SENTENZA AMBIGUA di Igor Man
SENTENZA AMBIGUA SENTENZA AMBIGUA E j finita all'italiana: questa è la reazione che mi è esplosa dentro ascoltando la lettura della sentenza su Priebke. Poi, a sangue freddo, il vostro cronista ha pensato, con rammarico, che la sua prima, im^ mediata reazione rivelasse (a se stesso) insana aridità di cuore. Andando dal fatale bunker del carcere amaro di Rebibbia a Roma, al giornale, la radio dell'automobile mi ha detto che il Rabbino Toaff, a caldo, riferendosi al verdetto ha pressappoco parlato di solite cose d'Italia - e ciò mi conforta: se un vecchio uomo di religione parla così, il sottoscritto, un laico qualsiasi e per di più ex partigiano, non dovrebbe sentire la sua delusione come un sentimento meschino. Del resto, la «linea» di La Stampa sin dal momento in cui si apprese che il vecchio boia sarebbe stato processato a Roma, è stata la seguente: non vogliamo vendetta, bensì giustizia. Ho subito sentito mia codesta linea e ho cercato, nei miei scritti sul caso Prie¬ bke, di articolarla con ferma chia rezza. Per giustizia intendevamo (e intendiamo) una sentenza ade guata all'infame delitto commesso dal capitano delle SS. Sicché non ci siamo stancati di scrivere e di ripetere (anche in tv) che affinché giustizia fosse fatta bisognava condannare Priebke all'ergastolo. Non tanto perché il suo delitto quella pena comportasse di rigore, quanto perché doveva essere, l'ergastolo, una condannasimbolo; la definitiva (sotto il prò filo storico, sotto il profilo etico) sepoltura della bestialità nazista nella fossa comune della storia Per stabilire, una volta per tutte, che certi delitti non possono (mai) andare in prescrizione oppure be neficiare di attenuanti generiche o non. Insomma, per stabilire un Principio: oggi, a futura memo ria. E ancora: nunca mas, mai più. Contestualmente abbiamo scritto Igor Man CONTINUA A PAG. 11 PRIMA COLONNA
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