Nessuno ha osato tanto alla corte dei Wahabiti

Nessuno ha osato tanto alla corte dei Wahabiti Nessuno ha osato tanto alla corte dei Wahabiti GEDDA DAL NOSTRO INVIATO Scalfaro torna a Roma con due risultati che si contraddicono: la richiesta di re Fahd di vedere il Papa e l'irritazione dei sauditi per le sue dichiarazioni su libertà di religione e pena capitale. Mai un monarca wahabita aveva fatto un simile passo verso il Vaticano come mai un capo di Stato straniero in visita aveva esphcitato tanto il suo dissenso dalla legge islamica vigente. In materia di rapporti diretti Vaticano-sauditi, anche i precedenti a livello di ministro scarseggiano: la visita del ministro degli Esteri Faisal al-Saud in Vaticano, tempo fa, fu strettamente privata. Ora la mossa di re Fahd potrebbe aprire una fase nuova nei rapporti fra la Chiesa cattolica e la corona «custode delle due sacre moschee di Mecca e Medina». Ed è una mossa che conta ancora di più perchè a farla probabilmente non sarà il sovrano, gravemente malato, ma suo fratello Abdallah, principe della corona ed erede del trono. In Vaticano si guarda con attezione ad Abdallah ibn Abdulaziz al Saud: i suoi legami con le trenta e più tribù del regno e con gli ambienti religiosi ne fanno l'interlocutore più adatto per quel dialogo fra fedi su cui il Papa non nasconde di puntare. Godendo del favore delle moschee, Abdallah viene visto come l'unico in grado di aprire mi varco, nel rispetto della legge islamica, verso la Chiesa. «Una visita di Abdallah dal Papa è possibile» diceva ieri al telefono una fonte vicina alla Segreteria di Stato. Proprio Abdallah tuttavia, subito dopo la conferenza stampa di Scalfaro, ha chiesto di vedere urgentemente gli ospiti italiani. Fonti saudite non hanno nascosto l'imbarazzo per le dichiarazioni rilasciate dal capo dello Stato sulla libertà di religione e la pena di morte, rompendo una fonnula di silenzio diplomatico fin qui rispettata nelle visite ufficiali da tutti i presidenti occidentali, dal francese Jacques Chùac all'americano Bill Clinton. Negli ambienti della corte reale si affaccia anche il timore che le dichiarazioni di Scalfaro alla stampa possano pregiudicare i contatti informali fra Santa Sede e sauditi culminati proprio con la disponibihtà di re Fahd ad incontrare il Papa. Probabilmente a dire l'ultima parola sul «caso-Scalfaro» sarà proprio Abdallah, su cui gravano da tempo le responsabilità più pesanti, come quella di condurre il dialogo - anche questo di basso profilo con l'Iran degli ayatollah. Un'eventuale incrinatura dei rapporti con l'Arabia Sauditi non sarebbe comunque in questo momento nell'interesse del nostro paese. E non solo in ragione degli stretti legami economici, L'Italia sta affrontando la «questione Islam» in casa propria. Dopo l'inaugurazione del centro islamico di Roma (finanziato al 70 per cento dall'Arabia Saudita) sono in corso trattative per l'apertura, sempre a Roma, di una sede della Lega mondiale musulmana presieduta da Abdullah bin Saleh alObaid. La Lega ha già i suoi centri a Londra, Parigi e Bruxelles e lo sbarco in Italia potrebbe favorire il processo di unione e organizzazione della frastagliata comunità musulmana, la cui rappresentatività oggi è contesa fra tre associazioni già presenti sul territorio. «L'Arabia Saudita - dice una fonte diplomatica italiana a Gedda - ci sta dando un contributo importante per orientare in senso moderato i musulami in Italia, isolando gli estremisti». Ed il prossimo, atteso, appuntamento per l'Islam di casa nostra potrebbe essere nel 1998 l'apertura del negoziato sul concordato fra Stato e musulmani (ve ne sono almeno mezzo milione lungo la Penisola) su cui sono già al lavoro due commissioni insediate presso Palazzo Chigi. [m. mo.l Bomba diplomatica le richieste di apertura religiosa ma resta uno spiraglio di dialogo con la Santa Sede Re Fahd ha chiesto di vedere Giovanni Paolo II (nella foto)