GARBOLI SFIDA I CANNIBALI di Mirella Appiotti

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Ernesto Ferrerò LA Tea ripubblica Morte a credito di Celine nella storica traduzione di Giorgio Caproni, apparsa nel 1964 da Garzanti. Torna cosi in circolazione, con un eccellente rapporto qualità/prezzo (558 pagine a 15.000 lire) uno dei grandi romanzi del '900, e ne siamo contenti. Ma non era il caso di dargli una rinfrescata? L'introduzione è rimasta quella di Carlo Bo, anch'essa 1964, senza che nemmeno si dica che a quell'anno risale. Era quella una presentazione prevalentemente «difensiva», che scusava lo scrittore accusandolo di scarsa o nulla moralità. Il lettore avrebbe avuto diritto ad un inquadramento critico un po' aggiornato che tenesse conto del molto che si è scritto da allora, non solo su Celine, ma anche sui problemi della traduzione, e della traduzione di Morte a credito in particolare. E' un peccato d'omissione che Celine, artigiano di feroce probità e rifinitore maniacale delle cose sue, non meritava. La vita e l'opera di Andrea Pazienza costituiscono, a livelli differenti, qualcosa di ancora indigesto. La sua sincerità non ne ha offesi pochi, a quanto pare. La sua esistenza resta un oltraggio per chi preferisce chiudere gli occhi, fingere che certe turbe collettive, certi scazzi, certa roba non sia mai esistita. (E voi che per capire i giovani date retta agli amici pariolini di Maria De Filippi, je vous en prie...). Luigi Abramo di «Mucchio Selvaggio», nell'ampio servizio che il settimanale ha dedicato a Paz, ha sottolineato un'altra delle ragioni che hanno contribuito al silenzio pubblico intorno a questo grandissimo, e cioè il fatto che l'appassionato vero è profondamente geloso, e preferisce non parlare di Andrea per non banalizzarne l'opera, il ricordo. Vero, anch'io a volte la penso così: tuttavia, esauriti i nostri riti d'adorazione privata, credo sia arrivato il momento di unire le forze, mettersi a disposizione perché finalmente Andrea sia onorato come merita un artista e un uomo così strabiliante. D'altronde, arrivisti e posatori hanno già detto la loro, dimostrato nei fatti la loro pochezza costitutiva. Squali e sciacalli parlano impunemente di Andrea. Ne profittano solo perché il vecchio Paz non può più levare il suo primordiale e definitivo Alamm' echite'mmurt ! Poi c'è chi vuole onorare la memoria di un amico, come Vincenzo Mollica, che ha raccolto materiale pazienziano (l'avventura fiorentina di Za- nardi; la guida al West; i ricordi estivi della prima adolescenza, e poi ancora tavole, schizzi, scritti, poesie e un'intervista ormai introvabile apparsa la prima volta in un libretto split che presentava insieme Pazienza e Manara) per offrire agli ancora ignari un piccolo saggio dello stile e della consapevolezza di Andrea, un'occasione per avvicinarsi alla sua opera. Opera che non ha ancora conosciuto una sistematizzazione, ma il decennale rischia di essere un'occasione per mettere d'accordo tutti quanti, dagli eredi agli editori. Che sia la volta buona? IN VERSI Amore mare .So» pieno d'amore pernii altri, son pieno d'amore e il mio amore è un fluido magnetico passato al setaccio Il mio amore per gli altri è rem. E nel mio amore vero c'è tutto c'è l'odio. Un pizzico d'odio non guasta l'amore perfetto. E il mio amore perfetto è un mare con un po' d'odio dentro, granelli di sabbia E il mio amore è un fluido magnetico passato al setaccio. GARBOLI SFIDA I CANNIBALI LIBRI IN CAMPO Cesare Garboli incontra Niccolò Ammaniti Aldo Nove Tiziano Scarpa Campo dei Fiori stasera ore 22,30. ROMA IN CAMPO Cesare Garboli incontra Niccolò Ammaniti Aldo Nove Tiziano Scarpa Campo dei Fiori stasera ore 22,30. ELL'ESTATE romana che contempla anche «Libri in campo», editori, autori, libri sotto lo sguardo di Giordano Bruno, questa sera alle 22,30, un critico sofisticato e sanguigno come Cesare Garboli incontrerà i Cannibali: Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Tiziano Scarpa. E' un compleanno, una candelina, sulla collana «Stile Libero» di Einaudi curata da Severino Cesari e Paolo Repetti, un po' il tormentone sociologico-letterario '96-'97. Perché Garboli - Delfini e Penna, Pascoli e Morante - si è lasciato sedurre dagli splatter di Fango, Woobinda, Occhi sulla graticola? «E' una invenzione di Einaudi - racconta Garboli -. Una sera a Roma eravamo a cena con Vargas Llosa. Al mio tavolo c'era Ammaniti. Avevo dato un'occhiata a Fango. Ci hanno pre¬ . sentato e io l'ho ascoltato parlare. Gli piaceva la letteratura dell'800. A me incuriosiva sapere cosa leggono questi "cannibali''. Mi interessa di più di ciò che scrivono. Leggere è oggi più difficile che scrivere. Scrivono tutti. E Ammaniti aveva delle idee chiare. E poi mi ha spiegato quanto la loro generazione sia lontana da quella precedente. Da quella di De Carlo, per esempio, considerato un "trapassato". Mi interessa sentir parlare una generazione, quella che si sta mangiando il tempo, che è giovane e vive. Mi danno l'impressione di aver consumato