Sulle tracce dei miliardi perduti

Tecnica «antimafia» per ricostruire la mappa Sulle tracce dei miliardi perduti Tecnica «antimafia» per ricostruire la mappa LA PISTA ELVETICA UMILANO N anno prima del suo arresto Squillante venne da me e si disse preoccupato delle tante rogatorie in giro per Mani pulite. A me sembrava normale che un magistrato che aveva un conto corrente all'estero fosse preoccupato...». E' l'interrogatorio del 9 luglio '96 di Luigi Resinelli, detto «Didi», il banchiere di Bellinzona cui si appoggiava l'ex capo dei gip di Roma Renato Squillante per la gestione dei suoi conti svizzeri: almeno 6 miliardi, calcolano gli inquirenti, prelevati due mesi prima del suo arresto dal figlio Fabio e dalla nuora russa dell'ex giudice, Olga Favtchenko, e collocati, secondo le indagini, in più sicure società panamensi. L'interrogatorio di Resinelli è contenuto in una delle trenta rogatorie che nel corso di un anno e mezzo, applicando per la prima volta una tecnica simile a quelle delle indagini antimafia, la procura di Milano ha spedito in Svizzera chiedendo un appoggio investigativo costante. Così per l'inchiesta su Squillante, Pacifico, Acampora e Previti (e che vede indagato anche Berlusconi), non è stata tralasciata alcuna traccia. Dai biglietti da visita ai numeri di telefono delle agende elettroniche, dalle prenotazioni alberghiere ai movimenti bancari di parenti, amici, autisti, segretarie. Sono state setacciate banche, segnalati conti, interrogati funzionari, impiegati: ogni pista è stata seguita, analizzata, controllata, per giungere a ricostruire una buona parte dell'ingarbugliato sistema di conti, spesso a vasi comunicanti, che secondo i pm avrebbe legato tra loro gli indagati. Si parte dallo «spunto investigativo», così era stato definito dai pm, di Stefania Ariosto, che per prima denuncia l'esistenza di tangenti ai giudici della capitale. E si prosegue con i pedinamenti, avvenuti ancor prima che nel febbraio dello scorso anno scattassero gli arresti per Squillante e Pacifico. Ecco allora l'ex giudice seguito a Zurigo il 15 gennaio del '96; la ricerca delle società a lui riferibili (Abraxas e De- dalus, di Roma). Si chiedono informazioni sui suoi figli, sulle loro mogli, si vuole sapere soprattutto se l'ex capo dei gip abbia disponibilità di conti e dove. Stessa tecnica per l'avvocato civilista Pacifico, e per il suo collega Acampora in un crescendo di personaggi che formeranno uno schema di collegamenti impressionante da cui s'individuano almeno 5 magistrati della capitale come beneficiari di conti in Svizze¬ ra. Ma le vere sorprese dell'inchiesta arrivano dagli interrogatori di alcuni personaggi chiave. Come appunto ResineUi, che in tre verbali, compilati a Porto Cervo nel luglio scorso (dove era stato arrestato sbarcando all'isola della Maddalena e trovandosi di fronte il pm Colombo), svela i segreti di Squillante e Pacifico, descrivendo i rapporti tra i due e sonrattutto i conti che aveva dovuto gestire. A lui i magistrati arrivano con un pedinamento oltre confine dell'avvocato Pacifico (6 marzo '96), recatosi prima alla Società di Banca Svizzera di Lugano poi a Bellinzona, in un'altra sede della stessa banca, dove lavorava appunto Resinelli. «Pacifico - racconta il funzionario - faceva bonifici alla Algemene e Ambra da parecchi anni. Per i versamenti dava come riferimento la siala "OkaDi" e disDone- va che il bonifico venisse fatto con l'indicazione "ordine di un cliente". Ricordo la sigla perché leggendola di seguito, in dialetto ticinese, significa: "Ho capito"». Okapi, si scopre grazie ad un invio di atti dalla procura di Modena che nell'ambito di un'inchiesta per riciclaggio intercetta una telefonata di Pacifico, non è una sigla inventata. Corrisponde invece alla Okapi Panama Ltd, società controllata da tale Alfredo Bossert, titolare della Intercambi di Lugano, «specializzata - scrivono i magistrati - nel riciclaggio di fondi della criminalità italiana e straniera» e descritta «come una stanza di compensazione tra coloro che devono ricevere denaro in Svizzera e gli speditori italiani». Ma non è l'unica sorpresa. Gli inquirenti sono arrivati anche a tale Ettore Abeltino, un fiduciario che avrebbe messo a disposizione di Pacifico due conti per far transitare i miliardi di una parte della presunta tangente Imi-Sir. E che, il 29 marzo del '94, avrebbe costituito a Vaduz la società, «Codava», destinataria, secondo le indagini, di una parte del denaro pervenuto sia dal conto «Emco» di Pacifico che dal conto cifrato presso la Sbs di Ginevra del senatore Previti. Conti a loro volta alimentati da versamenti arrivati dalla società Pitara Trust del Liechtenstein, creata appositamente dall'avvocato Rubino Mensch, legale della famiglia Rovelli. Acampora, Pacifico e Previti sono sospettati infatti di essere i beneficiari di una maxi-tangente: 67 miliardi pagati senza spiegazione apparente ai tre avvocati dagli eredi Rovelli al termine della causa che contrapponeva l'Imi alla Sir di Nino Rovelli, considerato negli Anni 70 uno dei corsari della finanza italiana. Una causa che nel '94 ha condannato lo Stato a pagare alla famiglia Rovelli 670 miUardi circa, che rivalutati sono diventati 1000. Con le tasse calcolate su questo favoloso risarcimento, è stato ripianato il bilancio del Canton Ticino. Chiara Beria di Argentine Paolo Colonnello Il legale di Previti «Non nascondono cose spaventose l'importante è sapere che utilizzo ne verrà fatto in Italia» E intanto De Pasquale insegue i conti di Pacini Nella foto qui accanto l'ex ministro Cesare Previti A destra l'ex capo dei gip di Roma, Renato Squillante, e Attilio Pacifico