I Professori e l'uomo forte di Antonella Rampino

I Professori e l'uomo forte I Professori e l'uomo forte Emendamenti per dare poteri al presidente RIFORME DOPO LA BICAMERALE AROMA VEVANO chiesto la sala della Regina, i professori Pasquino, Sartori, Cheli, Barbera e Panebianco per presentare i ìoro emendamenti ai lavori svolti dalla Bicamerale. Ma Violante ha detto no, in fondo si trattava ufficialmente solo di una mezza giornata di convegno della rivista Liberal, e così è stata scelta la saletta del Cenacolo, dietro l'angolo di Montecitorio. La proposta, sette cartelle per dieci emendamenti, prevede che non sia necessario reclutare consensi tra i sindaci e tra i parlamentari per presentare una candidatura al Quirinale, ma che «basti» una raccolta di firme di elettori, «tra le centomila e le cinquecentomila». E, avverte subito Sartori, «c'è il problema del filtro, perché con la par condicio televisiva si rischia che abbiano uditorio anche candidati che prendono l'un per mille». Del filtro non si parla, ma Taradash chiede e ottiene la parola e sintetizza: «Di Pietro non piace neanche a voi, ma se il vostro emendamento passa, è possibile che Capo dello Stato venga eletto Pippo Baudo. Per me va benissimo, gli Stati Uniti hanno avuto quel cowboy, Ronald Reagan. Ma a voi professori?». «A noi va bene anche Roby Baggio», risponde Pasquino. Altra proposta, forse la più importante è la cancellazione dell'articolo 69-d: nessuno specifica di cosa si tratti, ma tutti in sala lo sanno, da Occhetto a Segni, da Ombretta Fumagalli Carulli a Carlo Scognamiglio, e soprattutto Salvi, Rebuffa e Calderisi. Si tratta di quello che il Capo dello Stato potrà o non potrà fare. Il ragionamento dei professori è semplice, e lo spiega Enzo Cheli: «Siamo partiti dai risultati della Bicamerale, dall'idea di rendere più funzionale il semipresidenzialismo all'italiana, sviluppando le sue coerenze interne. Il Capo dello Stato, per noi, avrà un potere di governo per quel che riguarda la politica estera e la difesa. Se avrà sintonia con il premier, il suo potere sarà ulteriormente rafforzato, diversamente il sistema sarà più parlamentare. Del resto, il sistema semipresiden¬ ziale è chiamato da alcuni, proprio per questo, anche semi-parlamentare. E sarà comunque un presidente di garanzia, perché avrà il potere di scioglimento della Camera». Ma Cheli spiega questo solo alla fine della mattinata. Prima, il dibattito è stato mtenso, ma a tratti confuso. Occhetto ha dato il suo sostegno all'iniziativa: «Sono lieto di essere qui con Segni, ma questo non è uno schieramento trasversale: il punto di accordo è sulla flessibilità», e sta parlando evidentemente del fatto che il semipresidenziahsmo, «sanamente ambiguo» come lo definirà poi Barbera, è appunto un sistema flessibile. Sui poteri del Capo dello Stato la platea presidenzialista, però, scalpita. I professori di Forza Italia, soprattutto: Marcello Pera prende il microfono e definisce «penosi» gli emendamenti dei professori di parte avversa, e penosa è soprattutto «l'idea di un Capo dello Stato che se ne sta lì, muto, ad assistere alla riunione del Consiglio dei ministri». Poi sbotta: «Chi ha pagato questo convegno di Liberal?». Pausa di silenzio ad effetto: «Evidentemente, Marini ed Elia, che li presenteranno in Parlamento rendendo ancora più debole il semi-presidente all'italiana». Marini è in sala seduto accanto a Cossiga, e non fa una piega. All'uscita, esattamente come Cossiga, dichiarerà che l'iniziativa gli sembra «utile», ma in realtà la vede, esattamente come Cossiga, come il fumo negli occhi. E per forza: un emendamento dei professori attacca violentemente il doppio turno di coalizione, accusato di essere portatore di instabilità. «Non ti preoccupare, Franco: nessuno ti toccherà il tuo 45 per cento di quota proporzionale», gli dice scherzoso Cossiga. «Anzi sai che faccio, ti mando una copia di un libro bellissimo, che s'intitola "Storia della de nella Ddr"». Come dire: tu sei ostaggio di un governo di comunisti. Infatti, dopo un po' tra i due parte una disquisizione sulla sopravvivenza del comunismo nel mondo moderno: «C'è una ripresa della teologia della liberazione in Sud America», fa Cossiga. «E anche a Latina, con Ingrao e il cardinal Silvestrini», fa eco Rebuffa. «Ma no, il comunismo è morto», replica Marini. Mentre il dibattito continua, Cossiga sbriga corrispondenza: verga una lunga letterina per il presidenzialista Fini, la dà al suo assistente che, scortato da Marco Follini, va a consegnarla. Poi a Cossiga si avvicina Petruccioli: «Presidente, perché non vai a parlare?». C'è un tempo per tacere e uno per parlare, ribatte l'ex esternatore. «Non ti preoccupare: la tua posizione, forse non altrettanto autorevolmente, la rappresenterò io», risponde Petruccioli. Antonella Rampino

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