«Il marocchino colpito e spinto nel Po»

la stampa' Torino, 10 i giovani ricercati per la morte dell'extracomunitario: parteciparono all'azione «Il marocchino colpito e spinto nel Po» Spunta un 'altra versione sull'annegamento ai Murazzi TORINO. Lo hanno inseguito mentre fuggiva, lungo la sponda del Po. Lo hanno colpito mentre era in equilibrio precario sulle lastre di pietra che ricoprono la sponda del fiume. Un colpo in testa, forse con una bottiglia, oppure un pugno o una spinta. E Abdellah Doumi è affogato tra risa divertite e qualche insulto. Adesso la Polizia è impegnata in una impossibile «caccia al branco». A lanciare le bottiglie vuote di birra contro il giovane marocchino che all'alba di sabato annaspava nella corrente del Po, cercando di guadagnare la riva e salvarsi la vita, sarebbero stati almeno in dieci. E tra loro, sostiene il superteste su cui si basa buona parte delle indagini della Squadra Mobile, ci sarebbe stato anche Paolo lavarone, 21 anni, studente appena diplomato, esperto di computer, adesso in carcere per omicidio volontario. In concorso. Una parola per dire che ci sono altri responsabili, da individuare e arrestare. Per dare loro un nome e un volto, gli uomini del capo della Mobile, Salvatore Mulas, hanno interrogato, nelle ultime ore, una trentina di persone. Amici di Paolo lavarone, con lui quella notte ai Murazzi. Altri ragazzi che lavo¬ rano nei locali di questo spicchio di Torino che vorrebbe diventare la «rive gauche» subalpina. Il «concorso» riguarda non solo il lancio di bottiglie, pezzi di legni, cassette. Ma anche le azioni che lo hanno preceduto: un pugno, una bottigliata, una spinta troppo vigorosa. Azioni sufficenti a farlo cadere in acqua: la morte sicura per lui che non sapeva nuotare. Aveva esagerato con la birra e l'alcol Abdellah - islamico non osservante - e la ricostruzione della polizia non lo nega. «Il razzismo non c'entra. Qui la causa scatenante di tutto è l'alterazione provocata da abuso di alcolici, di tutti i personaggi coinvolti in questa storia» dicono in Questura. Tutto sarebbe nato per una banalità. Uno spintone, una sguardo troppo insistente, magari una parola sussurrata in una lingua straniera, e che suonava tanto come un'ingiuria. «Che vuoi negro? Puzzi, vatti a lavare, che si sente fin qui l'odore». Poi la reazione fisica seguita dalla fuga del giovane extracomunitario. Infine la morte. Che ha restituito lucidità a chi si era lasciato trascinare in questa brutta storia, ma non era ancora completamente fuori di sé. E li ha fatti fuggire. Ma Paolo lavarone che c'entra? Era davvero lì pure lui? Oppure era distante, come sostiene qualcuno, nell'androne di uno dei tanti locali dei Murazzi aperti fino al mattino? Chi lo ha riconosciuto (il cugino della vittima, e Franco F. il superteste che voleva lanciarsi in acqua e soccorrere il giovane maghrebino), sostengono di sì. Gli amici di Paolo e decine di altre persone negano tutto. «Era davanti al circolo Amici del Po. Non si reggeva in piedi» dice Piero lavarone, che ha raccolto testimonianze e conferme tra i ragazzi che venerdì hanno accompagnato suo fratello ai Murazzi. E ieri mattina, negli uffici della Mobile, si sono presentati spontaneamente due buttafuori di un locale del lungo fiume. Hanno sostenuto che Paolo era con loro: «Almeno a trecento metri da dove c'era il marocchino in acqua». Altri raccontano che Paolo si è messo nei guai per la moto: «Non voleva lasciarla. Abbiamo insistito. Ma non ha voluto sentire ragioni: si è messo in testa quel maledetto casco nero ed è andato via. Lo hanno riconosciuto solo da quel particolare». In tutta la zona, da ieri, circola anche un'altra versione: le dieci persone che erano ferme sulla riva, in corrispondenza del punto dove Abdellah affogava, avrebbero cercato di salvare il giovane extracomunitario:. «Sono andati a prendere una pertica dentro un locale abbandonato. Ma quando sono arrivati era già troppo tardi». Credibile? Ai Murazzi dicono di sì. I fatti dell'altra notte hanno riaperto anche la questione sulla pericolosità di questa zona. Alfonso Cuozzo, gestore del «Jammin» una sua proposta per restituire dignità ai «muri» ce l'ha: «Tutti i locali dovrebbero chiudere alle 3 o alle 4. E così la gente se ne andrà. Fino a quell'ora, infatti, quaggiù ci sono solo persone tranquille». Ma quando albeggia, quando chi ha passato la notte in giro per locali e viene lì per l'ultima birra, l'ambiente si trasforma. La polizia non c'è più, scoppiano le risse. «Se non ci fossero bar o discoteche - insiste Cuozzo - ubriachi e attaccabrighe non avrebbe più ragione per venire ai Murazzi. E la zona si ripulirebbe da sola, senza tanti problemi». [1. poi.] Ma due buttafuori difendono il ragazzo in cella per omicidio «Era ad almeno 300 metri dalla riva» La questura: «Il razzismo non c'entra. E' stata soltanto una rissa tra ubriachi» li punto in cui è caduto il giovane immigrato, annegando. A destra: la madre del ragazzo finito in cella con l'accusa di omicidio

Persone citate: Abdellah, Abdellah Doumi, Alfonso Cuozzo, Cuozzo, Salvatore Mulas

Luoghi citati: Torino