Un parco naturale tra Antartide e Sud Africa

Un parco naturale tra Antartide e Sud Africa Un parco naturale tra Antartide e Sud Africa TRA le seicento persone intervistate nella città di Johannesburg in Sud Africa, soltanto cinque sapevano dell'esistenza di uno stupendo parco naturale nelle isole Marion, che sorgono in mezzo all'oceano, tra l'Antartide e il Capo di Buona Speranza. Le scoprì nel diciottesimo secolo il francese Marion du Fresne, convinto di aver raggiunto il leggendario settimo continente. Era un vero paradiso terrestre per le foche, i leoni di mare e gli uccelli marini. E lo è tuttora, perché il clima rigidissimo e incostante, con bufere improvvise d'inaudita violenza rendono proibitivo qualunque insediamento umano. Dobbiamo a una coraggiosa spedizione scientifica sudafricana dati di estremo interesse sulla vita e il comportamento degli uccelli marini che vi nidificano, in particolare sui grandi albatri. Tre specie di Diomedeidi - è la famiglia a cui gli albatri appartengono - vengono a riprodursi nelle desolate lande delle isole Marion. Sono l'albatro fuligginoso del Sud (Phoebetria palpebrata), l'albatro dal cappuccio bianco (Diomedea caudata) e l'albatro dalla testa grigia (Diomedea chrysostoma). Ed ecco quanto gli studiosi hanno potuto osservare. Fra gli spasimanti che le si fanno attorno, è la femmina che sceglie il compagno. E' una scelta oculata perché tra gli albatri non esiste il divorzio. La coppia rimane unita vita naturai durante. E, per capirsi meglio, le nozze sono precedute da un lungo periodo di fidanzamento che può durare anche sei mesi, durante i quali i due volano appaiati sulle onde spumeggianti dell'oceano. Volano ad ali spiegate, scivolando leggeri nell'aria, veleggiatori superbi. Di tanto in tanto si tuffano e col becco adunco catturano pesci, calamari e altri animali marini. Mentre la femmina prolunga la sua vacanza sui flutti, rimpinzandosi di cibo e tesaurizzando riserve per la fabbricazione dell'unico grosso uovo che andrà a deporre, il maschio torna con incredibile fedeltà al luogo dove ha nidificato nella precedente stagione riproduttiva. E' sempre un luogo assai ventilato, dove lo impetuose correnti d'aria favoriscono il decollo di questi uccelli che in fatto d'apertura d'ali superano persino il grande condor delle Ande, raggiungendo nelle specie maggiori - l'albatro reale e l'albatro urlatore - tre metri e mezzo di larghezza. Una superficie enorme che non riuscirebbe a librarsi nello spazio senza il sostegno del vento. I nidi, costruiti dai maschi, sono terrapieni di forma cilindrica fatti di terriccio e frammenti vegetali. Una volta fabbricata la culla per l'uovo, o riattata quella della nidificazione precedente, il maschio attende la femmina. Lei giunge dal mare quando si sente pronta al connubio. Ma le nozze sono precedute da un rituale di corteggiamento che l'etologo Eibl-Ei- besfeldt ebbe occasione di osservare nell'albatro delle Galapagos. Una serie di danze sofisticate, di rotazioni del capo, di beccate e di strofinamenti reciproci. Uno scambio di segnali visivi che equivalgono a un dialogo di questo tipo: «Cerco moglie e tu?». «Anch'io cerco marito». «Ti va di metterci assieme?». «Perché no?». «Affare fatto». E i due si accoppiano. Dopo la fecondazione marito e moglie si separano per andare a nutrirsi in mare. Fatto il pieno, la prima che ritorna a terra è la femmina. E' giunto per lei il momento di deporre il grosso fardello che la appesantisce. L'uovo pesa circa 500 grammi e richiede un periodo d'incubazione lunghissimo, il più lungo che si conosca nel mondo degli uccelli: circa ottanta giorni. In questo periodo i genitori si sobbarcano a una stressante corvée. Si danno il cambio alla cova una volta alla settimana. Mentre l'uno cova, l'altro vola in mare a rifocillarsi. Nel momento in cui l'uno arriva dall'oceano e l'altro sta per spiccare il volo, breve intermezzo di carezze per rinforzare il legame di coppia. Si lisciano reciprocamente le penne e lanciano acute grida, quasi per infondersi coraggio l'un l'altro: «Ci vuol pazienza, abbiamo un figlio da