LA VENDETTA DEI PARTITI di Gianni Vattimo
LA VENDETTA DEI PARTITI LA VENDETTA DEI PARTITI PARADOSSO dei paradossi: persino la annunciata candidatura senatoriale di Antonio Di Pietro nelle liste dell'Ulivo è potuta apparire, nei giorni scorsi, come un segnale di ritorno alla partitocrazia. Paradosso, ovviamente, perché Di Pietro è l'eroe della rivoluzione antipartito nella recente storia italiana. Tuttavia, questa interpretazione non è poi tanto inverosimile, se è logico pensare che il Pds abbia accettato la disponibilità a candidarsi dell'ex magistrato non in nome di una affinità di ideali politici, ma in considerazione sia della figura morale di Di Pietro sia della sua persistente forza di attrattiva su larghi strati dell'elettorato italiano. Nel caso I migliore, D'Alema ha deciso di candidare Di Pietro per premiare e sostenere il suo impegno di rigoroso custode della legge e di nemico della corruzione; nel caso peggiore (a pensar male di rado si sbaglia) lo ha fatto per acquisire al Pds un consistente numero di voti, e non solo nel collegio superblindato del Mugello che fu di Arlacchi. Ma l'episodio Di Pietro (o l'interpretazione prevalente che se ne dà) è per l'appunto solo il segnale di un più generale ritorno di protagonismo dei partiti nella vita politica, dopo una stagione caratterizzata dal richiamo alla forza rigeneratrice della società civile. Dobbiamo dolercene, e Gianni Vattimo CONTINUA A PAG. 11 QUINTA COLONNA
Persone citate: Antonio Di Pietro, Arlacchi, D'alema, Di Pietro
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