la folle missione del gigolò

WÀNTED BY THE FB DALLA PRIMA PAGINA la folle missione del gigolò Ricco, vanitoso, non uccide a caso CON Gianni Versace quali conti aveva in sospeso questo gigolò? I familiari della povera vittima dichiarano che il grande stilista trucidato ieri l'altro sui gradini della sua casa a Miami non aveva mai visto e conosciuto Andrew Cunanan. Ma ecco che compare in tv, nello show della Nbc, una stimata giornalista di «Vanity Fair», Mauren Orth, dichiara di aver fatto un'inchiesta che porta alla conclusione contraria: Versace conosceva bene Cunanan. E cita alcuni amici secondo i quali lo stilista fu udito dire a Cunanan, dietro le quinte del Teatro dell'Opera di San Francisco, questa frase: «Mi ricordo di te». Chi è Cunanan? E' un criminale, ma non soltanto. E' un gay, ma non esattamente (è piuttosto uno sfruttatore delle loro ricchezze). E' un uomo molteplice come Zelig, crudele come Jack lo squartatore, vanitoso, colto, fin troppo raffinato, collerico, calcolatore. Ama la sfida: ha avuto un bel fegato, già inseguito da un mandato di cattura federale, ad arrivare fino a Miami Beach alla guida del pick up Chevy con targa del New Jersey rubato al guardiano del cimitero di Pennsville dove aveva abbandonato la Lexus con targa dell'Illinois di una sua vittima di Chicago, dove aveva abbandonato la jeep rossa Cherokee che aveva sottratto al suo ex amante Madson. Quella infatti è la sua firma, la sua civetteria, la prova della sua vanità e presunzione: lasciare sul luogo del nuovo delitto la macchina usata, o rubata, nel delitto precedente. E anche l'Fbi conta su questa vanità, questa fragilità un po' isterica, per immaginare che questo individuo al primo posto fra i pericoli pubblici degli Stati Uniti, possa finalmente fare qualche errore capitale. Cunanan fa paura: se viaggiate nelle reti Internet e spulciate i motori di ricerca americani, troverete molte fotografie di questo bel giovanotto un po' asiatico e un po' occidentale, sempre sorridente, sempre a suo agio. Ma troverete anche una quantità di avvisi che dicono: «Se hai notizie su questo individuo, non prendere nessuna iniziativa: parla soltanto con la polizia e con l'Fbi». Si dà per scontato che l'assassino sia geniale, rapido, vendicativo, mobilissimo e animato da un desiderio di sfidare, apparire. Dunque tutti i suoi amici e parenti sono chiusi a riccio ed anzi la comunità gay di San Diego e quella di New York avvertono in rete i loro frequentatori di stare in guardia: Andrew è armato di una calibro 40, Andrew è uno che ricorda tutto e tutti, è uno che parte • come ha già fatto ad aprile quando si è mosso per uccidere - dicendo che va a regolare i conti, a chiudere certi suoi affari. Già, ma che cosa muove quest'individuo? Perché un prostituto di lusso, un consumatore di piaceri, un ricco gigolò si è trasformato in un carnefice? Con chi ce l'ha e perché? A questa domanda per ora si è risposto con un'unica ipotesi: che Cunanan si sia scoperto sieropositivo e che abbia deciso di far fuori tutti i suoi possibili untori. E' un movente che all' Fbi hanno già incontrato in altri casi, ma soltanto come movente per un omicidio singolo: l'infettato che uccide la fonte del contagio. Negli Stati Uniti è frequentissimo, specialmente nell'ambiente omosessuale maschile, che i sieropositivi o i malati di Aids conclamato appartenenti ad un livello molto alto si compiacciano di iniettare il loro prossimo, per il puro gusto di condividere l'amara sorte dell'Aids. Ma non esiste nessuna prova, né indizio, secondo cui le vittime di Cunanan, compreso Versace, fossero sieropositive o malate di Aids. E se questo movente vendicativo non reggesse, e si dovesse cercare qualcos'altro, ecco che la struttura e la figura stessa del killer filippino sarebbe messa a repentaglio: perché uccide, Andrew Cunanan? Il suo ex amante David Madson disse, prima di essere ammazzato, che aveva voluto troncare la rela- zione con il dinamico Andrew perché il suo comportamento era «shady», ovvero oscuro, misterioso, qualcosa che allude alla seconda natura occulta, che può avere a che fare con il mondo dello spionaggio o di altri intrighi. David Madson fu probabilmente ammazzato da Andrew Cunanan perché sapeva troppo su un altro delitto, il primo della serie: