Blindati italiani assediano Karadzic

I terroristi si firmano «Mano nera», come l'organizzazione che nel 1914 colpì a Sarajevo I terroristi si firmano «Mano nera», come l'organizzazione che nel 1914 colpì a Sarajevo Blindati italiani assediano Karadiic Reazione alle bombe serbe anti-Nato ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Undici blindati della Sfor, le forze dell'Orni e della Nato stazionate in Bosnia, hanno circondato ieri pomeriggio la residenza di Radovan Karadzic a Pale. Intorno alla casa dell'ex leader serbo-bosniaco accusato di crimini di guerra dal tribunale internazionale dell'Aia si sono raggruppati i soldati italiani e francesi del contingente multinazionale. L'azione improvvisa è arrivata come risposta agli attentati dinamitardi degli ultimi giorni contro le forze internazionali schierate sul territorio della Republika Srpska, l'entità serba di Bosnia. Sei blindati hanno preso posizione davanti all'edificio dove abita Karadzic, mentre altri cinque si sono schierati dietro la palazzina. Non si sa se l'ex Presidente serbo-bosniaco fosse a casa, ma la manovra della Sfor ha creato nervosismo tra la popolazione di Pale, accorsa sul posto per vedere che cosa stava accadendo. Soltanto poche ore prima in tutto il territorio controllato dai serbi di Bosnia è apparso un manifesto con la foto di Karadzic e il monito «Non toccatelo». La tensione nella Republika Srpska è cresciuta in seguito all'arresto del 10 luglio, a Prijedor, di due criminali di guerra serbo-bosniaci, uno dei quali è stato ucciso dalle unità speciali britanniche. Da quel giorno sono iniziate le rappresaglie dei serbi contro i rappresentanti delle organizzazioni internazionali presenti in Bosnia. Dopo gli attentati degli ultimi giorni, altre quattro bombe sono state lanciate ieri notte contro obiettivi Onu e Nato. A Prijedor due ordigni sono esplosi nelle vicinanze della casa di un osservatore dell'Onu. Poco prima, nel centro di Mrkonjic Grad, una granata è stata lanciata da ignoti contro due vetture della Nato parcheggiate davanti alla caserma della Sfor. Infine a Doboj, da un'auto in corsa è stata lanciata una bomba contro una casa in cui vivono i soldati delle forze internazionaH. Un militare americano è stato ferito dalle schegge di un vetro rotto dall'esplosione. Da quando le unità della Sfor hanno cominciato a dare la caccia ai criminali di guerra serbobosniaci ci sono stati in tutto una decina di attacchi contro bersagli internazionali nella Republika Srpska. Benché per il momento la Sfor abbia deciso di non adottare misure speciali di sicurezza, i suoi uomini sono stati invitati ad aumentare la vigilanza. «Il clima antidemocratico sta crescendo a dismisura, i diritti dell'uomo sono violati, ci sono atti di terrori- smo e abusi dei poteri di polizia», ha dichiarato l'alto responsabile civile dell'applicazione degli accordi di Dayton Carlos Westendorp, che ha minacciato le autorità serbo-bosniache di tagliare gli aiuti internazionali destinati all'entità serba di Bosnia. Ma quel che preoccupa la comunità internazionale è l'annunciata resurrezione dell'organizzazione terroristica serba «Crna Ruka» (la mano nera), nota per l'attentato a Sarajevo nel 1914 contro l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, che ha scatenato la prima guerra mondiale. In un volantino apparso a Banja Luka col titolo «Proclama al popolo serbo» si afferma infatti che il giorno 11 luglio, in cui sono stati arrestati i criminali di guerra serbo-bosniaci, è stata ricostituita l'organizzazione segreta con lo scopo di combattere le unità della Sfor. Nel proclama si annuncia la lotta nello stile dell'Ira per difendere i serbi dalle forze di occupazione dell'Onu e della Nato. Non si sa però se si tratti di un gruppo isolato di ultranazionalisti serbi o se dietro al manifesto propagandistico si nasconda davvero una più ampia rete terroristica. Nel proclama si dice inoltre che i membri della «Mano Nera» sono ufficiali smobilitati dell'esercito serbobosniaco, fedeli all'organizza¬ zione costituita dai loro antenati per difendere gli interessi del popolo serbo. Intanto, in un'intervista rilasciata al settimanale tedesco «Der Spiegel», la presidente della Republika Srpska, Biljana Plavsic, si è detta pronta ad arrestare Radovan Karadzic. «Uccide il suo popolo, e io nella mia battaglia contro di lui, in mancanza di alternative, sono persino pronta a servirmi della polizia e dell'esercito per catturarlo insieme ai suoi uomini». Ma la Plavsic ha subito precisato: «Né io né il popolo intendiamo consegnarlo a chicchessia», alludendo al tribunale internazionale dell'Aia. L'attuale Presidente serbo-bosniaca accusa il suo predecessore di essersi arricchito a spese del popolo. Col contrabbando di sigarette, alcol e carburante, Karadzic avrebbe guadagnato trenta miliardi di lire mentre la sua gente vive in miseria. Ingrid Badtirina Le nostre truppe e quelle francesi circondano la residenza dell'ex leader Qui sopra soldati italiani in Bosnia e (accanto) l'ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic

Luoghi citati: Bosnia, Dayton, Sarajevo, Zagabria