IL POETA E I VANGELI di Maria VenturiGiovanni Tesio

INTERNET INTERNET Toulouse Lautrec Mario Luzi IL POETA E I VANGELI Il cristianesimo di Luzi Maria Venturi di Federico Peiretti Toulouse Lautrec IL MoMA, il Museo d'Arte Moderna di New York, ha in programma una grande mostra dedicata ad Alvar Aalto, il celebre architetto finlandese, in occasione del centenario della sua nascita. Una mostra impegnativa che intende presentare tutti i lavori, disegni e modelli, di uno dei massimi architetti del nostro secolo e che sarà inaugurata nel febbraio del 1998. Lo abbiamo scoperto curiosando fra le pagine web del MoMA che fra le tante iniziative, espone in questi giorni le opere di Willem de Kooning, mentre a giugno ha in calendario un'altra mostra interessante: «Pangi/The I890s», un ritratto di Parigi fin-de-siècle vista da artisti quali Bonnard, Renoir, Signac e Toulouse Lautrec. Il sito del MoMA è molto curato ed è in questo periodo uno dei più frequentati secondo le classifiche stilate dai browser o «programmi di navigazione» più popolari. La sua grafica e attraente e consente una visita completa al museo che conserva nelle sue sale capolavori come Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, La notte stellata di Van Gogh o Le ninfee di Monet. Il MoMA possiede inoltre una ricca collezione di fotografie e di film (sono 14 mila le pellicole della cineteca del museo). In questo periodo sono esposte le opere del grande fotografo messicano Manuel Alvarez Bravo ed è appena terminata una personale di Rainer Werner Fassbinder. «cuore, anima e motore del nuovo cinema tedesco» come viene definito nella presentazione. Ogni sala ed ogni iniziativa del museo, gli incontri con gli artisti, i convegni, i corsi di storia d'arte moderna, le serate jazz, le proposte per le scuole, sono ampiamente documentati su Internet. Le immagini e i documenti disponibili consentono di avere un panorama completo dell'attività del MoMA permettendoci anche di entrare nei suoi ristoranti, per curiosare fra i vari menu d'autore, oppure di girare nel «MoMA Store», dove si trovano le pubblicazioni del museo, i poster e tutta una serie di oggetti dal design esclusivo, orologi, giocattoli, ombrelli e accessori vari che possiamo acquistare direttamente, a ricordo della nostra visita virtuale. http:llwww.moma.orglmenu.html I GIORNI E L'AMORE Le donne della Venturi LA PORTA DEL CIELO Mario Luzi Piemme pp. 168 L. 30.000 LA PORTA DEL CIELO Mario Luzi Piemme pp. 168 L. 30.000 UANDO nasce il desiderio di comunicare M A qualcosa di una vita di contemplazione, il Ett H poeta, fra tutti gli uomini, è il meno sprov1 < I I visto di mezzi per esprimere l'mesprimibiO I le». Queste parole di Thomas Merton, moH naco e poeta, mi tornavano alla mente legBf gendo le conversazioni tra Mario Luzi e V WS Stefano Verdino, esperto di letteratura e ^ W appassionato conoscitore dell'opera del \f poeta toscano. Esprìmere l'inesprimibile li non è risultato alla portata di tutti, eppure è anelito che abita ogni uomo che non trascuri la propria dimensione interiore. Ed è un desiderio di comunicazione, di trasmissione da qualcosa che si è intuito, che anima ogni poeta: quasi un'incapacità fisica a trattenere per sé la minima scintilla di energia vitale. Queste sette conversazioni - che abbracciano un arco di altrettante «giornate» - e le tre «riflessioni» scritte in altre occasioni e qui raccolte per attinenza con le tematiche affrontate, non ci parlano tanto dell'opera poetica di Luzi (le rare e preziose citazioni di sue poesie sono dovute all'interlocutore) quanto di ciò che le ha dato origine: un umanissimo impasto di realtà quotidiane, di volti e letture, di gioie e dolori, di silenzi e parole. Ci imbattiamo così nella tenera, paziente e risoluta fede di Margherita Papini, la madre di Luzi, e nell'appassionato e critico radicalismo evangelico di don Fiori, un prete capace di dialogo franco ma anche di celebrare in modo tale che «nelle sue funzioni avvertivi che il cristianesimo avveniva, in modo inesauribile». Oppure siamo attratti da pagine profonde sul rapporto tra silenzio e parola, «questo silenzio che si sente» e che ci ricorda che «va preservato il diritto divino dell'ineffabile: c'è qualcosa che non si può dire con parole e che però fa parte di un linguaggio più vasto perché il