Ccd-cdu poche poltrone per rifare il partito unico di Enzo Bettiza

RUSCONI RUSCONI Ccd-cdu, poche poltrone per rifare il partito unico MIGLIO «Il confronto è perfettamente logico Risultati diversi, ma stessa sostanza In Italia e Spagna è in atto una difesa assoluta e irrazionale dell'unità dello Stato» utilizzare questo evento». Le differenze tra Spagna e Italia, sostiene Rusconi, sono enormi. «I baschi hanno la loro lingua, cultura, razza, ma non hanno mai avuto un loro territorio: come i curdi. Il discorso leghista invece è tutt'altro: "Noi vogliamo disfare uno Stato che è stato fatto male". Insomma, potremo anche arrivare alla secessione, ma non giochiamo sulla questione etnica, per favore». Le motivazioni leghiste, secondo Rusconi, sono due. «Intanto quella economica, poi quella identitaria: il Nord non si riconosce più nel Palazzo perché manca una vera classe politica dirigente del Nord». La questione lombarda, insomma, è cosa meno seria di quella basca? «No: il fatto che il problema sia diverso non significa che sia meno grave. Tanto che mi spaventa l'assoluto assenteismo defla cultura nazionale sul problema: nessuno sa fa- «Parallelo impossibile I baschi sono un'etnia definita che non ha mai avuto territorio Da noi la secessione può anche avvenire, ma sarebbe una rottura dello Stato» re un discorso autenticamente antileghista». Rusconi è comunque convinto che in Italia alla violenza non si arriverà mai. «In questo senso, l'Età ha fatto davvero scuola: la violenza non serve a nulla, anzi è controproducente. Questo omicidio è stato in realtà un suicidio politico. E Bossi ci tiene troppo alla pelle per suicidarsi». Raffaella Silipo ropa. Nel suo autonomismo militante quanto oculato sembra implicito il monito che un radicalismo separatistico di tipo basco, importato da Bilbao a Barcellona, recherebbe ai catalani soltanto sangue e arretramento economico. Ma, negli stessi Paesi Baschi, la situazione non è a senso unico. Le autonomie nelle province basche non sono poche, la lingua euskera è ufficialmente riconosciuta e parificata al castigliano, l'industrializzazione è avanzata, il reddito prò capite è fra i più alti di Spagna. Non c'è paragone con le circostanze economiche più depresse che gravano sugli irlandesi dell'Ulster. Eppure, paradosso fra i paradossi, è forse proprio questo maggiore benessere che induce almeno 250 mila baschi a volere un loro Stato indipendente, a finanziare quindi le dure operazioni secessionistiche dell'Età, a sostenere col voto e con le pesetas il braccio politico dell'Età stessa, l'Henri Batasuna. E' da trent'anni che i baschi alimentano ed esprimono, al contrario dei palestinesi e degli irlandesi, una protesta irredentistica da Paese ricco che nella separazione da Madrid vagheggia la conquista di una ricchezza anche maggiore. Il caso per qualche aspetto ricorda il separatismo, però non violento, degli sloveni, i quali, dopo la scomparsa di Tito, cominciarono a rafforzare il sentimento della propria identità nazionale rifiutando di coprire con le ricchezze dell'industriosa Lubiana il cronico deficit economico delle altre Repubbliche jugoslave. L'estremismo basco evoca anche quello, ormai tramontato, dei sudtirolesi dell'Alto Adige. Con una differenza fondamentale: che mentre le autonomie speciali concesse da Roma a Bolzano hanno prodotto benessere, cancellando le iniziali velleità terroristiche dei sudtirolesi, il benessere prodotto dalle autonomie nelle province basche vi ha inasprito per contro il nazionalismo e il terrorismo. I trent'anni del progresso economico basco sono stati continuamente e contraddittoriamente inframezzati da un crescendo ininterrotto di attentati, morti, esplosioni, rapimenti, esecuzioni. Dalla bomba che nel 1973 uccise il grande ammiraglio franchista Bianco, alla rivoltellata che ha appena freddato l'omonimo consigliere municipale Bianco, il sangue ha seguitato a scorrere a fiotti. Mi ha sinceramente impressionato, leggendo un'intervista di Vàzquez Montalbàn, il paragone con cui il noto scrittore assimila l'anima nazionalista dell'Età a quella etnocentrica della Lega di Bossi. Il paragone appare tanto più indicativo perché pronunciato, si badi, da un autonomista catalano e non da un centralista castigliano. La Lega, in prospettiva virtuale, come l'Età? Venezia e Mantova come Bilbao e Pamplona? Detto da noi, potrebbe sembrare una provocazione iperbolica. Ma, detto da un autorevole cittadino spagnolo, in un momento come questo, è un monito che non può non attirare l'attenzione e indurci a qualche riflessione poco allegra. IVORZIO consensuale», «separazione definitiva» o «distacco traumatico»? Posto da Gigi Marzullo - e da chi altri se no? - di fronte al triplice interrogativo riguardo ai rapporti del ecd con il edu, Pierferdinando Casini rispose diplomaticamente immalinconito: «Una triste esperienza». Era febbraio. Ebbene, l'altro giorno l'inverno dello scontento casiniano s'è trasformato in una radiosa estate. Il fido onorevole Giovanardi ha posto la fusione con il edu all'ordine del giorno, e da Montevideo, addirittura, e quindi pure da Roma, Buttiglione gli ha detto sì. I parlamentari dei due partiti si incontreranno il 21, e sotto tali auspici la ricomposizione super-unitaria degli ex democristiani del Polo sembra cosa fatta anche se capo non ha. Questo della fusione cicidì-cidiù, in effetti, è un tema che si affronta con qualche imbarazzo, e non solo per la complessa sillabazione delle sigle, peraltro provvidamente risolta da Giuliano Amato con la cantilenante sintesi Cici-Cocò. Il fatto è che anche dandola per buona, tale improbabilissima fusione interessa giusto gli unificandi gruppi dirigenti, o al massimo gli appassionati di una politica sempre più astratta, finta, evanescente. E tuttavia, su un'altra dimensione - anche poetica, perché no? - la fusione sta proprio in questa serena e consapevole evanescenza, in questo supremo distacco dalla realtà, in questa astrattezza così sfacciatamente iniziatica, insomma, in tutto questo, forse, è nascosto il fascino indiscreto del nonevento, o pseudo-evento. Che a rigor di logica - tra accordi di consultazione, patti federativi o costituenti, assemblee congiunte o tavoli di confronto, ma anche cene, croci, vele, pizze, messe, cani, sfratti e soldi all'interno di sempre ipotetici grandi centri - più non è fusione. Ma «sfusione», semmai, o «disunificazione», ormai, processo aggregativo balordo, se non proprio alla rovescia. Una vicenda che come la «Cosa 2» o il congresso di Filippo Ceccarelli elli elli elli | Enzo Bettiza Al ministro spagnolo

Persone citate: Bossi, Buttiglione, Filippo Ceccarelli, Gigi Marzullo, Giovanardi, Giuliano Amato, Pierferdinando Casini, Raffaella Silipo