«Ma ora non fermiamoci»
Don Ciotti: impegno per una giustizia più mite e rigorosa Don Ciotti: impegno per una giustizia più mite e rigorosa «Ma ora non fermiamoci» MOLTI scriveranno oggi parole vibranti di pietà o di indignazione per l'esecuzione di Joseph O'Dell. Molti sono stati nei giorni precedenti gli appelli, e alcuni autorevolissimi. Tra questi voglio ricordare l'appello personale di Giovanni Paolo H, al governatore della Virginia affinché la condanna a morte non fosse eseguita. Ad essi ha risposto un silenzio più eloquente di qualsiasi discorso, motivato dall'arroganza o dal fastidio per quella che si è voluta forse intendere come ingerenza, oppure dalla profonda convinzione di essere nel giusto. Non è questo l'importante, quel che conta è che un uomo è stato ucciso. Legalmente, ma questo, da molti punti di vista, non fa grande differenza. Né, tutto sommato, la fa l'estrema e inutile rivendicazione d'innocenza dell'ucciso. Ora, nessun appello può più essere fatto, nessun richiamo alla clemenza o alla giustizia può più avere efficacia, semmai - ma è stato doveroso provarci - l'avesse obiettivamente potuta avere nei giorni scorsi. Ora, dobbiamo avere il coraggio di porci e di porre alcune domande scomode. L'Italia ha indubbiamente e meritoriamente avuto un ruolo primario nella battaglia per salvare la vita di O'Dell. Se O'Dell fosse stato, dichiaratamente o comprovatamente oltre ogni dubbio, colpevole ci saremmo mobilitati con altrettanta ampiezza e decisione? Siamo disposti ad alzare con altrettanta forza politica e mediatica la voce, non solo contro la pena di morte che l'Italia non contempla, ma assieme e coerentemente, contro certa durezza e sbrigatività deU'amministrazione della giustizia e del sistema delle pene, come abbiamo fatto verso l'America, anche nei riguardi di altri Paesi (la Cina, ad esempio, che ha il record mondiale delle esecuzioni) e, così pure, nei confronti di casa nostra? L'Italia è stata in prima fila anche sul caso Baraldini, altro esempio di giustizia così rigida da sfociare nell'ingiustizia. Siamo disposti a fare e dire altrettanto per le Baraldini italiane che, con tutte le differenze, pure ci sono e ci sono state? E, ancora, i critici italiani della reaganiana «guerra alla droga» sono assai più numerosi e visibili di quanti, italiani, pongono, in Italia, il problema di trovare soluzioni più giuste, più umane, più educative per i tossicodipendenti del semplice chiuderli in una cella. La vicenda O'Dell, il generoso e civile impegno di tantissime persone, saranno servite a qualcosa se riusciremo a farle divenire occasione di riflessione etica, culturale e politica, e impegno per una giustizia «mite» e rigorosa in tutti i Paesi. Anche nel nostro che, certo, non può essere paragonato a quelli che uccidono o che perseguono bambini di 7 anni, come avviene in al¬ cuni Stati americani, ma che pure molto ha da fare per migliorare i propri tribunali e le proprie prigioni. Per affermare una giustizia che tuteli le vittime, che difenda la sicurezza ma che sappia anche punire con misura, senza umiliare e senza uccidere la speranza di chiunque, innocente o colpevole che sia. Per chi guarda il calvario, la tradizione vuole che ci sia il «buon ladrone», quello incattivito contro sé e contro gli altri e Gesù l'innocente. Tre supplizi e tre condanne eguali. Ma la lezione che Gesù ci ha consegnato è quella di vincere il male con il bene. Questo significa che nessuno Stato, nessun governo, può usare lo stesso linguaggio di morte dell'assassino. Dobbiamo allora capire che lo scandalo è la croce, non l'inchiodato. Se non troveremo 0 coraggio di capire questo, di scandalizzarci per la croce, di farci quelle domande scomode, le parole di condanna verso l'esecuzione di O'Dell saranno facili ed effimere e scivoleranno presto via. Don Luigi Ciotti
Persone citate: Baraldini, Don Ciotti, Don Luigi Ciotti, Gesù, Giovanni Paolo H, Joseph O'dell
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