Prodi incassa le lodi dell'Ue di Cesare Martinetti

Prodi incassa le bili dell'Ile Prodi incassa le bili dell'Ile hi) //premier: «Ma ora ci vuole perseveranza» LUSSEMBURGO DAL NOSTRO INVIATO Romano Prodi non commenta le difficoltà francesi a rimanere dentro i parametri di Maastricht se non per dire che «non erano inattese». E lo dice con un certo orgoglio, visto che anche dal premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, presidente di turno dell'Unione europea, l'Italia si prende i complimenti per gli sforzi fatti e riusciti di risanare la finanza pubblica. Va di moda l'Italia, in questi giorni, in Europa. E Prodi si aggira sorridente nei vialetti del castello di Sennengen, con una copia del Financial Times sotto il braccio: anche il quotidiano finanziario della City fa le lodi al suo governo. Che volete di più? «Perseveranza», dice Prodi. Ora ci vuole «perseveranza, una virtù che è sempre mancata all'Italia». «Non mi sentivo "fuori" l'anno scorso, non mi sento certamente tranquillo quest'anno che abbiamo fatto bene. I riconoscimenti fanno piacere, ma guai a ritenersi soddisfatti: dobbiamo durare molti anni, con la virtù». Ma ci vuole anche il rilancio dell'economia e il premier ripete qui quanto sta promettendo da giorni: misure per la ripresa della produzione e per innescare finalmente un «circolo virtuoso». Ma ancora «perseveranza» nelle misure di rigore che si dovrà manifestare nella riforma dello Stato sociale come ci chiede l'Europa e come lo stesso governo si è impegnato a fare con la prossima Finanziaria d'autunno. Prodi è venuto in Lussemburgo con il ministro degli Esteri Dini e con quello delle Finanze Visco per incontrare Juncker, giovane e concreto presidente di turno dell'Unione europea. Una mattinata di colloqui, un pranzo nel castello, un pomeriggio all'ambasciata per un incontro con la comunità italiana. Chiacchiere distese bagnate da prosecco veneto con banchieri, bancari, funzionari europei e anche ristoratori e cuochi. Niente turbava il presidente del Consiglio, nemmeno l'annuncio di un lieve rialzo di inflazione: «L'avevamo previsto, è un fatto tecnico e contabile dovuto al riscontro con il dato di luglio dell'anno scorso che fu particolarmente basso. No, non c'è davvero nessun allarme». S'è parlato della situazione francese e delle misure di austerità annunciate ieri. Né Prodi, né Juncker hanno enfatizzato. Il presidente lussemburghese anzi ri¬ cordava di non essere stato tra quelli che sottolineavano mesi fa le difficoltà dell'Italia e dei Paesi mediterranei: «La Francia ha ripetuto che rispetterà i tempi e gli impegni. E noi non possiamo fare altro che confermare che la moneta unica europea partirà secondo il calendario previsto, nel 1999». Quanto ai criteri le difficoltà dei francesi e dei tedeschi hanno cambiato il clima intorno al tabù del 3 per cento. Juncker ha detto chiaramente che si darà un'«interpretazione ragionata» di quei parametri. Il ministro delle Finanze Visco ha aggiunto che ormai nemmeno la Bundesbank considera irrinunciabile il 3 virgola zero-zero per cento di deficit: «Potrà essere 3,1 o 3,3... Per valutare la convergenza sui parametri di Maastricht contano anche altri criteri, come l'inflazione, che è bassa sia in Italia sia in Francia». I risultati saranno «ragionevolmente» interpretati anche secondo opportunità politiche. Il vero limite, diceva un diplomatico italiano, sarà quanto «riuscirà a strappare di tolleranza il cancelliere Kohl alla sua opinione pubblica». Che poi vuol dire avversari politici e Bundesbank. Ma quello che è chiaro è che l'Italia gioca ormai da una posizione ben diversa da quella che aveva soltanto pochi mesi fa quando i «contabili» di Bruxelles avevano conteggiato uno 0,2 per cento di deficit di troppo nel bilancio 1997 e sentenziato che il nostro Paese non sarebbe riuscito a sabre sul treno dell'Euro. Ma la moneta unica si farà e l'Italia - ha detto ieri Juncker - è «sulla via buona per far parte del primo gruppo di Paesi» che entreranno nel club. Tanta sicurezza della diplomazia italiana si tradurrà oggi, a Bruxelles, nell'ultimo incontro tra i ministri degU Esteri prima delle vacanze, con una presa di posizione polemica nei confronti della Commissione europea. L'ha annunciata il ministro Dini. Le trattative per l'allargamento dell'Unione (ora di quindici membri) si dovranno aprire con tutti i dodici Paesi che l'hanno chiesto e non solo con i sei (Polonia, Ungheria, Estonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Cipro) scelti dalla Commissione: «Come al Tour de France - ha detto Dini -, tutti devono partire sulla stessa linea anche se poi non tutti arriveranno insieme al traguardo». Cesare Martinetti PsR Il presidente del Consiglio Romano Prodi ieri a Lussemburgo con Jean Claude Juncker