La Woodstock dei nipotini d'Europa

Quaranta camion in rumoroso corteo per le vie della città carichi di ragazzi abbigliati da transessuali o da sadomaso IL POPOLO DELLA NUOVA MUSICA Le voci sopraffatte dai fischietti, i corpi coperti da tatuaggi, vernici e pizzicati da orecchini La Woodstock dei nipotini d'Europa A Berlino un milione di giovani: festa, suoni, birra BERLINO DAL NOSTRO INVIATO Il segreto è resistere alla prima impressione. Che è la seguente: se questa è l'Europa di Maastricht, non si potrebbe entrare in Tunisia? Fra l'altro avremmo meno problemi con i parametri. Sensualità mediterranea, calore, cibi piccanti: siamo in regola. Qui invece c'è un milione di ragazzi fra i sedici e i trent'anni, quasi tutti biondi, quasi sempre ubriachi e talvolta dal sesso non immediatamente comprensibile, che si dimenano con rigidità teutonica sotto la porta di Brandeburgo, sparandosi addosso degli schizzi d'acqua con mitragliette colorate e - nelle orecchie - dei suoni più ipnotici della voce di Prodi. Un-mi-lio-ne di ragazzi. L'Europa di domani. Quella che non conoscerà la pensione e il lavoro fisso. Quella che già adesso non conosce piìi la cultura scritta che ci ha tenuto simpaticamente compagnia negli ultimi tremila anni. «Love Parade 1997», venduta come la Woodstock continentale di fine millennio, si snoda lungo le strade emozionanti di Berlino senza un grido, un cartello, uno slogan. Sì, ci sono quelli ufficiali, messi gentilmente a disposizione dagli sponsor adulti. Frasi come «Lascia che il sole splenda nel tuo cuore» o «Siamo una sola famiglia», pescate da qualche pubblicitario nel repertorio del giovanilismo più frusto. Ma nessuno che li canti, li urli, li scriva sui muri. Il segreto è resistere anche alla seconda impressione. Che è la più angosciante: i nipotini di Maastricht apprezzano almeno il piacere della comunicazione verbale? Sembrerebbe di no. Tedeschi, olandesi, polacchi, danesi, russi, croati, qualche italiano che si riconosce subito dalle scarpe. Parlano un inglese basic, ma non lo usano mai. Avvicinarsi ai vari Tomas, Ian, Liz, Magda, Johannes e Peppino per porgere loro delle domande, o anche solo origliarne i discorsi, è una esperienza abbastanza sconfortante. Perché siete venuti qui?, e ti fanno esplodere un sac¬ chetto d'acqua sulle scarpe. Vi interessano il sesso, la politica, l'ecologia?, e ti trapanano le orecchie con un fischietto, lo stramaledetto gadget della manifestazione. Potreste dirmi l'ora? (alla fine uno le prova tutte) e ti spruzzano sulla faccia un getto d'acqua ghiacciata che esce dai mitra di plastica verde che portano a tracolla come Rambo. I ragazzi di Maastricht parlano soltanto col corpo. Spiazzati da genitori sessantottini che nell'abbigliamento sperimentarono già ogni trasgressione possibile, sono costretti a concentrarsi direttamente sulla pelle: colorandola con le vernici, timbrandola con i tatuaggi, pizzicandola con gli anelli. La separazione dei sessi ormai è abbastanza virtuale, comunque il Maschietto Europeo indossa goline lunghe modello Katia Ricciarelli o pantaloni tagliati al polpaccio come un maratoneta degli Anni Venti, capelli striati d'argento, uno sforacchiatissimo gilet arancione catarifrangente (fantastico, tempo tre mesi e sarà di moda anche da noi) e magliette di football (in molti avevano quella della Juve e nessuno di loro era italiano). La Giovanotta-tipo porta pantaloni a tinte pastello sotto un reggiseno (a tinte pastello) e scarpe con un rialzo berlusconiano di almeno venti centimetri. Sarà esibizionismo o spirito di sopravvivenza, ma è ima