allevare». Ma il peggio deve ancora venire. Quando finalmente, dopo alcuni giorni di vani tentativi, il piccolo riesce a rompere il guscio (lo aiuta lo speciale dentino che gli è spuntato alla sommità del becco ancora molle), è incapace di nutrirsi e dipende in tutto e per tutto dai genitori. E ce ne vuole perché diventi autosufficiente! Devono passare nove lunghi mesi. Nessun pulcino necessita di cure parentali così lunghe. Questo è il motivo per cui di solito gli albatri si riproducono ogni due anni. Solo nel caso che l'uovo venga distrutto o che il piccolo soccomba prematuramente, allora la coppia fa uno strappo alla regola e si riproduce l'anno successivo. Il piccolo comunque, se vivo e vegeto, va sfamato. Ed ecco che i genitori si sobbarcano a viaggi di centinaia o addirittura migliaia di chilometri per procurargli il cibo. Ogni pasto consiste in circa due litri di una sostanziosa zuppa a base di pesci e calamari, parzialmente digerita dall'adulto e rigurgitata nel becco del piccolo. Ma, data la lunghezza del volo di approwigio- I Diomedeidi hanno un'apertura alare enorme, fino a tre metri e mezzo namento, il pasto arriva solo ogni tre o più giorni. A sei settimane il giovanissimo albatro sembra un grazioso piumino da cipria. Ma la sua vita è soltanto una lunga attesa tra due pasti. Ben presto però impara a difendersi. In caso di attacco, lancia contro l'aggressore una speciale secrezione gastrica oleosa. E non appena il figlio impara a autodifendersi, i genitori lo possono lasciare più a lungo senza baby-sitter. Ma non possono ancora abbandonarlo definitivamente. Bisogna che prima impari a volare e a pescare da solo. Ed è un processo lentissimo. So¬ lo quando compie i nove mesi, il giovane albatro si cimenta nelle prime timide esperienze di volo.Così un bel giorno, preso il coraggio a quattro mani, l'uccello spalanca le ali e si accorge che miracolosamente l'aria lo sostiene. Così prova per la prima volta l'ebbrezza del volo. Sono incredibilmente confidenti i piccoli albatri delle isole Marion. Ma c'è poco da meravigliarsene. In un paese disabitato come quello, gli uomini non li conoscono ancora. Isabella Lattes Coifmann ¬ IN BREVE Centrali eoliche in Romagna e Toscana A San Benedetto Val di Sambro, è in fase di avanzata costruzione la centrale eolica di Monte Galletto - della potenza di 3,5 megawatt - costituita da dieci aerogeneratori Riva Calzoni. Analogo impianto è in costruzione in Toscana nel Comune di Montemignaio (Arezzo): cinque generatori per una potenza di 1,75 megawatt. Il potenziale eolico dell"Emilia Romagna è stato stimato in 100 megawatt, pari a una produzione elettrica di circa 200 mila megawattora l'anno. Dal punto di vista energetico la produzione potrebbe soddisfare la necessità di centomila utenze famigliari, con un risparmio di 44 mila tonnellate annue di olio combustibile. Economicamente vorrebbe anche dire un investimento di 200 miliardi, 1660 posti di lavoro in fase di realizzazione, e 1190 posti di lavoro/anno in fase di esercizio. La Riva Calzoni, azienda leader in Italia nella produzione di turbine eoliche, ha in avanzata costruzione altri tre impianti nel Sud: a Foiano (Salerno), Orsara (Foggia) e Vaglio (Potenza) che entreranno in funzione entro il '98. La potenza prevista in tutto è di 23 megawatt; l'investimento di 61 miliardi. Pesci tropicali nel Mediterraneo Pesci tropicali e subtropicali provenienti dalla regione del Marocco e sud-sahariana sono sempre più frequenti nel Mediterraneo. L'allarme è di Legambiente e segue quello lanciato dal ministro Ronchi sul rischio di tropicalizzazione dell'Italia. Le specie ittiche «alloctone migranti» rinvenute nel Mediterraneo sono oltre cento e tali da esercitare una pressione notevole sulle specie autoctone. E' un segnale, secondo Legambiente, della rapida modificazione delle condizioni generali del Mediterraneo, dovuta all'aumento di temperatura indotto dal cambiamento climatico e da altri fattori come l'inquinamento e l'eccessivo sfrut' tamento delle risorse ittiche.

Persone citate: Isabella Lattes Coifmann, Riva Calzoni, Ronchi