«Bentornato, compagno Guevara»

Un mausoleo sarà pronto già a ottobre a Santa Clara dove si svolse la battaglia decisiva contro Batista Un mausoleo sarà pronto già a ottobre a Santa Clara dove si svolse la battaglia decisiva contro Batista «Bentornato, compagno Guevuru» Castro accoglie a L'Avana i resti del Che NEW YORK NOSTRO SERVIZIO I resti di Ernesto Che Guevara sono tornati sabato sera a casa, a Cuba. Ve li ha portati un aereo decollato poche ore prima da Vallegrande, in Bolivia, a bordo del quale c'era anche il vecchio compagno d'armi del «Che», Ramiro Valdez, che ha voluto accompgnarlo in quest'ultimo viaggio. E' atterrato nella base militare di San Antonio de los Banos, a Sud dell'Avana, e ad aspettarlo c'erano Fidel Castro, la vedova di Guevara, Aleyda March, e i quattro figli Aleyda, Camilo, Celia e Ernesto, oltre a vecchi combattenti della guerra rivoluzionaria contro il regime di Fulgencio Batista. E' stato proprio in seguito alla richiesta formale di Aleyda March che le autorità boliviane hanno accettato di rispedire a Cuba i resti di Guevara «per ragioni umanitarie», tagliando corto con chi proponeva di farne un'attrazione turistica (utilissima per l'esausta economia bolivana) ed anche con chi protestava per la grande attenzione riservata «a questo comunista che ha invaso il nostro Paese», come diceva l'altro ieri un veterano delle truppe che 30 anni fa fronteggiarono la guerriglia. Era l'epoca, quella, della teoria dei «due, tre, molti Vietnam», considerata la strategia vincente contro 1'«imperialismo americano», e a Cuba arrivavano da tutto il mondo centinaia di rivoluzionari o aspiranti tali. Stockeley Carmichael, esponente del «Black Power» americano, teorizzava che gli Stati Uniti erano «una grande piovra» con due tentacoli imbrigliati: Cuba e il Vietnam. «Se altri popoli in altri Paesi imbrigleranno altri tentacoli - proclamava con fervore - noi pugnaleremo l'occhio». Ernesto Guevara - che i cubani chiama vano «Che» perché lui, argentino che aveva conservato il modo di parlare del suo Paese, usava intercalare con quella parolina i suoi di scorsi un po' come fanno i veneti con il loro «ciò» - decise di applicare personalmente quella teoria. A Cuba la guerriglia aveva vinto grazie ai «santuari» sulla Sierra Maestra, dove le truppe di Batista non riuscivano ad avventurarsi senza cadere nelle imboscate dei guerriglieri di Fidel Castro. Lui sosteneva che le Ande potevano diventare «la Sierra Maestra di tutta l'America Latina» e decise di cominciare la grande avventura partendo dalla Bolivia. Ma le cose andarono diversamente. L'8 ottobre 1967 fu il suo gruppo guerrigliero a cadere in un'imboscata che le truppe boliviane gli tesero a Vado del Yeso, a Sud-Est della capitale La Paz. Lo catturarono, lo portarono a La Higuera, a 300 miglia di distanza, e lì 10 uccisero assieme ai suoi compagni. Poi gettarono il corpo in una fossa comune di Vallegrande, una località vicina, dopo avergli tagliato le mani per mandarle a La Paz, perché il comando voleva controllare le impronte digitali per essere sicuro che quel corpo fosse proprio 11 suo. Piii tardi, l'allora ministro degli Interni boliviano, Antonio Arguedas, lasciò il suo Paese e si rifugiò a Cuba, portando con sé le ARGENTINA resti troveranno il riposo finale. Santa Clara, una città al centro di Cuba, fu teatro della battaglia decisiva della Rivoluzone cubana. Dopo tre giorni di combattimenti, nel dicembre 1958, i guerriglieri guidati da Guevara e da Camilo Cienfuegos ebbero ragione delle ultime truppe ancora fedeli a Fulgencio Batista, che infatti fuggì in Spagna dopo pochi giorni. Il Primo gennaio 1959, Fidel Castro entrò trionfalmente all'Avana alla testa dei suoi «barbudos». Cominciava la «revolución», con le sue speranze finite come sappiamo e con il suo uso di dare un nome a ogni anno. Il 1968, dopo la morte del Che in Bolivia, fu chiamato «l'anno del Guerrigliero Eroico». Il 1997 ha un nome lunghissimo: è «l'anno del trentesimo anniversario della caduta in battaglia del Guerrigliero Eroico e dei suoi compagni».