generazione che adora stare in alto: si mette cappelli a cilindro chilometrici, cammina su tacchi mostruosi, balla sui camion, sui semafori, sui tetti dei gai binetti pubblici, su qualunque co¬ sa che la sollevi da terra. Il segreto, però, è resistere alla terza impressione. Succede quando parte la tedino: una campionatura di suoni sintonizzata sui battiti del cuore. La loro musica. Ovviamente senza parole. Proviamo a descriverla così: immaginate che il rubinetto del bagno cominci a perdere, e poi cominci a perdere anche quello della cucina, e nel frattempo qualcuno si metta a trapanare una parete e per strada inizino a suonare dieci antifurti e a ronzare una trivella. Moltiplicate il volume di questi suoni per mille e avrete una idea ancora pallida di quel che si sentiva ieri lungo i vialoni della 17 Juni Strasse, gli Champs Elysées del nazismo costruiti da Albert Speer. Quaranta camion stracolmi di corpi e di altoparlanti che procedono a passo d'uomo sparando rumori metallici mentre intorno a loro il milione di ragazzi si agita muovendo il busto e le mani a serpentone, come a disegnare onde immaginarie nell'afa del pomeriggio berlinese. Sopra i camion c'è di tutto, dal transessuale asiatico con il boa di piume di struzzo appeso all'inguine, al sadomaso con la faccia impiastricciata di bianco come in un cabaret della Repubblica di Weimar. Un carnevale di Viareggio per finti alternativi col telefonino. Un rito tribale nibelungico, ma di nibelungi un po' autistici e asessuati, senza pretese di eros e aggregazione sociale. Un'eversione istituzionalizzata: vi immaginate la manifestazione berlinese del '68 sponsorizzata dalla Marlboro? Qui su ogni camion musicale brilla il marchio di qualche multinazionale del piacere, e hostess sorridenti scendono nella ressa per offire sigarette e distribuire (inutili) preservativi. Le pasticche di ecstasy hanno già compiuto il loro lavoro durante il viaggio verso Berlino e ogni tre minuti c'è un paio d'occhi che si arrovesciano nella calura, un corpo che si affloscia nel mare danzante e si intuisce, sotto i battiti alienanti della techno, la sirena di un'ambulanza guidata con efficienza tedesca da infermieri coi capelli colorati, eversivi di buon cuore anche loro. Il segreto è resistere perché prima o poi, ma all'improvviso, arriva la quarta impressione. Saranno quei corpi biondi che si agitano co¬ me in un villaggio bantu invaso da finlandesi. Saranno il caldo, le orecchie rintronate, o che nell'era televisiva di Macao si finisce con l'abituarsi un po' a tutto, purché ripetuto a cadenze ossessive. Insomma, alla fine il cuore comincia a pompare, l'adrenalina scorre e non è neanche male. Si intuisce persino, se non una melodia, una logica dietro lo sgocciolio inalterabile dei suoni. E quei quarantenni berlinesi in bicicletta e jeans - gli alternativi di ieri - che sostano perplessi dietro le transenne con i loro romanzi sotto il braccio e fino a un attimo prima erano lo scoglio di umanità a cui aggrapparsi, ora sembrano soltanto un vecchio film in bianco e nero. Massimo Gramellini Quaranta camion in rumoroso corteo per le vie della città carichi di ragazzi abbigliati da transessuali o da sadomaso Un lungo corteo sotto la porta di Brandeburgo I ragazzi indossano le gonne lunghe e maglie della Juve Tre immagini del raduno Rave che si è svolto a Berlino al quale ha preso parte un milione di ragazzi provenienti da tutta Europa «Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare». Biade Runner re¬

Persone citate: Albert Speer, Katia Ricciarelli, Massimo Gramellini, Prodi, Rambo