Pronto ad entrare nell'Ulivo? di Augusto Minzolini

Pronto nel entrare nell'Ulivo? Pronto nel entrare nell'Ulivo? Strategia contro gli attacchi di Berlusconi PER di più - ironia della sorte in quella palazzina del quartiere Testacelo dove risiede Nicola La Torre, fidato collaboratore del sottosegretario ai lavori pubblici Antonio Bargone (da sempre trait d'union tra l'ex-pm e il Bottegone) è andato ad abitare anche Giuliano Ferrara, cioè il giornalista più querelato da Di Pietro. E già solo questa coincidenza ha alimentato quel teatrino pittoresco di incontri supposti (quello tra Di Pietro e Ferrara di cui ha parlato ieri un quotidiano) e autentici (quello con D'Alema). Ma perché poi meravigliarsene? Nella politica italiana non c'è nulla che possa essere considerato impossibile, surreale. Basti pensare che 15 giorni fa l'ex pm aveva sparato a zero contro la Bicamerale, aveva paventato anche lo scioglimento del Parlamento qualora si fosse macchiato del crimine efferato di approvare un pasticcio come quello. Ieri, invece, raccontano le fonti bene informate, Di Pietro ha voluto spiegare a D'Alema e a Bargone che c'era stato un malinteso, che il suo atteggiamento verso la «bozza» firmata da D'Alema, Marini, Fini e - non va dimenticato - dall'odiatissimo Berlusconi, era critico, ma costruttivo. Cos'è cambiato? La proposta della Bicamerale sicuramente no. Neppure le firme dei contraenti del «patto» che la sorregge. Di nuovo c'è solo la furibonda polemica, tutta giudiziaria, che ha contrapposto il Cavaliere a Di Pietro e, ancora, i racconti del dott. D'Adamo sulle regalie fatte all'ex pm di Mani pulite. L'espressione non sarà elegante, ma bisogna ricorrervi per spiegare il motivo principale dei colloqui romani di Antonio Di Pietro: si è trattato di una richiesta di protezione. Di quelle che si fanno nei momenti difficili, quando si è arrivati al limite e si è in cerca di un rifugio, di una casa. E, cosa paradossale, alla richiesta di aiuto l'ex pm ha accompagnato anche la scelta di una linea di difesa che è parente prossima di quella usata da Berlusconi in questi anni: anche lui l'ha buttata in politica. Ieri mentre le fonti ufficiali non si stancavano di ripetere che nell'incontro tra Di Pietro e D'Alema non si era parlato di questioni giudiziarie, lo stesso Tonino nazionale mischiava «politica» e «giustizia». Nella solita rubrica settimanale l'ex pm, infatti, ha tirato fuori dal cassetto la teoria del complotto a sfondo politico: «Il dossier contro di me» è stato formato, parole di Di Pietro, «sotto la regia di un leader di partito... per affondare uno dei suoi più temibili concorrenti politici., sì, perché no- nostante sforzi pubblicitari e di marketing di Berlusconi, i sondaggi continuano a darlo inesorabilmente perdente contro di me...». Sembra di ascoltare le accuse del Cavaliere al Pool e ai comunisti invidiosi della sua popolarità. Con un'unica differenza, però: Berlusconi non ha mai mdossato la toga del magistrato. Eh sì, per Di Pietro è meglio non rispondere nel merito alle accuse di D'Adamo, meglio buttarla in politica. E' più semplice. Perché, come spiega quel pozzo di saggezza popolare che è il cognato Cimadoro, «se Di Pietro entra in politica è meno vulnerabile». Perché, come fa balenare quel furbacchione di Elio Veltri, in politica l'ex pm può minacciare di più e meglio i suoi avversari: «Più Berlusconi lo attacca e più lo spinge tra le braccia di D'Alema». E poco importa se per farlo Tonino deve ripudiare il Di Pietro politico che si è visto finora. Se uno chiede aiuto, se uno chiede rifugio, poi deve accettare le idee di chi lo ospita. Il convegno «Castellanza 2» - quello di cui ha parlato nell'incontro con D'Alema - sarà sicuramente l'opposto di «Castellanza 1»; la bozza della Bicamerale da accettabile, vedrete, diventerà ottima. Sono i costi della politica. «E Di Pietro - come si chiede un uomo che ha ricoperto alte cariche istituzionali in passato e che gli è sempre stalo amico -, a questo punto, cosa può fare se non il politico? Nulla. Dove lo farà? Nell'Ulivo». C'è da credergli. Solo che il Di Pietro dell'Ulivo sarà un Di Pietro diverso, meno ambizioso o, almeno, sarà costretto ad apparire meno ambizioso. Dovrà subire D'Alema, dovrà subire Prodi, cioè quelli che gli hanno dato asilo. Insomma, il sistema politico si prepara a metabolizzare il Di Pietro contro tutti, il Di Pietro uomo della provvidenza, il Di Pietro anti-partiti. La richiesta d'aiuto di ieri è l'annuncio che quel Di Pietro lì ha già abdicato. Di questo deve contentarsi il Cavaliere. Deve consolarsi con le parole spese qual¬ che giorno fa da uno dei suoi più stretti consiglieri, l'imputato Marcello Dell'I)tri: «Vedete, io non biasimo Di Pietro per quei prestiti, per quei cento milioni chiesti a Gorrini o a D'Adamo, per quel biglietto da visita che usava da magistrato. Quando si ha bisogno dei soldi è un problema. Quello che non gli perdono è questa voglia di interpretare il ruolo del giustiziere senza macchia». Beh, il Di Pietro giustiziere già non c'è più, forse, ma ancora non è detto, ci sarà un Di Pietro politico tra i politici, un uomo di «destra» che sta con l'Ulivo, più o meno un altro Dini. Augusto Minzolini

Luoghi citati: Castellanza