OSSERVATORIO Balcani il traguardo è ancora lontano di Aldo Rizzo
F OSSERVATORIO Balcani, il traguardo è ancora lontano ORNANO i bastimenti dall'Albania, anzi vanno e vengono, per riportare in patria entro il 12 agosto l'intero contingente italiano. Lo stesso accade per i reparti di altri Paesi, che fanno parte della Forza di protezione. Nello stesso tempo, nella vicina Bosnia, c'è come un attivismo nuovo dei soldati della Nato, fra i quali, pure, ci sono molti italiani, in un settore particolarmente delicato. Anche lì c'è la sensazione di un passaggio importante, cruciale, della crisi. I Balcani sono a una svolta? Probabilmente sì, ma non è ancora chiaro in che senso. Si può fare un'ipotesi positiva. La Forza multinazionale di protezione (Fmp), a guida italiana, si ritira dall'Albania «a missione compiuta». Vale a dire che è stato sostanzialmente raggiunto l'obiettivo d'impedire la disintegrazione di quel Paese e di avviarne la ricostruzione civile e politica. Naturalmente c'è ancora parecchio da fare, ma lo si farà con una maggiore calma e in condizioni generali incoraggianti. Questo per l'Albania. Quanto alla Bosnia, comincia sul serio la caccia ai criminali di guerra, approfittando della profonda frattura apertasi in seno alla dirigenza serbo-bosniaca, non senza messaggi precisi al leader della Serbia-Serbia, il corteggiato ma infausto Milosevic. Questi capisce che non c'è più margine per i suoi trucchi e si adegua alle richieste della comunità internazionale, che vuole una Bosnia unita e indipendente. Lo stesso vale per il suo massimo antagonista, e in parte complice, il croato Tudjman (che ha già dato prove di disponibilità all'inviato americano Richardson). Su questo sfondo, Clinton può pensare di ritirare l'anno prossimo i suoi ottomila soldati. Ma c'è anche un'ipotesi negativa. Albania: la transizione democratica, avviata dalle elezioni del 29 giugno, non si compie secondo gli auspici, per resistenze e turbolenze politiche a Tirana, fra i vincitori socialisti e gli sconfitti del partito di Berisha, e per il riesplodere della violenza delle bande a Valona. Bosnia: la crisi interna I serbo-bosniaca si chiude con la 1 vittoria dei duri (la neomoderata Biljana Plavsic è stata ieri espulsa dal partito egemone e invitata a dimettersi dàlia presidenza della «repubblica»). Il tentativo di catturare Karadzic, il numero uno dei criminali di guerra, ricompatta i serbi e riapre i fronti. Già un segnale allarmante è la serie di attentati, dopo il primo blitz anticriminali della Nato. E così via. Un'analisi realistica non può non collocarsi nel mezzo di queste due ipotesi: nel senso che si può sperare nella prima, ma bisogna prepararsi alla seconda. E il compito spetta essenzialmente all'Europa. Dini e Fassino hanno detto, circa l'Albania, che ora l'Unione europea in quanto tale è più pronta a collaborare e che comunque l'impegno italiano resta forte anche dopo il ritiro dei soldati, peraltro graduale. Più complesso è il caso Bosnia. Lì la guerra è finita per l'intervento Usa (Nato) e la crisi, una crisi, potrebbe riesplodere in coincidenza o alla vigilia della partenza degli americani. Gli europei dovrebbero pensare fin d'ora a una simile evenienza. Tornando all'Italia, non si può negare finora un successo del suo governo nella gestione di queste complicatissime vicende, fra l'altro con un'innovativa assunzione di responsabilità dirette. Però altra cosa sarebbe dire che ce l'abbiamo fatta e tirare un conclusivo respiro di sollievo. E' come, sul piano economico, per la moneta europea: grandi progressi, ma traguardo ancora da raggiungere. E i due piani, quello economico e quello diplomatico-strategico, sono connessi, per la nostra credibilità. Insomma, niente euforia e raddoppiamo gli sforzi. Aldo Rizzo
Persone citate: Berisha, Biljana Plavsic, Clinton, Dini, Fassino, Karadzic, Milosevic, Richardson, Tudjman
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