LE GIUSSANK di Oreste Del Buono

LE GIUSSANK LE GIUSSANK Come in casa di due sorelle milanesi nacquero Diabolik ed Eva Kent Le sorelle Angela e Luciana Glussani Lo strano caso di Angela e Luciana, terribili signore della buona società, totalmente estranee al mondo del fumetto ERTI gemellaggi, magari da qualcuno desiderati quasi sino al deliquio tra eroi d'un fumetto ed eroi di un altro fumetto, erano non solo sconsigliati, ma vietati con scandalizzata severità. Ne appresi qualcosa da uno dei diretti interessati a una finale di coppa dei Campioni MilanAjax disputata a Madrid. Era una notte fredda e nera e Madrid era più monumentale e funerea che mai. Eravamo arrivati tutti con l'aeroplano, tranne Gianni Brera che aveva fatto il viaggio in macchina con il barone Sansonik. Era stato un viaggio folle e memorabile e, infatti, Gianni Brera lo avrebbe annotato in data 2/6/69: «Damo di compagnia iL barone Sansonik, fiducioso come una suora di Arpino. Thermos con whisky e caffè; giornali; il primo romanzo ricavato dai prodigiosi fumetti delle sorelle Giussani...». Il barone Sansonik, in realtà, si chiamava Gino Sansoni e faceva il direttore di Forza Milan, l'addetto stampa e altro per i colori rossoneri. Ma la sua professione vantata era editore di fumetti. La sua casa editrice si chiamava Astorina per distinguerla da un'altra casa editrice Sansoni che, comunque, stava a Firenze e aveva differenti ambizioni e peso culturale dell'Astorina. In compenso, però, l'Astorina era la casa editrice degli albi di Diabolik che a quei tempi andava per la maggiore. mai tentato, anzi neppure pensato di scrivere una sceneggiatura. Erano due signore della buona società milanese, allora non ancora scomparsa, ed erano totalmente estranee al mondo del fumetto. Quasi senza fatica ne avevano percepito la caratteristica di im Il barone Sansonik era un entusiasta. Al Milan pare fosse approdato in modo singolare. L'Inter, sempiterna rivale del Milan, aveva avuto grandi successi nell'organizzazione dei suoi tifosi. I tifosi erano in continua crescita. Questi successi dei colori nerazzurri nella valutazione rossonera erano stati attribuiti alla sagacia di un onorevole missino ferreamente fedele al passato regime, Francesco Servello detto Franco. Così, al vertice del Milan si erano convinti che solo i fascisti potessero organizzare bene i tifosi, e non so in base a quali attestati e riconoscimenti federaleschi Gino Sansoni aveva avuto l'incarico in via Andegari. Fedele al passato regime lo era senz'altro anche lui, ma non ho l'impressione che abbia mai contato molto con i tifosi del Milan che hanno fatto sempre di testa loro. Dal 1962 il barone Sansonik, come mi raccontò in quella notte madrilena, vittoriosa per il Milan perché allora Pierino Prati segnava più goal di Johann Cruyff, si trovava ad affrontare una curiosa situazione. Lui stampava fumetti un poco di tutti i generi, ma il personaggio più celebre non era suo. Diabolik era delle sorelle Giussani, ovvero della moglie e della cognata. Del resto, era più che giusto perché Diabolik l'avevano inventato loro due. Angela e Luciana, partendo dalla lettura di alcune traduzioni dal francese di romanzi d'appendice, credo scoperte su una bancarella, e decidendo una volta per tutte della vita di Diabolik e della propria. Precedentemente, non avevano mai tentato, anzi neppure pensato di scrivere una sceneggiatura. Erano due signore della buona società milanese, allora non ancora scomparsa, ed erano totalmente estranee al mondo del fumetto. Quasi senza fatica ne avevano percepito la caratteristica di impegno artigiano, manuale, fisico e la possibilità impagabile di spingere all'estremo la propria fantasia. Non era davvero poco e il barone Sansonik se ne rendeva conto. Eppure lui nel 1965 aveva tirato fuori un personaggetto a fumetti che gli pareva davvero carino, appetitoso. Si trattava di Freda Garland, ricca, benestante, erede di una straordinaria fortuna lasciatale dal padre, ritenuto onestissimo, una vera perfezione di uomo, ma, in realtà, capo di un'organizzazione criminale che a un certo punto l'aveva fatto fuori. Per vendicarlo e tentare di riscattarne la memoria, la figlia operava come giustiziera con il nome di battaglia di Zakimort, Zakimort pensata da Pier Carpi e Michele Gazzarri (testi) e immaginata da Lino Brazzi e Pini Segna (disegni) giustiziava in calzamaglia nera, e, secondo il barone Sansonik, era adattissima