LO STATO CRIMINALE DAGLI ARMENI A POL POT

LA RIVISTA LA RIVISTA LO STATO CRIMINALE DAGLI ARMENI A POL POT A Norimberga si disse «maipiù», ma questo è il seguito za di Berlino del 1878, con i calcoli della Realpolitik, l'incapacità di imporre riforme e gli interventi umanitari, già allora oggetto di strumentalizzazione da parte dei più prepotenti, aumentò, anziché diminuire, la vulnerabilità degli armeni. di Angelo d'Orsi GIUNTA al 38° anno Studi storie/ è sicuramente fra le più prestigiose testate della ricerca storica in Italia. Diretta da Francesco Barbagallo, «primus inter pares» in un largo comitato direttivo, la rivista si vale di un ampio consesso di studiosi di formazione in senso lato o latissimo, «marxista». L'ultimo fascicolo (1/97, pp. 304, L. 25.000) presenta una novità di tutto rispetto: degli inediti di Jacob Burckhardt, in occasione del centenario della morte ( 1896). Presentati da uno dei suoi massimi studiosi, Maurizio Ghelardi. questi testi ci confermano che lo storico svizzero-tedesco innamorato della civiltà greca e del nostro Rinascimento, pur essendo l'autentico inventore della storia della cultura, fu assai di più: fu uno storico a tutto campo e, insieme, un originale filosofo della storia. Accanto ai testi di Burckhardt e ad un prezioso saggio di Marc Sieber sulla storia delle edizioni burckhardtiane, la rivista propone una ricca messe di contributi su argomenti diversi (dalla storia della scienza del Seicento a quella della polizia italiana tra liberalismo e fascismo) in grado di appagare curiosità e interessi diversi. STUDI DI GEOPOLITICA «1992-1994» Carlo Maria Santoro Giappichelli pp. 293 L. 39.000 LE RELAZIONI INTERNAZIONALI Cinque secoli di storia: 1521-1989 Luigi Bonanate, Fabio Armao, Francesco Tuccari Bruno Mondadori pp. 270 L 32.000 za di Berlino del 1878, con i calcoli della Realpolitik, l'incapacità di imporre riforme e gli interventi umanitari, già allora oggetto di strumentalizzazione da parte dei più prepotenti, aumentò, anziché diminuire, la vulnerabilità degli armeni. STUDI DI GEOPOLITICA «1992-1994» Carlo Maria HE i confini tra le comunità politiche come detentrici del monopolio della violenza e le bande di briganti siano stati nella storia sempre labili è esperienza di antichi e moderni, di realisti e moralisti (Sant'Agostino meglio di altri ha saputo illustrare, nel De Civitate Dei, questa contiguità: «Togliete la giustizia, e cosa sono i regni, se non grandi brigantaggi?»), ma nel secolo XX - il secolo che ha raggiunto i vertici nell'edificazione dello Stato di diritto e della democrazia costituzionale questa verità ha conosciuto le conferme più sconvolgenti. Anche sotto questo profilo il Novecento è stato il secolo degli estremi. E non è finito, né è stato un secolo breve. Il diffondersi di massacri genocidari in molte parti del globo e il ritorno di condizioni favorevoli a regimi totalitari sembra piuttosto indizio del fatto che esso voglia prolungarsi nel futuro reiterando 'e sue aberrazioni. Sta per dischiudersi una nuova età di odi razziali, di deliri etnici e religiosi? Mai come ora, del resto, la criminalità organizzata era riuscita a infiltrare le istituzioni di interi Paesi e a diventare la spina dorsale di potenti formazioni economiche e politiche. Potenziando il viluppo di corruzioni e concussioni, omertà e ricatti, stiamo entrando in un'epoca in cui anche i vecchi Stati giacobini (secondo la definizione di Giulio Tremonti nel suo recente Lo stato criminogeno) stanno cedendo il campo ai magna latrocinio, alla macrocriminalità organizzata e diventata sistema? Saranno i grandi Stati criminali a trarre i maggiori