quello che si era concluso con la morte di Jeffrey Trail, assassinato nello stesso appartamento di Madson e trovato per caso il 29 aprile scorso dall'amministratrice dello stabile di Minneapolis, messa in allarme dagli amici di Madson che non era più andato a lavorare. Di Madson non c'era traccia, ma Trail era lì, ammazzato come un maiale, con schizzi di sangue dappertutto. Perché questo giovanotto che passa da un letto gay all'altro ha anche questa caratteristica particolare: è un vero assassino. Non si limita ad uccidere con la pistola, come farebbe qualsiasi neofita del crimine, ma usa volentieri il pugnale, sparge sangue, colpisce a randellate, strangola, spara, soffoca con la plastica, è uno che quando ammazza si diverte, oppure è animato da una tale carica di odio da scaricare tossine di violenza buone per far fuori dieci persone per volta. Ed ecco che l'omicidio Versace si presenta con questa anomalia: due colpi di pistola, rapidi e puliti, senza un gesto di troppo. Aveva fatto così soltanto con u guardiano del cimitero nel New Jersey, ma in quel caso aveva uno scopo semplice e cinico: rubare un veicolo e abbandonarne un altro che scottava. Ma l'anomalia resta quella che dicevamo: la natura più o meno logica di tutti i suoi precedenti delitti e la natura per ora inspiegabile dell'uccisione di Versace. E' indubbio che la morte di Versace sia stata firmata dallo stile del filippino: ha lasciato sotto la macchina anche gli abiti che indossava quando ha sparato e con i quali si è deliberatamente fatto vedere e descrivere dai presenti. Pantaloni corti scuri, zainetto, maglietta. Ha abbondato in tracce. Ha voluto farsi riconoscere. Ma in passato non aveva fatto così. Addirittura in un caso, quello del miliardario Lee Miglin, l'agente immobiliare di Chicago (un distinto signore di 72 anni, sposato, filantropo e noto per la sua generosità), ha combinato le cose in modo da lasciare dietro di sé una scia di dubbi. Certo, si è portato via la sua macchina, ma nessuno ha potuto metterlo direttamente in relazione con l'assassino. Eppure, alla fine anche quel conto torna: Miglin aveva una vita che confinava con quella di Cunanan ed è finito torturato, pugnalato, soffocato, preso a revolverate e sistemato in un tappeto nel garage della sua casa esclusiva nel Gold Coast della metropoli sul lago. La Lexus verde del 1994 appartenente a Miglin era sparita, e al suo posto compariva la rossa Cherokee del delitto precedente. Un prestigiatore, un cultore delle simmetrie, un amante della sfida, non c'è dubbio. Ma perché l'ha fatto? Non certo per i duemila dollari che comunque sono spariti dalle tasche di Miglin. Cunanan è ricco sfondato, non ha mai voluto dire dove prendesse tutti i soldi che spendeva e spandeva senza riguardo e i suoi amici (i cui nomi vengono debitamente taciuti perché rischiano la pelle) avevano imparato a non chiedergli mai nulla a proposito dei soldi. Gli Stati Uniti sono un Paese in cui complottismo e paranoia crescono rigogliosi. E già si affaccia su Internet e nei discorsi dei caffè di Miami la leggenda secondo cui Cunanan è un agente provocatore di qualche agenzia di spionaggio, con l'incarico di tenere sotto controllo la società influente di tendenza gay. Il suo carattere «shady», come diceva il povero Madson. E che poi qualche cosa sia andata storta, o addirittura che nulla sia andato storto e che anzi quest'uomo abbia avuto qualche ordine scellerato. Registriamo per dovere di cronaca. La verità più semplice e probabile, ci sembra, è che in un modo o nell'altro Versace, che aveva una grande casa aperta alle feste sfarzose molto ben frequentate dai gay più noti e abbienti (e Cunanan era certamente dei loro, benché non frequentasse abitualmente la Florida ma piuttosto il Middle West e la California), avesse conosciuto il suo assassino. Gli amici del «News café» dicevano ieri che Versace era nervoso e forse impaurito la mattina dell'agguato. Se conosceva Cunanan, sapeva anche che cosa stava combinando, visto che tutti i giornali americani ne parlavano da mesi. E che temesse davvero di trovarselo davanti alla porta di casa, come è accaduto. Paolo Giurarti Agli amici: devo regolare alcuni conti Forse si è scoperto sieropositivo Ma c'è chi lo vuole coinvolto in storie di spionaggio