Un tabù crollato a metà

Un tabù crollato a mela Un tabù crollato a mela Segreto bancario, nuova interpretazione CON una decisione senza precedenti, l'Associazione delle banche svizzere ha pubblicato ieri sui principali quotidiani del mondo l'elenco dei nomi di ebrei che, prima della fine della Seconda guerra mondiale, aprirono un conto nelle banche elvetiche. Significa che qualcosa è cambiato nel famoso «segreto bancario» della Confederazione? No. In realtà nulla è cambiato nella forma, ma solo nell'interpretazione. Uno dei più granitici e discussi «segreti» mantiene intatta la sua forza. Tuttavia sotto l'incalzare degli eventi si adatta alle nuove circostanze. In parole semplici, dopo lunghe discussioni al suo interno che immaginiamo assai travagliate, la Commissione federale delle banche ha stabilito che, nel caso dei capitali ebrei, il mantenere il segreto sui clienti avrebbe danneggiato gli eredi, quindi in sostanza i clienti stessi. Di qui la conclusione che il segreto bancario «non» poteva venire invocato per «non» pubblicare una informazione (la lista dei nomi) che va a favore degli aventi diritto all'eredità. In quanto il segreto può essere invocato solo per «scopi legittimi». La via d'uscita è stata così trovata con una più flessibile applicazione della legge e se¬ condo una linea che, negli ultimi dieci anni, ha già profondamente modificato l'atteggiamento delle banche svizzere su molti fronti. Non dimentichiamo la collaborazione e l'assistenza giudiziaria che la Confederazione oggi assicura alle autorità giudiziarie degli altri Paesi nei casi di riciclaggio e di investimenti sospetti. Sul presupposto di principio che «la Svizzera non vuole danaro illegittimo». Anche se, per arrivare a queste «aperture» ci sono voluti parecchi anni, molte battaglie interne e la discesa in campo, in prima linea, di magistrati coraggiosi. Dal procuratore del Sottocenerino Paolo Bernasconi all'attuale procuratore generale della Confederazione, Carla Del Ponte. Ad ammorbidire le posizioni dei banchieri svizzeri hanno contribuito la battaglia mondiale alla criminalità organizzata, gli stimoli che sono arrivati dalla legislazione internazionale e le forti pressioni di altri Paesi a cominciare dagli Stati Uniti (si pensi al «caso Marcos») fino alla «Pizza Connection» che vide alleati Giovanni Falcone per l'Italia, Carla Del Ponte e il procuratore americano Louis Freeh, attuale capo dell'Fbi. Da ultimo, molto ha fatto la stessa internazionalizzazione degli istituti di credito elvetici, e più in generale dei settori finanziari. I fatti e la storia hanno finito per modificare la torre eburnea. Sotto l'incalzare di casi celebri, lo stesso Tribunale federale (che controlla le trasmisioni di informazioni di clienti delle banche alle magistrature o alle polizie straniere) ha imparato la virtù della flessibilità. [v. s.] Ma già in passato gli istituti di credito avevano collaborato con i giudici nelle inchieste antiriciclaggio La proverbiale privacy elvetica resta intatta In questa occasione ha però prevalso chi riteneva che il silenzio avrebbe danneggiato i clienti

Persone citate: Carla Del Ponte, Giovanni Falcone, Louis Freeh, Paolo Bernasconi

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti, Svizzera