profitti dalla competizione selvaggia dei prossimi decenni? Il volume di Yves Ternon, un chirurgo francese che dal 1965 si è dedicato con passione alla ricerca storica sui crimini collettivi perpetrati nell'età contemporanea, soprattutto quelli che ebbero per vittime gli armeni (su cui ha scritto altri libri) e gli ebrei, si concentra sulla prima di queste dinamiche dello Stato criminale del XX secolo: la sua propensione a diventare centro propulsore ed esecutore di persecuzioni e genocidi (dalla Turchia dei nazionalisti alla Germania nazista all'Unione Sovietica staliniana alla Cambogia di Poi Pot). Il lavoro offre un'ampia sintesi della letteratura sotto il profilo storico, giudirico e psico-sociologico, analizza le logiche persecutorie, dal punto di vista degli esecutori e delle vittime, combinando il rigore dello studioso con l'impegno di chi vuole mettere in guardia dai revisionismi vecchi e nuovi, che issano le bandiere del nazionalismo e lavorano all'ignobile causa della depenalizzazione dei crimini contro l'umanità. Il prototipo dei genocidi del secolo è quello armeno, un crimine collettivo voluto e pianificato fin nel dettaglio dai Giovani Turchi la cui ideologia era un misto di esasperato nazionalismo irredentista e di razzismo (il turanismo) , ma attuato non senza responsabilità occidentali. Ancora oggi si possono trarre lezioni da quella tragica vicenda, che costò la vita forse a un milione e mezzo di armeni, deportati con intenti sterminatori da un capo all'altro del Paese. La politica delle potenze europee, a partire dalla conferen- Accanto ai grandi"genocidi che hanno segnato di più l'autocoscienza dell'occidente, il volume raccoglie preziosi dossier (asiatici, africani, americani) su quelle situazioni di «massacri genocidari» che l'occidente avrebbe voluto e vorrebbe poter ignorare. Un tema che pone dolorosamente la questione delle prospettive della prevenzione e dell'interventismo, su cui continuiamo a coltivare illusioni. In realtà abbiamo generato quell'ircocervo che è l'intervento militare umanitario, destinato ad essere inefficiente sotto il profilo militare ed esposto, come le recenti cronache documentano, al rischio di abusi e deviazioni sotto quello umanitario. Il bilancio degli sforzi intrapresi nel secolo dei grandi genocidi per impedire il loro ripetersi non Poi Pot è confortante e l'autore ha l'onestà di ammetterlo. «Gli armeni sono stati dimenticati. Non si era capito quello che le prime misure discriminatorie prese contro gli ebrei tedeschi significavano. E ci fu il genocidio degli ebrei. Mai più, avevano chiesto i superstiti. «Nuovi statuti e nuovi tribunali sono stati approntati contro i crimini più recenti, ma i grandi criminali di guerra continuano a perseguire i loro loschi traffici ostentando la loro impunità. Anche il diritto, nonostante tutti gli sforzi, appare sempre più incapace di arginare la piena del crimine». Mai più, avevano promesso i giudici di Norimberga. E ci fu il genocidio cambogiano. C'era stato il Burundi. Si riproposero gli stessi pregiudizi razzisti e ci fu il Ruanda. E' necessario sapere, si disse quando ci si accorse dei danni dell'ignoranza. E ci fu la Jugoslavia, dove si sapeva. L'informazione non argina la piena del crimine» (373). Nuovi statuti e nuovi tribunali sono stati approntati contro i crimini più recenti, ma i grandi criminali di guerra continuano a perseguire i loro loschi traffici (hanno soltanto, per ora, cessato di seviziare e di uccidere) ostentando la loro impunità. Anche il diritto, nonostante tutti gli sforzi, appare sempre più incapace di arginare la piena del crimine. Pier Paolo Portinaro