Il vuoto nella casa-bottega di Maria Giulia Minetti

Il vuoto nella casa-bottega RETROSCENA Il vuoto nella casa-bottega «Ci mancheranno il suo attivismo e la creatività» IL FUTURO , NELLA MAISON IMILANO L giorno dopo nella maison Versace è come il giorno dopo in ogni casa, quel clima sospeso in cui la morte ancora pende sul capo senza riuscire a precipitare davvero nella coscienza. Con occhi pieni di lacrime la signora Patrizia Cucco, che con fatica ha accettato di parlarci, ricorda l'uomo col quale ha lavorato dal 1985, «prima come segretaria, poi come assistente, infine anche come responsabile della "home collection", il settore arredamento». Noi siamo lì per sapere com'era, questo lavoro con Gianni Versace, e farci un'idea di come potrà essere senza di lui, senza l'uomo-motore, il dio della gran macchina di moda messa su in quasi trent'anni di lavoro creativo. Ma il «senza di lui», è chiaro, non è ancora entrato nella testa della signora, tuttora aggrappata all'ultima telefonata con Gianni, ieri alle sei e mezzo del mattino, ora di Miami. Sei e mezzo? «Oh, sì, era uno supermattiniero, s'alzava sempre prima di tutti gli altri. Anche ieri, sveglissimo. Mi aveva parlato di un progetto di mostra al Metropolitan, questo ottobre. Richard Martin, il direttore del settore costumi del museo, aveva in mente un'esposizione di vestiti stampati o ricamati con scritte. Ne avevamo fatti di belli per Zizi Jeanmaire, tempo fa, dovevo occuparmi di recuperarli... Poi s'è messo a scherzare, come sempre. Patrizia, m'ha detto, Miami in questi giorni è orribile. Sembra che si sia riempita di colpo di ciccioni. Sono orrendi. Mi viene voglia di fare il dietologo, metterli tutti alla fame». Sarà stato duro, santiddio, lavorare con uno così, smagliantemente in pista fin dall'alba. Vi costringeva a orari disumani? «No, anzi. Noi arrivavamo in ufficio alle 9, regolarmente. E lui adorava, invece, passarci un paio d'ore da solo, aggirandosi fra i tavoli e le scrivanie. Andava a ritirare i fax e li distribuiva, ci lasciva messaggi, appunti... Avevamo finito per approfittare di questo fatto, anche noi gli lasciavamo messaggi, domande, richieste di suggerimenti. Lui rispondeva a tutto appiccicandoci sul tavolo le sue risposte scritte su piccolissimi poststick con una grafia minutissima. Trovavamo i tavoli coperti di foglietti gialli, i primi momenti li passavamo a decifrarli». Gianni Versace amava la dimensione di casa-bottega del suo luogo di lavoro, prolungamento dei suoi appartamenti privati, tutto dentro il palazzetto con giardino di via Gesù, e amava, di questa casa-bottega, percorrere ininterrottamente ogni stanza, fermandosi da ognuno, buttando l'occhio su ogni cosa, interferendo nelle telefonate, infilandosi nei discorsi. «E quando non è in giro», riferisce la signora Cucco, che, senza rendersene conto, è passata al tempo presente, «si piazza nell'ufficio delle sue segretarie, che è piccolo, con due scrivanie accostate bordo contro bordo, e si siede qui (indica una sedia vicina al lato libero), sfoglia i giornali, s'informa, interrompe le telefonate...». Tanto che l'ufficio stupendo del boss, con le pareti coperte di quadri e disegni come una piccola galleria d'arte (Schiele, Modigliani, Klimt, Cucchi, Moore, De Chirico, Balla eccetera) alla fine è stato occupato da due degli otto disegnatori-stilisti che lavorano per Versace, sistemati lì in pianta stabile. Difficile immaginare una simbiosi più stretta tra un creativo e il suo team («La prima cosa che faceva, alla mattina, era una riunione coi suoi stilisti»), un interventismo più costante e perfino assillante, per presenza e esigenze («Da noi si fanno un'infinità di schizzi, ma non buttati giù, accennati. I disegni li vuole tutti perfetti, anche i primi abbozzi). Accentratoro con pentimenti sempre disattesi, aveva però lasciato un'autonomia crescente alla sorella Donatella, che con un suo piccolo team seguiva la linea Versus, quella per i giovanissimi. E alla sorella inevitabilmente si pensa, guardando al successore di quest'impero di 800 dipendenti, forte d'una immensa rete distributiva (quasi tremila punti vendita tra boutique monomarca e non) e di un grande complesso industriale, con stabilimenti che producono abbigliamento pelletteria e accessori (ultima ini ziativa la joint venture dell'autun no scorso con il gruppo Zegna per il marchio V2). Sarà questo «siste ma-industria», già elemento im portante del successo passato, ( rappresentare la garanzia del fu turo, assicurando la «solidità» del la transizione? La risposta non arriverà prima dell'anno venturo. Le collezioni che sfileranno quest'autunno sono già state impostate da Gianni Versace. E da ieri il suo team è al lavoro per completarle come se lui fosse ancora lì, in mez zo alle scrivanie, a suggerire gli ul timi tocchi. Maria Giulia Minetti

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