Un «braccio di ferro» sulla parità scolastica di R. Mas.
La Malfa: fe a pugni con la Costituzione La Malfa: fe a pugni con la Costituzione Un «braccio di ferro» sulla parità scolastica L'ex ministro Lombardi: dal governo un passo importante, ma non concreto ROMA. La parità scolastica ormai lo si è capito - è una bomba: chi la tocca si fa male. Il ministro Luigi Berlinguer lo sta scoprendo a sue spese. Due giorni fa, appena annunciato il ddl, si è trovato impallinato da una raffica di critiche: i sindacati (eccetto la Cisl) non vogliono sentirne nemmeno parlare, la sinistra del pds meno che mai, i laici dell'Ulivo poi... Quanto ai cattolici - per lo più considerano la proposta minimale e poca cosa. E così ieri - dopo la seconda scarica di critiche - si sono formati i primi schieramenti trasversali: il partito del «troppo» (il ddl concede troppo alle scuole private), i centristi del «poco» (il ddl è qualcosa ma ancora non basta) e i pasdaran del «troppo poco» (alle scuole private va dato ben di più). Il partito del «troppo» è guidato da un laico di lunga militanza come Giorgio La Malfa che sottolinea come il ddl faccia a pugni con l'articolo 33 della Costituzione (quello che proibisce il finanziamento dell'istruzione privata): «Se il governo intende concedere finanziamenti pùbblici deve prima chiedere la riforma dell'articolo 33». Anche Giorgio Mele, coordinatore della sinistra del pds, concorda: «La proposta si presenta come un confuso marchingegno volto solo al finanziamento delle scuole private». E sostenere queste scuole - ricorda l'Arcigay - significa prezzolare l'istruzione confessionale «tradizionalmente razzista, sessuofoba e omofoba». Durissimi i giovani verdi: «Se passa questo disegno abbandoneremo la maggioranza». Il partito moderato del «poco» - quello di maggioranza relativa - trova la sua leadership nella porpora cardinalizia di Pio Laghi, prefetto dell'educazione cattolica (praticamente il Berlinguer del Vaticano), secondo il quale «non siamo ancora sulla vetta, ma siamo a buona quota». Su questa posizione è anche l'ex ministro Giancarlo Lombardi: «La mossa del governo è un gesto politico importante, ma non concreto. Si definisce un principio che era scontato, ma poi non si affronta la difficile questione del finanziamento». E per la Gilda degli insegnanti, il governo rischia così di fare «un mezzo pasticcio». Lo schieramento del «troppo poco» non è distante da quello del «poco», ma è più radicale. A guidarlo c'è Carlo Giovanardi (ccd) per il quale il governo sta menando il can per l'aia: «Non credo che alle famiglie interessi molto se la scuola privata diventerà o no pubblica, quanto sapere se la loro facoltà di scegliere continui o meno a rimanere condizionata da costi insopportabili». Don Bruno Bordigon, segretario delle scuole salesiane, contesta (in aggiunta) anche la norma sugli «standard dell'attività formativa»: «Lo Stato non ha mai fornito norme generali sull'istruzione sia pubblica che privata, che senso ha allora imporre alle scuole private "fini e ordinamenti didattici conformi a quelli delle scuole pubbliche"?». Fuori dagli schieramenti, il parere tecnico dell'ex presidente della Consulta, Livio Paladin, secondo il quale se si chiederà un giudizio dtf costituzionalità, il ddl potrebbe'; ottenerlo. Senza problemi.m ffi^Dsservatore Romano» rac^cpianda: leggiamo bene il ddl. prima di litigare. [r. mas.]
Luoghi citati: Roma
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