Seconda Guerra Mondiale, morì nel 1969 a Burlington, nel Vermont. «Sono rimasta scioccata - ha détto Kunin al "New York Times" -. Io e mio fratello non abbiamo mai saputo che lei aveva lasciato soldi in Svizzera. E sul giornale, ecco lì quel nome: Renee May, New York». Kunin ha precisato di non avere ovviamente idea di quanti soldi o beni ci siano su quel conto: «Mio padre era nel settore delle calzature, e con successo, ma mia madre era rimasta vedova da qualche tempo». Il direttore del centro Wiesenthal di Gerusalemme, Efraim Zuroff, ha detto al quotidiano austriaco «Der Standard» che nella Usta dei titolari dei conti ebraici potrebbero figurare almeno nove nomi di nazisti o collaboratori del regime hitleriano. [e. st.]
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