Ribaltone sulla giustizia
Ribaltone sulla giustizia RETROSCENA Ribaltone sulla giustizia Travolta l'emendamento Palermo IL CONFRONTO IN PARLAMENTO UROMA NA soluzione c'era, al «caso Palermo», o «problema mafia», o come dir si voglia. Ma quando si è andati al voto, prima al Senato e poi alla Camera, il pds e la sinistra hanno perso. E ora sarà impossibile riproporre un'identica soluzione. E' da fi che nasce la denuncia di Gian Carlo Caselli, o la sua «ira», per usare l'espressione del deputato dell'Ulivo Luigi Saraceni, in passato giudice di Magistratura democratica come il procuratore di Palermo. Perché la storia della «famigerata» riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale ruota anche intorno a un emendamento proposto due volte, e due volte bocciato da una «strana alleanza» che ha visto - almeno ufficialmente - i popolari schierarsi con il Polo contro i voti della sinistra. Secondo quell'emendamento, in presenza di un «testimone che è stato sottoposto a violenza, minaccia» o altre forme di pressione, le sue dichiarazioni rese in istruttoria potevano essere utilizzate nel processo anche se in aula quel teste si rifiutava di rispondere. Una deroga al principio generale studiata proprio per i processi di mafia, dove minacce e vendette trasversali (ricordate da Caselli con esempi concreti nel suo articolo su la Repubblica) sono all'ordine del giorno. Durante la discussione a palazzo Madama, i senatori del pds Elvio Fassone e Guido Calvi proposero questa modifica al testo del nuovo 513, ma fu bocciata, con i voti contrari del ppi che si sommarono a quelli del Polo ribaltando la maggioranza che sostiene il governo. Quando il nuovo testo arrivò alla Camera, i deputati - soprattutto quelli della sinistra - di fronte alle critiche delle procure di Milano sui rischi della prescrizione per i processi di Tangentopoli, e di Palermo sulle minacce ai pentiti, si posero subito il problema di quegli allarmi, studiando due modifiche: l'«emendamento Milano» e l'«emendamento Palermo». Il primo serviva a congelare i tempi del processo per U periodo necessario a richiamare gli imputati-testimoni che non avevano risposto in aula, il secondo ad aggirare il problema delle vendette trasversali. Il primo è passato, e dunque il rischio prescrizione per i processi in corso dovrebbe essere scongiurato; il secondo no. E adesso, nei corridoi della procura di Palermo, i magistrati antimafia si chiedono: che fine ha fatto quell'emendamento? «E' stato travolto dai dilettanti della politica e del diritto», accusa Luigi Saraceni, che sul 513 è stato uno degli «alfieri» della battaglia contro un altro emendamento (quello che imponeva ai testimoni di rispondere alle domande, pena un altro processo), a sua volta boc¬ ciato. Prima del voto di martedì in aula, i deputati dell'Ulivo «addetti ai lavori» si sono riuniti più volte per mettere a punto una strategia comune, ed è lì che è successo il patatrac. In quegh incontri semi-clandestini, di fronte all'ex retino oggi amico di Di Pietro, Pino Scozzali, che insisteva per votare l'emedamento-chiave sull'obbligo di rispondere, molti pidiessini hanno ribattuto che non se ne parlava nemmeno. E lo stesso Saraceni è intervenuto per dire: «Piuttosto discutiamo dei casi di accertata violenza o minaccia contro il teste, e cerchiamo di approvare quello». Ma è passata un'altra linea: la sinistra ha deciso pubblicamente di sostenere l'emendamento sul divieto al silenzio, con tanto di dichiarazione ufficiale a favore da parte dell'onorevole Olivieri, ma poi al momento del voto sono stati più i no che i sì, anche tra i banchi della sinistra. Nel putiferio seguito a quella bocciatura, è stato travolto anche 1'«emendamento Palermo», sostenuto in aula dal rifondatore comunista Giovanni Meloni, che non ha raccolto i voti sufficienti nemmeno tra i deputati della maggioranza. «E Scozzari ha sparato contro quell'emendamento», accusa Saraceni. Il quale torna a prendersela con quei «dilettanti della politica e del diritto i quali avevano creduto, sbagliando sia tecnicamente che politicamente, che sarebbe passato l'altro emendamento. Per dare forza ad una modifica inaccettabile hanno tradito, abbandonato e di fatto affossato quella che invece poteva essere una soluzione accettabile». Nonostante questo, secondo Saraceno le critiche di Caselli sono «gravissime e ingiustificate, oltre che reticenti. In ogni caso, infatti, il Parlamento ha approvato misure per contrastare il crimine mafioso nelle indagini preliminari attraverso lo sperimentato istituto dell'incidente probatorio». Ma intanto al Senato - dove il nuovo 513 dovrebbe essere approvato entro la fine del mese le norme su minacce e violenza non possono essere ripresentate, e 1'«emendamento Palermo» è caduto definitivamente. [gio. bia.] «Strane alleanze»: i Popolari col Polo contro la sinistra Anche il pool di Milano era critico
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