Vangelo non è solo verbale». E come non restare colpiti da lampi di comprensione spirituale di alcune pagine o figure evangeliche, in particolare dell'opera di Luca, il Vangelo più amato da Luzi da quando lo frequentò con intùito coinvolgimento per correggerne e soppesarne la traduzione italiana ufficiale? In particolare la chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù ha per Luzi un fascino quasi violento: «la forza di trascinamento di quel "seguimi" è formidabile», afferma, e più avanti annota ancora: «la vittoria (di Gesù) è immediata e qualche volta assomiglia a una rapina, perché effettivamente porta via le persone, porta via dietro di sé i titubanti, oppure gli incerti, senza dare respiro». O ancora l'evocazione della Cena di Emmaus, in cui la sensibilità poetica e cristiana di Luzi si sposta dal Gesù seduto a tavola con i due discepoli agli interrogativi brucianti dei tre pellegrini: «Il viandante che non si fa riconoscere e si dissimula, ma che però inquieta lo stesso... E' questo episodio postumo che mi tocca di più del Cristo che entra in casa degli apostoli, lì non vi è il divino indicibile del compagno di viaggio di Emmaus. Il divino che non ravvisi, però avverti». Sì, avvertire il divino, anche senza ravvisarlo, far silenzio di fronte all'indicibile ma rendere eloquente il silenzio stesso: di questo sono capaci alcuni, rari, poeti come Luzi. Cercare sempre un nome nuovo scritto sull'altra faccia delle cose, non stancarsi di scovare la bellezza, trama e ordito di ogni realtà: questa è arte che può sgorgare grazie a una fede profonda, e questa è poesia: «Il Vangelo è poesia esso stesso nel senso óìpoiesis che crea l'esigenza di pensieri, crea pensieri nuovi, esalta l'esistente e l'essente nello stesso tempo». Sovente mi son chiesto, con una sorta di nostalgia, perché sono così pochi i cristiani che sanno cantare il loro silenzio, che sanno dare parole al loro ascolto, che sanno prestare voce alla loro paziente e stupita indagine su ciò che il mondo ignora di se stesso. Luzi è uno di questi pochi. Enzo Bianchi IL RUMORE DEI RICORDI Maria Venturi Rizzoli pp.212 L. 24.000 IL RUMORE DEI RICORDI Maria Venturi Rizzoli pp.212 L. 24.000 SPESSO la vita è una continua fuga verso nuove prospettive, alla ricerca di amori giusti che non sono mai tali o di -stati d'animo che non si rivelano affatto quelli adatti alla pace interiore. Intanto il tempo passa e, anziché aumentare e concretizzarsi, le conferme vengono meno, fino a quando i bilanci risultano deprimenti al punto da decidere che tutto è stato un fallimento. La vita comune, con le sue ansie e i suoi problemi, fa parte da sempre della narrativa di Maria Venturi, che dalle pagine delle riviste fenmiinili da lei dirette o alle quali ha collaborato, è venuta in contatto con tutte le magagne che si portano appresso casalinghe frustrate e donne in carriera, amanti deluse e mogli trascurate, madri apprensive e fighe in fermento. Nei suoi romanzi - La storia spezzata, In punta di cuore - i modi d'essere della nostra quotidianità diventano le caratteristiche essenziali dei personaggi, che simboleggiano difetti e qualità - spesso portati all'eccesso - dei nostri anni più o meno recenti. L'amore, ovviamente, è il centro pulsante di queste vicende, che sfiorano la semplicità dei valori essenziali mirando a lasciare messaggi concreti, non privi di una sostanziale fiducia nell'umanità. In questo nuovo racconto, come sempre svelto e lineare, la Venturi ha gravato di pesanti negatività da manuale la sua protagonista. Giunta a trentott'anni con due divorzi alle spalle, una figlia adolescente e un piccolo cileno in affidamento, l'irrequieta rossa Linda Parodi è un vulcano di occasioni mancate. Impiegata in mi'agenzia immobiliare di Milano, divide il suo tempo frenetico tra figli, lavoro e amori sbagliati, il tutto all'insegna di un disordine che più «casual» non si può. A trent'anni Matteo Morelli è invece un saggio uomo d'affari che prende in mano l'eredità patema dell'agenzia ed entra in contatto con l'inquieta bellezza della sua dipendente. Abituato ai ritmi pacati di un elitario benessere borghese, Matteo si lascia coinvolgere nella vita di Linda, che si rivela una attenta collaboratrice e, complice un viaggio di lavoro ad Antibes, succede il patatrac fra le lenzuola. Giornate