EVITATE I «MATTONI» di Dario Voltolini

IL DELFINO E LA PAPERA TRA CUBA E SUDAMERICA IL DELFINO E LA PAPERA TRA CUBA E SUDAMERICA DELFIN DELFINERO Soledad Cruz Guerra Mondadori pp. 142 L 24.000 STORIE DEL BARRIO Judith Ortiz Cofer Mondadori, pp. 160. L 16.000 AMORE riscatta dalla povertà, da qualsiasi povertà: è salvezza, l'amore». Lo sguardo che ammicca da occhi a fessura, il volto disteso in un sorriso persistente Soledad Cruz Guerra, scrittrice cubana attualmente a Parigi quale ambasciatrice culturale presso l'Unesco, lo scandisce come chi racconta una conquista e una consapevolezza. L'amore «con il cuscino a forma di cuore» di De Gregori, l'amore «che strappa i capelli» di De André, l'amore «di emozioni che inebriano» e «di sentimenti che non durano per mancanza di fantasia, deU'immaginazione che ne è la linfa» aggiunge. Ma anche l'amore «degli "addio" e dei "benvenuto" che separano e avvicinano)): Adioses y Bienvenidas, insomma, come recita il titolo del romanzo di Soledad che ha appassionato Bianca Pitzorno. La quale ne ha fortemente voluto la traduzione italiana: Delftn Delfinéro, da lei stessa curato, con le piacevoli illustrazioni di Grazia Nidasio. Le piccole storie di Soledad Cruz Guerra: «Vamore itt il d d E' difatti un delfino l'amico immaginario, il confidente della dodicenne Maria Candela che, pur abitando su un'isola, il mare e la sua fauna li ha soltanto visti sui libri. «Controfigura» dell'autrice, anche Maria Candela è di Cuba, un Paese «dove si vive tra difficoltà immense, che tuttavia non hanno sbriciolato la speranza. Cosicché, a differenza degli europei, i cubani sanno ancora sorridere» dice Soledad. «Ovviamente» protagonista di una limpida, avvincente storia d'amore, Maria Candela. Gliela offre Enrique, un compagno di scuola che a diciassette anni ha già in mente il matrimonio, con una donna che faccia bene i lavori Le piccole storie di Soledad Cruz Guerra: «Vamore riscatta il mondo da qualsiasi povertà» di casa e che si dedichi a un pallottoliere di figli. / La ragazzina «Ci capisci qualcosa, mio bel delfino?», tentenna. Perché per lei, come per Soledad appunto, l'amore è scommessa e riscatto e avventura, non quotidianità per copia conforme. E anche se quando Enrique le si avvicina «le guance mi bruciano, come se stessi soffiando sulle braci del focolare e sorgesse inaspettatamente una fiammella», Maria Candela rinuncia. Dapprima tor¬ mentata poi, complice la prima corsa a perdifiato verso il mare «macchia di colore azzurrognola, dell'esatta sfumatura contro cui si stagliava il delfino della mia infanzia», con la gioiosa certezza di avere fatto la scelta giusta. Perché l'amore è, certo, donazione di sé. Però prima ancora è ricerca di sé, crescita per sapersi e per essere. Non è soltanto l'avvolgente Delftn Delfinéro il Festival Latinoamericano messo in pagina dalla Mondadori. Storie del barrio, della portoricana Judith Ortiz Cofer, narra vicende di ragazze e di ragazzi immersi nella atmosfera del quartiere, degli immigrati portoricani. Di quel barrio, appunto, dove cocciutamente si coltivano rituali e tradizioni di una terra ormai lontana, che stenta a ricavarsi un cantuccio di persistenza perfino negli anfratti in ombra della memoria. La scrittura tersa e calamitante di Judith rende assai bene il lento dipanarsi delle giornate del barrio al ritmo della salsa, mentre Anita e gh altri proagonisti cercano di dilatare le maglie di consuetudini che a loro vanno decisamente strette. Non possono difatti accettare che un'uscita da innamorati sia possibile «solo se i genitori sono stati compagni di classe e tutti sanno tutto di tutti». Né che per fugare una mala influendo si chiami lo stregone, o che leggere poesie sia, per i ragazzi del barrio, una «specie di atto contro natura». Così proprio dalla poesia innestata in uno spettacolo teatrale della Compagnia del Barrio, fondata da Anita & Complici, i ragazzi troveranno l'agognato riscatto dall'insopportabihtà di quella vita in cui non riescono a riconoscersi. E' affascinante La vera storia del Pifferaio di Hamelin (pp. 48, L. 10.000), raccontata ai bambini dal colombiano Alvaro Mutis e illustrata da Adelchi Galloni. Una fotocopia dell'orco delle fiabe classiche, il ciabattino Hans che, non sopportando i bambini, li mette nel forno «facendone dei minuscoh carboni cilindrici». Una vera chicca, infine, La palla innamorata (pp. 46, L. 10.000) del portiere Paperella, narrata ai più piccoli dal brasiliano Jorge Amado e illustrata da Antongionata Ferrari. Una Buca-Reti che beffa i migliori portieri, quella palla, che si prende però una cotta proprio per «la schiappissima Paperella». Da allora chiunque la calci non riesce più a segnare, perché Buca-Reti vola ad accoccolarsi tra le braccia del suo Paperella, fino a quando «si sposarono e vissero