Storie di Città

3 t 3 t 3 torie ittà c Ga dietro, dappertutto dove vanno, un libro da leggere, dove lo mettete il cofanetto? Amo i libri intonsi, quelli che per leggerli devi aprire le pagine con il tagliacarte e il loro bordo resta sfrangiato, perchè osservandoli di costa capisco dubito dove sono arrivato a leggerli e quanto manca a finirli e poi perché se le pagine sono ancora da tagliare ho la certezza che sono il primo a leggere quella copia. Purtroppo sono rimasti in pochi a fare libri intonsi. Odio l'aggettivo «verace» perché viaggia sempre in compagnia delle vongole. Tutte le volte che il maitre, dopo averti elencato la scelta dei primi si china verso di te, puoi scommettere che ti dirà: «E poi abbiamo anche gli spaghetti alle vongole. Vongole veraci, naturalmente!». Mai una volta che dicano: «Vongole mendaci». Amo l'aggettivo «anisotropo». L'ho ascoltato per la prima detto da un fisico, il professor Remo Ruffini, intervistato dal nostro Piero Bianucci. Il professore sosteneva che l'universo è anisotropo per meno di 10 alla meno 41, cioè, spiegava Bianucci, che la massa dell'universo non è c Bruno Gambarotta uniformemente distribuita, per una lievissima differenza che è inferiore a una parte su diecimila. Da allora io uso l'aggettivo «anisotropo» ogni volta che posso. Se per esempio mi mettono nel piatto una minestra di verdura ancora con i pezzi io mi sento autorizzato ad esclamare: «Questa minestra è anisotropa!». Amo l'odore della canfora che ti avvolge quando riprendi a indossare le lane e i vestiti invernali; è il segnale che torna la brutta stagione e finiscono i rimproveri di quelli che ti incitano «per il tuo bene» a uscire: «Con una giornata così bella è una follia starsene tappati in casa!». Odio l'odore di motore elettrico surriscaldato che esce dal frullatore quando la fai andare un minuto più del dovuto: ogni volta pensi di averlo fuso e ti immagini la faccia del tecnico che ti dice: «Non vale la pena ripararlo, con 10 mila lire più di quello che costa la riparazione ne compra uno nuovo, con la garanzia di un anno». Tu cadi nella trappola e, per l'anno che dura la garanzia, ti sentirai ripetere da tua moglie che quello nuovo non vale niente, è una vera schifezza; l'altro sì che era un signor frullatore, cosa ti è saltato in testa di andarlo a rompere. Tutto questo per un anno esatto perché il giorno dopo che la garanzia è scaduta brucerai anche questo. Che sarà immediatamente rimpianto dalla signora. Odio il costume da bagno. «Non sarebbe il caso, prima di andare al mare, di provare se il costume dell'anno scorso ti va ancora bene?». «Figuriamoci! Se mi andava bene l'anno scorso andrà bene anche adesso! Non sono mica ingrassato!». «Mah! Se poi dobbiamo comprarne uno nuovo giù al mare ce lo fanno pagare come se fosse di platino tempestato di diamanti». La verità è che i fabbricanti di costumi li fanno di un tessuto che stando undici mesi in Un armadio si restringe. Uscendo dalla cabina dove ti sei strizzato dentro il costume puoi tenere il fiato per qualche metro, poi crolli. Neanche Majorca ce la farebbe. Amo l'accappatoio, bianco, di spugna, che ti avvolge amorosamente e ti consente di avere un'andatura insieme solenne e benevola; inoltre ti esenta da quegli insulsi e fuorviami paragoni con gli altri maschi presenti sulla spiaggia. Carissima, in attesa di conoscere gli elenchi dei tuoi odi e dei tuoi amori, molto affettuosamente ti saluta il tuo Felice Pautasso VENERDÌ'

Persone citate: Bianucci, Bruno Gambarotta, Majorca, Pautasso, Piero Bianucci, Remo Ruffini