spensierate, amore senza fine, prospettive d'assoluto: Matteo si prende carico di Linda e della sua ingombrante famigha, con tutto l'entusiasmo possibile. M l là è l pMa la realtà non è solo fatta di coccole e cenette. I problemi aumentano, Carlotta - la figlia di Linda - va a vivere col padre, il piccolo Francesco rischia di essere allontanato, il disordine domestico-esistenziale di Linda si rivela insostenibile per il quieto e ordinato Matteo. La seconda parte del romanzo - veloce e scorrevole - scivola verso l'inevitabile crisi che porterà i due alla rottura. Linda cambia lavoro e Matteo ricomincia a frequentare le piste da sci e le leggiadre fanciulle del suo bel mondo, facendo la felicità della madre, che non aveva mai visto di buon occhio l'unione con quella donna «anziana» e inaffidabile. Ma a tutto, volendo, c'è rimedio... Castellato di luoghi comuni - quelli che, inutile negarlo, ci portiamo appresso nella vita quotidiana - il romanzo è leggero e spumeggiante, estivo al punto giusto da essere sorseggiato sotto l'ombrellone, ma denso altresì di. piccoli messaggi positivi. Il rosa sfumato delle sue intenzioni riflette l'essenziale tocco femminile della narrativa di Maria Venturi, che scrive di donne e soprattutto per le donne, sa raccontare ma anche suggerire quelle sostanziali risposte che ognuno di noi si aspetta, quando anche le più banali giornate sembrano un percorso di guerra. Leggero e godibile, il romanzo fa parte di quell'ampia schiera di libri che vendono bene, ma dei quali poco si parla: non ci sarà molta letteratura con 1 iniziale maiuscola, ma c'è tanto più di vita, normale, banale, «quotidiana». Di tutti. UN INCESTO PER LA CARDELLA Sergio Pent DETESTO IL SOFT Lara Cardella Rizzoli pp. 159 L. 22.000 DETESTO IL SOFT Lara Cardella Rizzoli pp. 159 L. 22.000 ERDA d'uomo che mi stai di fronte, davvero non riesci a vedere oltre il mio sorriso finto, molto soft?». Che dire allora di un posto «decisamente molto soft» dove una donna che il soft lo detesta stia giocando al rituale di una seduzione tutta scontata? Forse che è opportunista, probabilmente che è contraddittoria, certo che è sdoppiata. La protagonista dell'ultimo romanzo di Lara Cardella, Detesto il soft è fatta così. Si chiama Linda ma ha una coscienza torbida e pensa pensieri diversi dai gesti che fa o che si lascia fare, dalle parole che dice o che si lascia dire. Vuole essere sempre padrona delle sue facoltà, ma non può esimersi dalle dichiarazioni più disarmate: «La mia pri¬ Ù ifi l'iià d ppgione è Ù non rifiuto, l'incapacità di dire no, ho paura e sto davvero male». TTentacmque anni, vedova di un marito a cui a tratti ripensa, famiglia di borghesia medio-alta con pedigree nobiliare per parte di padre, ha una sartoria di alto livello in un «paesazzo di trentamila anime», vive rapporti usa e getta, fa una vi¬ ta insulsa e convulsa e dorme nel letto con il figlio con cui ha in sogno legami incestuosi. E' lei, in prima persona, a raccontare se stessa, le sue azioni, i suoi pensieri, le sue contraddizioni, le sue confusioni, la scorza dura che occulta vuoti di debolezza in¬ colmabile. Confessioni, autodefinizioni, pensieri, accuse, memorie, domande, rozzi tentativi di spiegazioni si consumano in una mescolanza di fatti e di pensieri aggrovigliati. Presente e passato si accavallano in uno scenario di estraneità. Nel suo passato, che narrativamente si dipana per frammenti e sprofondamenti, c'è soprattutto un padre duro e conformista e c'è un trauma - un atto di violenza sessuale -, che non a caso diventa il nucleo di condensazione di una violenza più sottilmente e remotamente patita. L'amore che Linda sogna di fare con il figlio altro non è che l'estremo risarcimento di una lontana ferita. La Cardella abbandona la protesta più diretta e scoperta per affidarsi ad una protesta più indiretta ma anche più alta, com'è del resto soprattutto improrogabile per chi, come lei, corra ancora oggi, nonostante i romanzi successivi, il rischio di restare attaccata al pesante fardello di un esordio molto fortunato. Ma un tema come quello dell'incesto, pur opportunamente ridotto di proporzioni e di linguaggio, limane un tema ingrato e difficile, che qui riesce a dare appena qualche barbaglio. Giovanni Tesio »

Luoghi citati: Antibes, Milano, New York, Parigi