la letteratura, anche quella al quadra¬ to, quella che aveva finito per ragionare su se stessa: quella di Calvino o di Manganelli». E che idea si è fatto? «Di una letteratura unidimensionale. Volutamente senza profondità. La Santacroce viene dalla musica. Ammaniti dal cinena, Tarantino delle Iene e Pulp fiction, Scarpa no, non ha nulla a che vedere con il cinema. Nel complesso sono persone che guardano. In loro c'è una rinascita dello sguardo, e penso che inconsciamente, per loro, si potrebbero fare i nomi di Godard e RobbeGrillet. A loro non interessa l'hor¬ ror, semmai il gratuito. Per loro ciò che conta è che tutto è uguale a tutto: il Bene come il Male, il Bello come il Brutto, il Cibo come il Vomito. L'orrore è un colore aggiunto». E quell'interessarsi al romanzo '800 come va inteso? «Usano tutti i materiali narrativi possibili. Usano e gettano». Dai Gettoni di Vittorini a Stile Libero di Cesari-Repetti. Ci vede una continuità? «Nessuna. O una continuità da industria culturale: costruire un gruppo che abbia una forza d'urto, una impronta collettiva». Che può segnare anche la loro chiusura? «Certo, bisogna vedere la durata. Scarpa mi sembra il più colto, ha davanti troppe piste e rischia di essere un narratore fermo. Ammaniti è un vero narratore. Nove mi sembra il più ideologico. A Nove interessano i figli che uccidono le madri, i Maso. A me interessano di più le madri che uccidono i figli, sapendo che se non lo fanno subito a vent'anni quelli le fan fuori». Garboli, ha già sposato la (dòlosofia» dei cannibali? «Non posso dire di conoscerli, ma non li ignoro». ] [n.o.] MA LORO LIMANO LE ZANNE PULP /" PERIAMO di fare anche un po' a £ ^ O di fare anche un po a £ ^ pugni» dice Tiziano Scarpa. Non p ' arà filii l li ^p, ' sarà facilissimo, non solo per lui, ^M h Nilò At Ald p, sarà acilissimo, non solo per lui, ^M^^- anche per Niccolò Ammaniti e Aldo ^C^ì N ini i fri ibl ^M^^-p ò Amatd^C^ì; Nove, incrociare i ferri cannibale- ^^^^ C^ì; ove, incrociare i ferri cannibale. ^^^^ seni con Cesare Garboli del quale L ■ tutti e tre si dichiarano (spudorata- j\ s diciaano (spudoatj.\ m mente) ammiratori. Se per Nove r^^ Gabli ititi i j.\ m t) amiatori. Se pe ove r^«^_^^ «Garboli come istituzione canonica preposta alla lettura della tradizione può essere tutto, altamente meritorio nelle sue incursioni in mondi inesplorati, un traghettatore», per Ammaniti è «come vorrei diventare io nella maturità, ancora interessato al nuovo, il che ad un certo momento della vita è prerogativa di pochi», mentre definitiva pare la sintesi di Scarpa: «Garboli è da un lato U profanatore casanoviano della letteratura, dall'altro è la letteratura. Soggetto e oggetto d'amore. Della letteratura insieme la statua e lo stupratore...». Come discutere con una statua? Meglio rivolgersi allo «stupratore». Questa notte «in stile libero» non gronderà sangue ma sarà, dati i protagonisti ben pungolati da Daria Bignardi, almeno spettacolare e «lo spettacolo mi va bene - dice Nove -. La positività del cannibale è la visibilità». Di qui il dovere di difendere la propria «identità», e il cammino percorso. Per l'autore di Woobinda «una forma di metaletteratura, una ricognizione sui linguaggi della contemporaneità, i linguaggi poveri che per questioni sociali non hanno approcci con la letteratura in senso alto. "H romanzo è una macchina per produrre informazioni", cito Eco. Da giovane stavo con giovani che non leggevano, che erano ai margini. Invece di parlare di questo, ho scelto di parlare come questo)). Uno scarto alla Robbe-Grillet, come vede Garboli? Il ribaltamento della metafora emotiva della grande letteratura «in metafora inorganica - dice Scarpa che vi si è ampiamente esercitato negli Occhi sulla graticola - il nostro è un tentativo di descrivere l'umano con metafore "cosali", il "sex appeal dell'inorganico" di Perniola, il discorso sulle merci di Nove, sulle cose di Ammaniti, quanto a me il radicalizzare i testi per arrivare al corpo...». L'école du regard, Godard. Ma poi come rispondere all'«accusa» garboliana di mùclimensionalità, di un generale appiattimento dove «tutto è uguale a tutto»? Ammaniti non accetterà, forse, totalmente questo giudizio. Perché «non c'è in noi distruzione di valori, cosa che in genere la critica non ha capito (e il sangue è soltanto un piacere esterno). Quanto a me certo non spedisco messaggi, ma i miei personaggi sono dei sofferenti (vedi Fango ndr), e la mia è una visione etica della vita». Insieme agli altri, Ammaniti divide con il «maestro» la passione per il grande passato-presente del romanzo: l'800 dei russi e degli americani, ma anche King «che è poi l'erede di Dickens», Scarpa invece un po' più settecentesco naviga tra Diderot e Sterne. Corretto vedere allora i pulpisti come sradicati dediti soltanto all'hic et nunc? «Quello che noi voghamo è sentire l'intenso» dice Isabella Santacroce dalla sua lontana Riccione: e anche è su questo punto che varrebbe la pena discutere. Mirella Appiotti

Luoghi citati: Riccione, Roma