«Oro ebraico anche in Vaticano» di Franco Pantarelli

Inchiesta tv con un (vago) documento Usa del '46. Clinton: indaghiamo Inchiesta tv con un (vago) documento Usa del '46. Clinton: indaghiamo «Oro ebraico anche in Valicano» Navarro: accusa assurda NEW YORK NOSTRO SERVIZIO L'oro che i nazisti tolsero agli ebrei all'epoca dello sterminio non finì tutto in Svizzera, una parte di esso fu depositata nelle casse del Vaticano e forse vi si trova ancora. Lo dice un documento scoperto da due ricercatori del canale televisivo americano A 6-E (Art and Entertainment) mentre stavano lavorando a un documentario sulla vicenda. H Vaticano ha subito smentito, con il prevedibile sdegno, sostenendo per bocca del suo portavoce, Joaquin NavarroValls, che «non ci sono basi nella realta». Ma i due ricercatori, Stephen Crisman e Gaylen Ross, si dicono sicuri di ciò che hanno trovato, anche se non hanno fatto in tempo a inserirlo nel loro documentario (la sua messa in onda con il titolo «Denaro insanguinato: l'oro nazista della Svizzera» è prevista per sabato) perché il documento in questione è spuntato fuori quando il loro lavoro era già stato montato. Di che si tratta? Di una «comunicazione interna» del dipartimento del Tesoro americano rimasta sepolta per oltre 50 anni. La comunicazione porta la data del 21 ottobre 1946 e in essa l'agente del Tesoro Emerson Bigelow informa il suo superiore Harold Glasser, direttore del reparto «Monetary Research», sul destino che hanno avuto 350 milioni di franchi svizzeri, in gran parte in monete d'oro, che al momento del crollo del nazismo si trovavano ancora nelle mani degli «ustascia», il movimento fascista di Ante Pavelic che fino a quel momento aveva controllato la Croazia. L'obiettivo degli ustascia, spiega Mister Bigelow al suo direttore, era di far arrivare quel tesoro in Svizzera, ma al momento di attraversare il confine con l'Austria quelli che lo portavano sono stati intercettati dalle truppe inglesi. Per ragioni non chiare, però, solo una parte del loro carico - del valore di 150 milioni di franchi - è stata confiscata dalle truppe di Sua Maestà. Che fine hanno fatto i restanti 200 milioni? Sono finiti in Vaticano, afferma Bigelow nella sua comunicazione. Lo sa perché glielo ha detto «una fonte affidabile in Italia». E' proprio sulla vaghezza di questa indicazione che il Vaticano basa la sua smentita. «Anche se quella fonte è davvero esistita - dice il portavoce Navarro-Valls - rimane non identificata e di dubbia autorità». Ma chi potrebbe essere stato a fornire al funzionario americano un'informazione simile? Secondo gli esperti consultati dall'Associated Press, cui il documentarista Gaylen Ross ha fornito una copia del documento, ci sono buone probabilità che si tratti dell'Oss, cioè il servizio segreto americano che poi sarebbe diventato la Cia. A quegli esperti infatti risulta che in altre comunicazioni simili lo stesso Emerson Bigelow fa riferimenti espliciti all'Oss, denotando quindi come minimo una certa familiarità con i suoi agenti, con i quali è logico che all'epoca ci fosse una collaborazione costante. Ciò che dal suo vecchio testo appare chiaro, comunque, è che l'agente del Tesoro americano non mostra di nutrire nessun dubbio sull'esattezza dell'informazione ricevuta. Mentre infatti riferisce del denaro finito in Vaticano come di un dato di fatto, si mostra alquanto scettico sulle voci, che evidentemente in quel periodo circolavano, secondo le quali una parte consistente di quei 200 milioni di franchi era poi stata trasferita, attraverso i «canali» vaticani, in Spagna e in Argentina, cioè i due Paesi in cui i capi degli ustascia in fuga trovarono rifugio. Secondo Bigelow quelle voci erano «una cortina di fumo per coprire il fatto che il tesoro è rimasto nel suo originario rifugio». Sulla questione è intervenuto lo stesso Clinton. «Tutto ciò che so - ha detto con prudenza - è che da qualche parte negli archivi del governo c'è forse un documento che potrebbe gettare qualche luce su questa faccenda». Poi ha aggiunto: «Il dipartimento del Tesoro mi ha assicurato che gli storici stanno vagliando tutti i documenti. Renderemo note tutte le informazioni che abbiamo e ci faremo guidare esclusivamente dai fatti». Alla valutazione odierna, quei 200 milioni di franchi svizzeri equivalgono a circa 170 milioni di dollari, cioè più o meno 300 miliardi di lire, ai quali vanno aggiunti gli interessi maturati in questi 50 anni. Franco Pantarelli Il comandante degli «ustascia» croati Ante Pavelic