a far coppia con Diabolik ugualmente calzamagliato in nero. Ma moglie e cognata sbarravano la strada a quella marcia nuziale. «Devo limitarmi a sperare che Eva Kant si faccia qualcosa», fu la conclusione dello sfogo del barone Sansonik. Ma fu probabilmente per questo che Diabolik si salvò allora e per il seguito dalla banalità. «Tra le molte ragioni per cui noi, poveri mortali, abbiamo il diritto di invidiare gli eroi a fumetti (quasi tutti, sia chiaro, ma uno in particolare) c'è il loro modo di vivere lo scorrere del tempo. O meglio di non viverlo», ha scritto uno dei più grandi, se non il più grande dei soggettisti storici di Diabo¬ lik, Mario Gemboli, nell'introduzione del catalogo della mostra «Strisce di storia, cronaca e costume degli Anni Sessanta attraverso gli occhi di Diabolik», presentata a cura di Patricia Martinelli, l'anno scorso. Quanti anni ha Diabolik! Letterariamente quasi trentacinque, certo. Ma «anagraficamente»? Osservando le prime immagini del Re del Terrore possiamo attribuirgli una trentina d'anni già nel '62. Eva era poco più giovane. Oggi lui è appena stempiato e nessuna rughetta disturba la serena bellezza della sua compagna. Come ha potuto, Diabolik, superare indenne le varie rivoluzioni politiche, l'invasione della subcultura della droga, i complessi di colpa per la fame del mondo e l'ecosistema in crisi? E ancora l'avvento del denaro elettronico, dei computer, della musica rap, di Bossi e Berlusconi?... Diabolik continua a rubare. Ma ruba con sempre maggiore cognizione di chi siano le sue vittime programmate, si potrebbe dire, con equità. A Clerville, regno di Diabolik, va come in Italia. Il fallimento di «Mani pulite», nonostante i suoi iniziali trionfi, ci ha dimostrato che nutrire illusioni di giustizia assoluta è deplorevolmente sbagliato. Il sistema che regge da sempre l'Italia è quello della corruzione diffusa. Si può solo, e quindi si deve, tentare di aggiustare questo sistema, smussando i torti peggiori e specializzandoci nel patteggiamento, cercando di ristabilire un minimo di equilibrio e un minimo di fiducia. Son passato a parlar, per così dire, di politica, perché tra le varie pubblicazioni di intrattenimento e varietà italiane il mensile di Angela e Luciana Giussani appare 2 più sensibile alle vicende nazionali e internazionali. Non a caso, si è puntualmente interessato alla rivoluzione del costume, studiando in particolar modo gli studenti, ha partecipato alle battaglie per il divorzio e l'aborto, intervenendo nella campagna radicale, ha fatto sua la protesta contro la violenza sulle donne, ma non ha trascurato neppure lo Diabolik in uno dei suoi famosi lanci di pugnale e (in alto) Eva Kent scandalo dei manicomi e delle carceri, le trame segrete e i tentativi di colpi di Stato, le rivolte metropolitane, i dirottamenti aerei, l'andamento del boom economico, la minigonna come simbolo, la pop art, la rivoluzione culturale in Cina, il problema del Terzo Mondo, lo sbarco sulla Luna e tanti altri fatti. E' sorprendente come il gran ladro si sia tenuto informato e pronto a sfruttare ogni situazione opportuna o a rimediare all'insipienza e alla malvagità altrui, realizzando il paradosso di un criminale che viene accolto bene e contro il quale pochi si sentono di reclamare. E allora vale la pena di seguire come si forma questo paradosso imperante. E non c'è nulla di meglio del recentissimo libro di Ma¬ rio Gomboli Diabolik uno strano soggetto «segreti, aneddoti, e curiosità: come nascono le avventure del Re del Terrore» (Sperling fr Kupfer editori, 1997): «Quando mi si è proposto di raccogliere in volume alcuni dei miei soggetti scritti per Diabolik» afferma Mario Gomboli «ho avuto non poche perplessità. Risultava difficile rintracciare la produzione più lontana nel tempo (ai tempi della "lettera 22" archiviare i lavori era ingombrante) e comunque non riuscivo a riconoscere un vero interesse "letterario" in testi nati solo come fase interlocutoria per un lavoro molto articolato. Invece, Luciana Giussani (Angela, purtroppo, non è più tra noi) e Patricia Martinelli (da trent'anni collaboratrice di Diabolik e oggi direttore della pubblicazione) mi hanno sostenuto che i miei soggetti (anche se scritti in modo discutibile) avevano comunque generato bellissime storie a fumetti (mirabilmente sceneggiate da loro)...». Oreste del Buono

Luoghi citati: Arpino, Cina, Clerville, Diabolik, Firenze, Italia, Madrid