Squillante ecco tutte le accuse di Chiara Beria Di Argentine
Ricostruiti i movimenti nelle banche svizzere per alcuni miliardi Ricostruiti i movimenti nelle banche svizzere per alcuni miliardi Squillante, ecco tutte le accuse Igiudici: ifigli non potevano non sapere MILANO. Sono vistati Ministèro public de la Confédération i documenti bancari sui conti svizzeri del senatore Cesare Previti, dell'avvocato Attilio Pacifico e dell'ex giudice Renato Squillante da ieri al vaglio dei magistrati del pool. Tra le centinaia di carte consegnate ai pm dal procuratore generale della Confederazione, Carla Del Ponte, c'è anche la ricostruzione di tutti i rapporti bancari, dall'82 al '96, tra la Società Bancaria Ticinese, sede di piazza Colleggiata 3, Bellinzona, e la famiglia Squillante. L'ex capo dei gip romani, già arrestato nel marzo '96 per corruzione, i suoi due figli Mariano e Fabio, la nuora russa, Olga Favtchenko, erano i beneficiari economici dei conti aperti alla Sbt sui quali, secondo l'accusa, sono «affluite le somme di proventi illeciti commessi da Renato Squillante». Compresa, per gli inquirenti, una quota della maxitangente di 67 miliardi sull'affaire Imi-Sir. Nei giorni scorsi è stato depositato l'ordine di custodia cautelare, in tutto 40 pagine, nei confronti di Mariano, Fabio e Olga Squillante; la signora Liliana, moglie dell'ex giudice, non risulta invece essere iscritta nel registro degli indagati della procura di Milano. L'accusa ai giovani Squillante, che sono stati dichiarati ufficialmente latitanti dal gip Alessandro Rossato, è di favoreggiamento reale, cioè di aver tratto profitto da un reato aiutando il padre a far sparire il denaro delle tangenti. In particolare Fabio e Olga agli inizi del febbraio '96 hanno chiuso tutti i rapporti con la Sbt ritirando «la somma di 5,6 milioni di franchi svizzeri (al cambio attuale circa 8 miliardi di lire) per contanti assicurando così un'ignota destinazione finale». Quanto a Mariano è accusato di aver «aiutato Renato Squillante ad assicurarsi il profitto delle corruzioni utilizzando la somma di 445 milioni rientrata in Italia impiegandola nell'acquisto di un immobile, utilizzando la stessa per il pagamento della quota in nero e indicando altresì alla parte venditrice accorgimenti volti a nascondere la consistenza e la natura della somma». Tutti complici del padre? Una tesi contestata da Andrea Fares, legale di Mariano e Fabio Squillante. I due giornalisti attualmente a Londra - Scotland Yard finora avrebbe giudicato insufficienti per concedere l'estradizione i documenti inviati dall'Italia - hanno sempre negato di sapere l'esatta provenienza dei soldi paterni. Non solo. La famiglia Squillante ha chiesto al tribunale del riesame di revocare il sequestro disposto dalla procura di Milano sui loro conti bancari italiani (alcuni in attivo) e sull'appartamento comprato da Mariano a Roma. All'udienza fis¬ sata per giovedì 31 luglio - pm con tutta probabilità sarà Ilda Boccassini - l'avvocato Fares spiegherà, per esempio, che alcune entrate in contanti sui conti di Mariano dipendono solo dal fatto che il giornalista dipendente della Rai veniva pagato per le trasferte o le note spese con soldi cash. A due anni dall'inizio dell'inchiesta i pm Boccassini e Gherardo Colombo hanno però in mano non solo testimonianze e intercettazioni ma anche prove documentali, le carte ritirate giovedì scorso a Berna, a sostegno delle loro tesi, compresa quella che i figli Squillante non potevano non sapere. Renato Squillante aprì il primo conto a Bellinzona nell'82 (alla Sbt e al suo direttore, Dionigi Resinelli, era stato indirizzato dall'agente di cambio Giorgio Aloisio), si chiamava Cammeo. Poi, vennero Rowena, Quasar, Tempelof. Anni di bonifici che alimentavano i conti - i più grossi dell'importo di 300, 400 mila dollari ciascuno provenienti da svariate banche svizzere, del Liechtenstein, del Lussemburgo. Ha testimoniato Resinelli: «n figlio Squillante che ho visto più frequentemente è stato Mariano... in generale guardava la sua relazione, poi dava un'occhiata anche a quella degli altri, fratellie padre... pensavamo che nella confusione dei conti l'avente diritto economico fosse il padre. Ogni figlio comunque aveva la sua rubrica». Nel '94 tutti i rapporti tra la Sbt e gli Squillante furono riuniti sotto un mantello societario unico con varie sottorubriche divise tra padre e figli: la società Forelia Sa, che fu cointestata a Renato, ai due figli e alla nuora che aveva diritto, come firma, a tutto l'importo. Tutto tranquillo. Ma, poi, ai primi difebbraio '96, pochi giorni dopo la scoperta della cimice al bar Tombini (21 gennaio) Fabio e Olga Squillante si presentano da Resinelli e chiudono tutti i conti della Forelia. Olga firma e ritira 8 miliardi che stipati in una valigia sono scomparsi nel nulla. Chiara Beria di Argentine Ma la difesa chiede il dissequestro dei conti italiani | Qui accanto l'ex capo dei gip di Roma Renato Squillante Nella foto a sinistra l'ex ministro della Difesa Cesare Previti
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