Levy-Arafot pace europea di Cesare Martinetti

Il leader palestinese chiama «cugino» il ministro degli Esteri BRUXELLES Il leader palestinese chiama «cugino» il ministro degli Esteri Levy-Arafot, pace europea La Ue riapre il negoziato in Medio Oriente BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO Yasser Arafat e il ministro degli Esteri israeliano David Levy sono comparsi insieme, alle 7 di sera, nella sala stampa del consiglio dei ministri di Bruxelles per annunciare semplicemente che il «dialogo» («Tra cugini», ha precisato il palestinese) era ripreso. Ed è questa la notizia che al momento supera l'interrogativo se già vi sia qualche intesa concreta per appianare le scabrosità del processo di pace in Medio Oriente da mesi interrotto, rinsecchito e avvelenato da reciproche violenze e sospetti. E' stato il ministro degli Esteri lussemburghese Jacques Poos a celebrare la ripresa del dialogo e a godersi un successo diplomatico personale non certo secondario anche perché non casuale, ma conseguente al lavoro di mediazione condotto in questi mesi per conto dell'Unione europea dal diplomatico spagnolo Miguel Angel Moratinos. In momenti di difficoltà e di sconfitte per l'Europa, il successo di questa mediazione rida qualche speranza a Bruxelles come soggetto autonomo di politica estera. E non è poco. L'ultimo contatto tra Arafat e Levy era stato in aprile, a Malta, nella conferenza euromediterranea che aveva praticamente segnato la rottura del dialogo. Annunciato, smentito, segnato dalla suspense fino all'ultimo minuto, alla fine il presidente palestinese e il ministro degli Esteri israeliano si sono incontrati ieri pomeriggio a Bruxelles. Arafat e Levy si sono visti brevemente a quattr'occhi e poi insieme hanno incontrato Poos, «presidente» del Consiglio dei ministri degli Esteri perché la Ue sta vivendo il semestre di presidenza lussemburghese. E Poos ha parlato subito di «atmosfera eccellente» nella quale è stato anche possibile discutere degli ((incidenti del passato» e concretamente «rilanciare il dialogo». Nessuna rivelazione dei contenuti, «non posso», ha detto il lussemburghese, ma ora «lo stallo è finito». Arafat per una decina di minuti ha parlato senza dire assolutamente niente, ma girando e rigirando complimenti e ringraziamenti all'Unione europea e naturalmente a Poos. S'è rivolto al ministro Levy, al «cugino Levy», per arrivare a dire: «Sono convinto che la pace gli sta veramente a cuore». Levy ha detto qualcosa di più: «Certo, non abbiamo il diritto di essere pessimisti», ma il processo di pace è «difficile» e innanzitutto agli israeliani sta a cuore il problema della «sicurezza». Arafat, su questo punto, ha soddisfatto l'israeliano: «Il suo messaggio è stato importante soprattutto nel condannare quegli elementi che spezzano il processo di pace». In conclusione: «Riferirò al mio governo». Ma cosa, davvero si sono detti Arafat e Levy? Ai giornalisti non hanno voluto rivelare nulla di concreto. Poos ha precisato che si trattava di un incontro destinato soprattutto a «riaprire il dialogo» e non stringere su punti negoziali concreti. La questione, come aveva spiegato prima Lamberto Dini, era capire se si poteva riavviare il processo di pace attraverso «misure di fiducia reciproca» ottenendo dai palestinesi «garanzie di sicurezza» per gli israeliani nei Territori; dagli israeliani la fine del blocco dell'economia palestinese. E cioè la riapertura dell'aeroporto di Gaza, il transito delle merci e degli uomini. Ci sono novità su tutto questo? Ha risposto Levy: «Su questi punti sono al lavoro delle commissioni. Le questioni sono complesse, ma oggi possiamo dire che ricomincia il lavoro». Il primo impegno, ha detto Levy, è stato quello di «comportarsi da uomini di Stato e non fare a gara a lanciarsi accuse l'un l'altro». Mica poco. Cesare Martinetti

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