La dignitosa morte del buon ladrone di Paolo Guzzanti

La dignitosa morte del buon ladrone REPORTAGE La dignitosa morte del buon ladrone Se n 'è andato ripetendo: così uccidete un innocente LA FINE E M morm to sotto i riflettori, le telecamere fuori del carcere, i fari nella notte, selve di microfoni, folle di cameramen, odore notturno degli abeti, resina fuori e veleni oltre le luci al neon. Joseph O'Dell è morto, paradossalmente, come un eroe americano, uno di quelli che lottano e soccombono circondati dalla folla, dalla notorietà che li rende semidivini. Ma il paradosso è che l'«americanità» di Joseph O'Dell, la sua sovraesposizione era tutta italiana. Gli americani, stupiti, si sono in parte accodati per cercare di capire noi, le nostre emozioni, il nostro sistema di riferimento morale, i motivi di questa adozione collettiva di Joseph O'Dell. E chiedono di sapere che cosa abbiamo in serbo per salvare la pelle di Gary Davis che aspetta la morte in Colorado. 0 di Bobby Lusk che l'aspetta in Florida. 0 di Scotland Wilhams in Maryland. 0 per la folta squadra dei «morti che camminano» nel braccio della morte della Pennsylvania: da Abdu Rrahman Sami Ah (alias Ralph Trent Stokes), a Robert «Dusty» Bryant, da James Dennis ad Harrison T. «Marty» Graham, Terrence Wilhams, Nicholas Yarris. Per non dire di tutti gli altri «Death Rows», delle migliaia di neri messi a morte per i quali nessuno piange, nessuno apre petizioni, nessuno invoca la Corte Suprema. Il povero O'Dell è morto mormorando al figlio di Helen Shartner: «Eddy, tua madre non l'ho ammazzata io. Io sono uno che ama la moglie, la sorella, la figlia...». Ma Eddy è rimasto impassibile. Freddo. La famiglia Capps, quella di Helen, non ha alcun dubbio sulla colpevolezza del vecchio Joseph O'Dell e non si commuove. Sono semmai adirati contro noi italiani: dicono che abbiamo avuto spazio soltanto per la pietà nei confronti del presunto assassino e non per la certa vittima. E' inevitabile. Joseph è morto con un passato da grande aiminale diventato buono nel presente. Da ladrone che si è fatto crocifiggere mormo- rendo parole di addio decenti e senza rancore: sister Helen Prejean ha detto che è morto bene, con dignità, senza imprecare. Ha salutato e ringraziato i secondini che sono stati gentili con lui. Uno ha pianto durante i 26 minuti della cerimonia con cui gli hanno consentito di sposarsi con la bella Lori Urs, la samaritana che ha abbandonato lussi e assegni divorzili per diventare vedova e povera. Al governatore Alien, il condannato a morte, quando ha potuto parlare per la sua dichiarazione finale, ha rivolto parole rispettose: «Caro Alien, come tutti quelli che sono qui a guardarmi, tornerai a casa tua da tua moglie e da tua figlia. A me questo non sarà più consentito, perché proprio tu mi stai uccidendo e sappi che ammazzi un innocente». Una frase straziante, ma esagerata: il vecchio Joseph non aveva alcuna possibilità di tornare a casa la sera e mettersi a tavola con moglie e figlia, perché a parte la condanna a morte stava scontando pene che lo avrebbero tenuto in galera fino alla fine dei suoi giorni. Perché, non dimentichiamolo, il vecchio Joseph non era uno stinco di santo: era uno che quando faceva una rapina al supermercato, non soltanto rubava e terrorizza¬ va, ma si portava via anche una cassiera e la violentava come una bestia. Certo, lui ha giurato che quella notte del 1985, quando dette un passaggio ad Helen Shartner, non appena vide che la signora non ci stava, che non gradiva le sue mani e le sue parole, senza perdere la pazienza, stop, un colpo di freno, un cortese saluto e ciao. Va a sapere poi chi l'ha ammazzata. Quanto al sangue che aveva indosso, le analisi furono controverse: quello della camicia non era di Helen, ma quello della giacca forse sì, quello per terra no certamente, ma i peli pubici, benché simili, nessuno ha potuto attribuirli con certezza, perché il vecchio Joe (e la Corte della Virginia gliel'ha fatto pesare, e come) era uno che le donne le stregava, le usava e le buttava. Adesso il suo corpo è nella camera mortuaria della prigione e Lori intende portarlo a Palermo, forse con Sister Prejean. E a Palermo, divenuta improvvisamente la patria simbolica della giustizia, del diritto e della clemenza, il luogo giusto per erigere un monumento contro l'ingiustizia americana e il governatore George Alien, da tramandare ai posteri come l'assassino di un innocente. Joseph ha fumato una sigaretta dietro l'altra finché ha potuto, non ha mangiato per non farsi drogare, ma alla fine ha dovuto subire, erano le sette e mezzo della sera, una iniezione di Valium che era obbligatoria, non facoltativa. Mezz'ora prima la Corte Suprema degli Stati Uniti, all'unanimità dei suoi 9 componenti, aveva bocciato la richiesta di sospensione dell'esecuzione. In Florida il consenso per la pena di morte supera il novanta per cento, in Virginia è ancora più alto. Cala di poco se si garantisce che il criminale condannato non esca mai più di prigione per nessun mo- tivo, e se il criminale in qualche modo ripaga le vittime. Ma con queste clausole il consenso non va mai sotto il sessanta per cento, perché questo è un Paese puritano, lineare, e ostinato nell'arrogante passione di dividere con una linea netta il bene dal male, la vittima dal carnefice, le guardie dai ladri. Ma c'è una ragione in più, che forse in Italia sfugge (anche se non giustifica moralmente la violazione della vita umana): la società degli Stati Uniti si sente vulnerabile, con milioni di bambini, donne sole, anziani che vivono della pensione, gente che lavora sodo e si sente esposta ai criminali i quali vivono (anch'essi creature alquanto diverse dalle nostre) come predatori, gente che uccide, prende il bottino e fugge. Joseph O'Dell ha vissuto la sua vita da predatore e questa è la vera causa della sua condanna e morte, al di là delle prove chimiche sul sangue che si portava addosso. Alla gente della Virginia non importa quasi niente del suo disperato appello per la prova del Dna, perché di lui e di quelli come lui, ne hanno abbastanza (ti ripetono ad ogni angolo di strada). Il povero Joseph ha dovuto fare la doccia. Per forza, non si discute, lo ordina il regolamento. E ha dovuto rispondere di sì, che aveva capito, quando un funzionario della prigione è entrato nella sua cella per dargli che lo Stato della Virginia fra pochi minuti lo avrebbe ammazzato, come previsto a norma di legge, Ok? E quello, poveretto, doveva confermare: Ok. Ho capito. Andate avanti. Alla moglie Lori ha detto: «Que te vajas con Dios, my love», ed ha fumato l'ultima sigaretta. E sister Helen gli ha somministrato la Comunione. Ha detto di essere cattolico praticante da un anno, ha mostrato austera severità, compostezza. Poi ha detto che quello era il suo giorno più bello, perché aveva sposato la donna che amava, e si è avviato, dead man walking, verso il suo destino. Ha seguitato a parlare con la moglie Lori con un telefonino che una guardia gli teneva accostato all'orecchio, mentre lo legavano. Era già mansueto e spento, perché il Valium lo stava rimbecillendo. Paolo Guzzanti