febei e contenti» lontano dagli stadi. [f. a.] EVITATE I «MATTONI» Se la scuola si aggiornasse TEMPO fa mi trovavo in una libreria del paese vicino a quello dove risiedevo. Quest'ultimo paese, infatti, non ha una libreria: qualcosa si trova dal giornalaio, qualcosa dal fotografo. Dunque, stavo curiosando tra gli scaffali quando una voce di donna catturò la mia attenzione. Alla cassa una signora stava dialogando con il libraio. Aveva in mano un foglietto di carta. Alle sue spalle c'erano due ragazzi, uno con l'aria mesta e colpevole increspata però da un sorrisetto di circostanza, l'altro, più discosto, sereno e beato con il suo volumone di Dylan Dog in mano. La signora (una zia? una nonna?) brandiva il foghetto come fosse un documento legale: «Mi dica lei come devo fare per farlo leggere!», si lamentava col libraio parlando del ragazzo mesto. «Ho qui l'elenco dei libri che deve leggere per la scuola. Almeno due a scelta tra questi. Mi consigli lei, basta che non siano due mattoni!». Nel frattempo mi ero avvicinato e avevo sbirciato sul foglietto. Scarabocchiati con mano nervosa di traverso alle righe da pagina d'agenda intravidi i nomi di alcuni autori, e alcuni titoli: Battaglia Ghinurg, Il lessico famigliare; Primo Levi, Questo è un uomo; Pavese, Il Leuco. E anche altri titoli e nomi corretti, bisogna dirlo. «Purché non siano due mattoni». La frase restava sospesa nell'aria della libreria. «Non legge niente. Niente! Lo sa?», disse la signora. Il ragazzo si contorceva, ma con discrezione. A un certo punto guardò con invidia il volumone in mano all'amico. «Se almeno mi davano da leggere Dylan Dog, io lo leggevo!» dichiarò sentendosi costretto a dire la sua. Insomma, vennero finalmente acquistati due libri, naturalmente due mattoni, poiché il mattone sta nella testa di chi lo riceve più che nelle cose stesse. Cioè: qualunque libro di quella lista, per un lettore così, è un mattone. Pensavo: naturalmente la scuola deve proporre certi libri, validi in se stessi, come lettura. Sapendo che quel tipo di lettore leggerà uno o al massimo due libri all'anno e solo se obbligato, spara titoh di intenso valore. Certo non illudendosi di educare alla lettura. D'altra parte, come educare alla lettura, se non blandendo il gusto del pubblico da conquistare? Ma anche questa considerazione mi lasciava perplesso. Perché mai, infatti, il ragazzo accusava la scuola di non obbligarlo a leggere Dylan Dog? Chi gli impedisce di leggere u benemerito fumetto? Perché non se lo compra per conto suo? E poi pensavo: magari Stephen King è un autore che potrebbe accalappiare l'attenzione di quel ragazzo. Qualcuno dovrà proporglielo, però. Chi? La scuola, bruciandosi così una delle due carte annuali che ha in mano? Il libraio? Ma King è uno che si vende da sé, forse non viene neppure in mente di consigliarne l'acquisto. La zia (la nonna), che nemmeno sa di cosa si sta parlando (e non è tenuta a saperlo)? Quando la signora e i due ragazzi se ne furono andati, scambiai due chiacchiere con il libraio, su queste cose. Supponiamo, dissi, che a quel ragazzo i libri di Ammaniti, Evangelisti, o Brolli possano piacere molto. Si tratta di buoni libri, che ti prendono, che non possono passare per «mattoni». Poi magari quel ragazzo, leggendoli, si affezionerebbe all'idea che nei libri si può trovare di tutto, magari cercherebbe altri libri sapendo che non necessariamente un libro è un mattone. E piano piano, ma irresistibilmente, la sua stessa sensibilità ai mattoni cambierebbe: sempre meno sarebbero i libri che egli percepirebbe come mattoni. Ma intanto se ne erano andati. Il libraio non li aveva consigbati. Io nemmeno. I giornali parlano di libri quasi solo dove si parla di libri (e sono luoghi del giornale che chi non legge libri salta al volo). La televisione, lasciamo perdere. Dunque: è vero che in Italia si legge poco. Ma è anche vero che se il potenziale lettore venisse raggiunto dalla notizia che esistono libri che potrebbero piacergli (a lui, non a tutti), la fascia di pubbuco non potrebbe che aumentare. Magari di poco. Certo non diminuirebbe. Al libro fa male apparire come un oggetto indistinto: nessun film è pubblicizzato solo in quanto film. Se è un film horror, io lo vengo a sapere. Se è comico, lo stesso. Se è tratto da un romanzo dell'Ottocento (un mattone), anche. Il libro no: il libro è cosa buona e giusta in quanto tale, o noiosa e indigesta in quanto tale. Che ne è della straordinaria varietà che questa singolare merce sa mettere a disposizione del lettore? Per conto mio, tornai al paese senza librai e dal fotografo acquistai due madornali Spillane, introvabili ormai nelle librerie, che sono posti contro cui i libri rimbalzano verso l'oblio. Stephen King Dario Voltolini Stephen King

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