« Sì al modello catalano » di Ferdinando Camon

«Il leghismo sta assumendo forme che incoraggiano un'illegalità che non possiamo più accettare» « Sì al modello catalano » Piace il movimento federato all'Ulivo DEL VERTICE Tra i sessanta invitati al «vertice» di Mogliano tra Massimo D'Alema e il mondo veneto c'era anche lo scrittore e collaboratore della «Stampa» Ferdinando Camon. Ecco la sua testimonianza sulla giornata. A tempo D'Alema voleva incontrare il Nord-Est, dargli e chiedergli spiegazioni. L'incontro di ieri, dalle dieci del mattino al tardo pomeriggio, con imprenditori, giornalisti e sindaci delle Venezie, doveva essere una specie di ritiro, scandito da confidenze e confessioni: chi ha qualcosa da dire va incontro al Superiore, per sale o vialetti, si apparta con lui e gli sussurra all'orecchio. Questo era stato garantito. Poiché non si possono far mezzo centinaio di confessioni in un giorno, il numero degli invitati doveva restar bloccato a venti. Sarebbe stato interessante. E utile. Specialmente a D'Alema. D'Alema ha bisogno di sapere, del Nord e in particolare del Nord-Est, le cose segrete, che i suoi quadri non hanno mai saputo. Sono quadri della Sinistra, e la Sinistra ha sempre avuto con le Venezie un rapporto di estraneità. Bene, questo incontro confidenzialconfessionale non c'è stato. Nella sterminata Villa Braida, a breve distanza dall'aeroporto di Venezia, i venti invitati sono diventati ima sessantina. Inviati tv e testate di ogni genere scrutavano dalle finestre, e picchiavano sui vetri. Dentro, invece di rapporti segreti correvano relazioni. La relazione, di D'Alema in apertura, di Cacciari in chiusura. In mezzo, interventi di sindaci (Fistarol di Belluno, Illy di .Trieste), rettori (di Ca' Foscari), industriali (Mario Carrara, Marcegaglia, Franco Carrara). Alla fine della mattinata, l'intervento di Cacciari, segnato da un forte senso di allarme («0 facciamo così o andiamo incontro al disastro»: noi dell'Ulivo), ha posto il grande tema nuovo, su cui la discussione è andata avanti per tutto il pomeriggio. D'Alema era venuto non tanto per sentire le ragioni del Nord-Est, quanto per far sentire le proprie. Ha minimizzato la questione del federalismo e del decentramento, ammettendo che, sì, in effetti, il Senato delle Regioni è stato boc ciato dalla Bicamerale, ma è un punto che si potrà ritoccare. Nelle richieste di industriali, sindaci, rettori, di Marcegaglia, di Illy, di Fistarol, di Franco Carrara, si sentiva l'idea che lo Stato non spinge di più chi va di più, ma spinge chi non va, e fre- na chi va. E' uno Stato che ha la visione dei bisogni del passato, non vede i bisogni della modernità. Non conosce la competizione tra Nord e Austria, Nord e Svizzera, Nord e Francia e Germania. Non tiene conto che da anni Svizzera e Austria minac- ciano di respingere i Tir italiani, chiedendo che le merci siano trasportate su nuove ferrovie, che l'Italia non farà mai. Invece di risolvere il problema con Svizzera e Austria, finirà che se ne apre uno analogo con Francia e Germania. L'impressione, netta ma che certamente sarà smentita dagli interessati, è che a D'Alema non premano gli interessi del Nord ma quelli dell'Ulivo, e agli industriali non premano gli interessi dell'Ulivo ma quelli del Nord. Il progetto di Mario Carrara, per la verità ieri accennato con poca forza (troppo netta la preferenza di D'Alema per l'altro progetto, quello di Cacciari), è che sia tempo di creare un Movimento del NordEst, che non si deve chiamare partito, che venga sperimentato in loco in accompagnamento allo sviluppo economico, per poi trapiantarsi altrove; un movimento politico come espressione di un'area geografica, diven- tata l'area di collaudo di un modello sociale-economico. Il terrore di Carraro, espresso altre volte, è che tutto ciò che è ancorato a Roma o all'Ulivo qui vien sentito come estraneo. Il terrore di Cacciari è che i movimenti parziali, regionali, nascano perdenti. E' l'epoca dei grandi scontri, occorrono grandi forze. Come forza locale, niente può eguagliare la Lega. Perciò qui le scelte sono due: o si inventa una soluzione «catalana», di una forza politica che nasce in loco (il Nord-Est non accetterebbe mai qualcosa che viene da fuori), ma federata a una forza centrale potente (l'Ulivo), oppure, se si perde anche una sola di queste due caratteristiche, il radicamento locale e il riferimento nazionale, si va verso il fallimento politico: una funzione di fragile contenimento della valanga leghista. Qualunque cosa nasca qui, ripeteva Cacciari, «deve essere federata all'Ulivo»: ma «non si può dirlo adesso». Così si aggirerebbe il timore di Carraro. Dev'essere «autonoma», ma in rapporto «forte e organico» col partito nazionale. Francamente, è una soluzione elettorale, che avrà insormontabili difficoltà a diventare politica. Se il modello bavarese è' impossibile perché ciò che è locale è debole, il modello catalano è impossibile perché ciò che fa parte organica del nazionale non è locale. Se non lo si dice adesso, salterà fuori domani. Il progetto bavarese può essere giusto, ma è perdente. Il progetto catalano può essere vincente, ma è un trucco. Sono due impossibilità. Su queste impossibilità la Lega costruisce la sua marcia: adesso punterà ancora di più sulla secessione, che è l'ipotesi più impossibile di tutte. Si voleva evitare il disastro, e gli si corre addosso. Ferdinando Camon A sinistra l'ex leader degli industriali del Veneto Mario Carrara Nella foto in alto Massimo D'Alema con il sindaco di Venezia Massimo Cacciari