La pesca ai tropici: programma della Fao
La pesca ai tropici: programma della Fao La pesca ai tropici: programma della Fao Dai Caraibi alla Polinesia, come aumentare la produttività Giovane pescatrice polinesiana mentre porta a casa il pesce per la cena TRENTASEI Stati insulari potranno ottimizzare le risorse della pesca e svilupparne il settore, migliorando al tempo stesso la sicurezza aumentare delle popolazioni grazie ad un programma della Fao che fornirà l'assistenza tecnica e reperirà i fondi necessari. Si partirà dalla gestione delle risorse per passare alle capacità di trasformazione ed arrivare alle reti di distribuzione ed ai mercati, occupandosi anche della preparazione dei quadri istituzionali. Un futuro più vicino alla terraferma per i 28 milioni e mezzo di abitanti che popolano queste isole, regni incontaminati per vacanze di sogno per molti, ma non per gli isolani che sono spesso soli a combattere contro gli elementi ed una natura più o meno avara in risorse agricole. Separate dai continenti dall'Oceano Pacifico o dal Mar della Cina, dall'Oceano Atlantico o dal Mar dei Caraibi, dall'Oceano Indiano o dal Mar Mediterraneo e situate tra i 20 gradi a Nord e a Sud dell'Equatore, queste isole hanno tuttavia qualcosa in co¬ mune: le diversità geografiche ed economiche che le distinguno trovano nel mare che le circonda un comune denominatore unico: la pesca. Che si tratti degli atolli delle Maldive o delle Isole Marshall - piccoli lembi di terre basse densamente popolate, dal suolo avaro di risorse agricole o delle più grandi come Papua Nuova Guinea o Cuba - ricche di altipiani, di terre da coltivare e bassa densità demografica - qui le risorse della pesca oltre che a dare cibo e lavoro possono essere sfruttate meglio e diventare un'importante fonte di reddito. «Dal punto di vista economico, queste isole sono svantaggiate», dice David Doulman, l'esperto della Fao alla guida del Programma speciale per lo sviluppo dei piccoli Stati insulari. «Secondo le Nazioni Unite, dieci isole su 47 sono tra i Paesi meno avanzati ed il fatto che il loro consumo individuale di pesce sia uno dei più alti al mondo, una media di 50 kg a testa l'anno non è che causa di forza maggiore». I consumi possono anche raggiungere i 133 kg a testa, di¬ cono alla Fao, ma generalmente si aggirano tra i 9 kg dei Paesi di via di sviluppo ed i 27 di quelli più avanzati. Quel che conta, però, è che il pesce è la fonte maggiore di proteine animali nella dieta degli isolani, tanto da coprire il 95 per cento del fabbisogno totale. Gli isolani sanno bene quanto sia importante proteggere le acque che li circondano. La salvaguardia delle coste, cui gli elementi naturali non danno tregua, è sinonimo di sicurezza alimentare per le popolazioni e di solvibilità per i governi. Quanto al futuro, il direttore delle risorse della pesca alla Fao, Serge Garda, è ottimista. «Per queste isole è importante sfruttare le poche opportunità di sviluppo industriale di cui possono avvantaggiarsi ed il settore della pesca è quello che promette maggiori possibilità di successo. Certo, per confermarsi nel ruolo di "locomotiva nazionale dell'economia", il settore dovrà sviluppare altri comparti essenziali e rafforzare tutte quelle infrastrutture che unite agli inve¬ stimenti ed agli incentivi economici consentiranno di ottimizzare tutte le risorse. «Vi sono tutte le possibilità di migliorare i proventi derivati dalla pesca», aggiunge Garda, precisando che attualmente si aggirano su una media del 50 per cento del prodotto interno. Licenze di pesca, turismo, esportazione di prodotti ittici possono rendere di più e meglio. Il programma quinquennale proposto dalla Fao si concentra su sei settori, a partire dall'addestramento delle maestranze che dovranno far rispettare le regole. In primo luogo quelle che riguardano le direttive universali del Codice di condotta per la pesca responsabile, approvato alla Conferenza della Fao nel 1995. Una volta salvaguardati i vari aspetti della protezione e della gestione delle risorse ittiche, si potrà passare ai livelli successivi, spostando le attività di pesca verso il mare aperto nelle zone economiche esclusive e quindi alleviare il carico di pesca lungo le coste; proteggere l'ambiente e migliorare lo sfruttamento delle specie; migliore le tecniche di conservazione, la distribuzione e le reti di vendita, spesso colpevoli di dividere irrimediabilmente le piccole comunità di pescatori dai mercati dei più grandi centri urbani. Il programma non tralascia il problema della sicurezza dei pescatori e delle imbarcazioni. Il costo in vite umane è troppo alto e spesso rischia di crescere quando anche i soccorritori soccombono nel tentativo di portare aiuto. L'introduzione di regole é norme servirebbe a salvare molte vite ed a ridurre spese di denaro pùbblico che potrebbe essere investito nel settore industriale della pesca - inclusa l'acquacoltura - per renderlo più competitivo e più preparato alle richieste dei mercati internazionali. Forse, quando i progetti prenderanno u via, ciascun pescatore delle 36 isole potrà cominciare a guardare al futuro della proprio isola come al futurodel suo regno. Francesca Steinman
Persone citate: David Doulman, Francesca Steinman, Serge Garda
Luoghi citati: Cina, Cuba, Isole Marshall, Maldive, Papua Nuova
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