Pacini ripete: a Di Pietro neanche una lira

3 Terzo interrogatorio del finanziere a Brescia, sulla famosa intercettazione registrata dal Gico Pacini ripete: u Pi Pietro neanche una lira «Dissi "sbancato" perché mi ha fatto saltare tutti gli affari» BRESCIA. «E' vero, la parola giusta è "sbancato". Ma non perchè avevo dovuto dare dei soldi a Di Pietro e Lucibello. Intendevo dire, come si dice dalle mie parti, che con l'inchiesta e l'arresto, Di Pietro mi aveva fatto saltare tutti i contratti con i miei sponsor, insomma mi aveva rovinato». Nuovo interrogatorio di Francesco Pacini Battaglia a Brescia, il terzo, e nuove indiscrezioni rivelatrici. Ma stessa identica linea di difesa: nemmeno una lira ad Antonio Di Pietro. «Pacini risponde a tutte le domande con sicurezza e precisione - dichiara il suo legale, Rosario Minniti, al termine del confronto - per non lasciare zone d'ombra dove possa annidarsi l'incertezza o il dubbio. Il suo scopo - conclude l'avvocato è quello di dimostrare l'infondatezza degli addebiti che gli sono stati mossi». Il banchiere di Bientina questa volta, dopo un anno di equivoci sulla famosa intercettazione ambientale dell'I 1 gennaio del '96 registrata dai Gico della Finanza nel suo studio, durante un colloquio con l'avvocato Petrelli, ha ammesso che quel giorno disse effettivamente «sbancato» e non «sbiancato» come aveva invece sostenuto nel corso di un'intervista rilasciata ad Enzo Biagi nel dicembre del '96. Precisando però che a quella frase («A me, Di Pietro e Lucibello, mi hanno sicuramente sbancato») andava attribuito un valore diverso da quello interpretato dagli investigatori. I verbali sono stati come al solito segretati. Si è saputo però che gran parte delle sei ore d'interrogatorio di ieri nella caserma della Finanza, se ne sono andate proprio per l'analisi di quella registrazione e del suo contenuto. Per oltre un'ora, nella stanza al terzo piano della caserma, i pm Tarquini, Chiapparli e Piantoni, il capitano dei Gico Baldassarri, Pacini Battaglia e il suo avvocato sono rimasti ad ascoltare l'intercettazione. E poi a discutere animatamente sui passaggi più delicati. Tanto che a un certo punto, Pacini Battaglia ha avuto un attacco di cuore: «Ma non scrivete che è stato un infarto. E' stata la solita crisi alle extrasistole», ha raccontato poi ridendo dalla sua casa di Bientina. Spiegando che la «crisi» era arrivata nel corso di una discussione «parecchio agitata». Del resto l'intercettazione presa in esame è piuttosto articolata e non contiene soltanto la frase diventata più celebre sul preteso «sbancamento» di Di Pietro e Luci- bello del banchiere tosco-svizzero. Riportata quasi integralmente nel famoso rapporto dei Gico fiorentini del 30 ottobre '96 (relazione che già allora sviscerava i rapporti tra D'Adamo, Pacini, Lucibello e Di Pietro), l'intercettazione rivela non solo circostanze a favore di Di Pietro («Io a Di Pietro non gliel'ho dati...») ma aggiunge anche elementi inquietanti sui retroscena di questa inchiesta. Nel colloquio, infatti, Pacini veniva informato dal suo avvocato romano, Petrelli, di una visita che gli aveva fatto un anno prima il giornalista Roberto Chiodi, autore del famoso dossier su Di Pietro pubblicato dal «Sabato» all'inizio di Mani pulite. Racconta Petrelli: «(Chiodi), mi è stato un po' appresso per la storia di Di Pietro perché sa che io ho difeso D'Adamo e pensava che io potevo avere notizie che non gli potevo dare... E lui mi disse: ho trovato una pista fantastica, perché mi risulta che Lucibello e Di Pietro sono andati in Austria a spostare i soldi di Pacini... Io mi sono insospettito, perché la cosa che ho notato è che a distanza di un anno persone che non si conoscono e che non hanno mai avuto rapporti tra loro, fanno tutt'e due riferimento all'Austria...». A cosa si riferisce Petrelli? Ad un'intervista pubblicata da il «Giornale» nell'estate del '95 all'allora latitante Maurizio Raggio, che riferiva di aver saputo di un conto in Austria di Di Pietro pari a cinque miliardi. La curiosità è che, nell'agosto di quello stesso anno, il giorno 4, venne datata una lettera anonima inviata al pm Fabio Salamone. «News da Milano» era il titolo. Al terzo capoverso si leggeva: «...Di Pietro ha indotto Pacini Battaglia a versare miliardi per cercare di non far fallire il suo iniziale sostenitore economico Antonio D'Adamo. L'incontro operativo è avvenuto il 5 luglio del '93 alle ore 11,30 a Milano, in ufficio adiacente il tribunale. Il finanziamento è avvenuto tramite società estera, gestita dal genero di D'Adamo, Mascetti...». Insomma, l'anonimo conteneva già tutti gli elementi dell'attuale inchiesta, la società gestita da Mascetti è infatti l'ormai famosa Sii, l'azienda che, con il versamento di 12 miliardi, Pacini dice che avrebbe voluto acquistare. E quanto riportava la lettera, come nota l'avvocato Petrelli, era stranamente conosciuto già da Maurizio Raggio e dal giornalista Chiodi. Le indagini sull'anonimo non approdarono a nulla. Anche se, si sente nell'intercettazione dei Gico, Pacini rivelò all'avvocato Petrelli che il pm Salamone gli aveva fatto, fuori verbale, domande in merito, «...s'è chiacchierato tre ore su 'ste stronzate. M'ha fatto un verbale, me l'ha scritto lui... gli ho scritto come voleva...». Paolo Colonnello Nel colloquio con il legale Petrelli spuntano le accuse di una lettera anonima inviata al pm Salamone Nella missiva si parlava di un conto in Austria dell'ex pm: perché ne ''erainfonnato'Rà^io? GLI INTERROGATORI «FIUME» Pierfrancesco 18luglio Bore CWk PACINI ^ 22 luglio 5 ore 25 luglio 6 ore TOTALE 16 ore Antonio 8 luglio 12 ore D'ADAMO 12 luglio 15 ore 24 luglio 9 ore TOTALE 36 ore «62 Pacini Battaglia (a destra) col suo avvocato Rosario Minniti ieri a Brescia